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sabato 17 luglio 2010

Nella Piave al ginocchio - VIII

Decido di arrivare all'isola di Papadopoli guadando la Piave. Poco a monte del ponte trovo un posto adatto, tolgo scarponi e calzini e cammino nell'acqua. E' FONDAMENTALE non bagnare gli scarponi, i piedi si possone sempre asciugare invece. La corrente mi mette alla prova, controlla se sono in equilibrio ad ogni passo. Mi bagno poco sopra le ginocchia ma in breve sono sull'isola dove mi godo un meritato bagno di sole con dormitina: oggi nessuna fretta, nessun obiettivo da raggiungere. Chiamo Fulvia e le propongo di raggiungermi a pranzo al Vecio Morer, nel frattempo esplorerò l'isola. E' grande! lunga almeno 4-5 km e larga 1 è forse la più grande isola fluviale d'Europa. I ponti ci hanno ormai fatto dimenticare questa sua insularità.

La cantina S.Giorgio domina l'accesso da Salettuol, coi suoi vigneti e il suo logo nero e bianco su fondo verde. La forma del cavaliere è stata scomposta in un triangolo che si incastra nei due triangoli veri che sono il cavallo. la lancia attraversa diagonalmente il logo. San Rocco da un lato, San Giorgio sull'isola e San Michele sulla sinistra Piave, non c'è male come trittico. Ho scoperto poi che nella provincia di Ferrara il culto di san Giorgio è molto diffuso perchè, nell'alto Medioevo, il Po ed altri corsi minori venivano considerati la tana di un drago che il santo avrebbe ucciso salvando gli abitanti. Il drago era una metafora della pericolosità delle piene del fiume che rischiavano di distruggere Ferrara.

Mentre camminavo lungo la provinciale ho assistito ad uno spettacolo tristissimo: un'ape morente girava in cerchio a bordo strada, continuava a girare e rigirare, incurante di tutto, stordita, avvelenata probabilmente da tutti quei bei prodottini che viziano la nostra agricoltura e distruggono le basi della vita organica. Ci costa troppo cara questa falsa abbondanza materiale. Chissà cosa voleva dirmi quella piccola ape, un'operaia amorevole che abbiamo ripagato così. E' proprio ora di cambiare, sento che è così ma ho paura di mettermi coscientemente al servizio di questo impulso. La comodità dell'abitudine e il quieto vivere in società sono insidiosi avversari dell'evoluzione.

Spesso ho cercato nei mesi scorsi di considerare il fiume come un unico organismo e cercavo corrispondenza basandomi su una comparazione con l'essere umano, in particolare a livello dei chackra. Dove e quali sono i chackra, i centri vitali della Piave? L'isola di Papadopoli la collocherei nell'apparato digestivo, forse lo stomaco? In questa zona collocherei il terzo chackra del fiume. Nella zona di San Donà il secondo, nel mare antistante la foce il primo. Più a monte nella zona del Montello il cuore, il quarto chackra e poi, nelle gole ovviamente, il quinto, nella zona di Pagogna ho avuto un'esperienza relativa alla visione (sesto). Ci vorrebbe un'indagine più intensa, per ora lascio che l'intuito mi guidi senza rigidità. Girovago senza troppa convizione per l'isola e accolgo con gioia l'arrivo di Fulvia per un piacevole pranzo al ristorante e una chiacchierata.

Mi accorgo che fatico a condividere cosa mi sta succedendo dentro, il senso che comincio a dare a questo viaggio. Anche le perle più preziose a raccontarle si sviliscono. Mi sento un po' solo anche se voglio proprio evitare di ritrovarmi veramente solo con me stesso. Sì, faccio resistenza, ho un po' paura di conoscermi un po' di più lavorando in silenzio nell'interiorità. Approfitto della cortesia di Fulvia e mi faccio accompagnare fino a Nervesa per riprendere il viaggio. Passiamo appena fuori S.Michele di Piave e intravedo la scintillante cupola della parrocchiale che mi riprometto di visitare in futuro. A Nervesa prendo la via dei croderi. Ho ancora tutto il pomeriggio davanti e spero di poter raggiungere ed esplorare la caverna del Tavaran grande.

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