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domenica 11 luglio 2010

Sulla Piave da S.Donà a Maserada - IV

Il secondo giorno sono ripartito a piedi, con il piccolo zaino frutto di molte scelte e accompagnato da una nuova consapevolezza: sto cercando le Parole. Quelle forti, vive, potenti, che arrivano a tutti. E com'è questa Parola? E' vissuta in prima persona, fiorisce nel silenzio, viene pronunciata con convinzione. Mi appresto a fare una tappa lunghissima, sarà la più lunga in assoluto, 10 ore in solitudine a macinare e poi abbandonare molti pensieri attraverso i bellissmi sentieri che da S.Donà portano a Noventa, belli da camminare, avventurosi da fare in mountain bike. La Piave mi viene incontro quieta, non ha fretta lei mentre io mi sono imposto un obiettivo e alterno 50 minuti di camminata a pause di 10-15 minuti per dosare le forze.

Ieri ho fatto tanti chilometri in bici e le gambe tengono (il sedere un po' meno). Oggi chiedo una prova ancora più dura a spalle e gambe: sto chiedendo troppo forse? E' una domanda che ritorna spesso e che servirà a trattarmi con più misericordia. Avrò l'umiltà di chiedere aiuto (ben due passaggio) per arrivare in serata da Edoardo che gentilmente mi opsiterà stanotte, pur non conoscendoci di persona. Fino oltre Noventa i sentieri serpeggiano vicini alla Piave attraverso boschi dominati a tratti dai salici, altre volte dalle robinie. Niente di più spinoso di un giovane e virente bosco di robinia, persino il sottobosco si impoverisce e regnao i rovi e poche altre piante.

Comincio a faticare per il caldo, la copertura alberata si dirada salendo verso Ponte di Piave, non vedo l'ora di raggiungere Casa Parise, punto di sosta ideale. Sembra non arrivare mai, nonostante le belle tavole di legno con le indicazioni del percorso che il Comune ha posizionato, "Dal Peralba al mare" recitano. Arrivo appena in tempo per salutare Moreno, uno dei proprietari che conosco, e fare il pieno di acqua (ho bevuto un litro e mezzo in poco più di 4 ore). Mi rilasso, scrivo, mi stendo sul tavolo di legno e mi appisolo pensando a Parise e alla sua ricerca di uno stile minimo, capace di raccontare tutte le emozioni umane. Mi sveglio ad un rumore improvviso: vedo sul gelso sopra di me uno scoiattolo che agilmente saetta via. Un po' scosso metto lo zaino in spalla e scappo via. Appena lasciata l'ombra dei gelsi e dei pioppi di Casetta Parise sento il rumore di un'auto che arriva. Appena in tempo... per prolungare quella strana solitudine, venata di misantropia, che mi culla.

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