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domenica 17 luglio 2016

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa , era il cavallo stramazzato.
(dalla poesia di Eugenio Montale)

(gabbiano falciato da un'auto, Chioggia)

Ho incontrato più volte momenti di buio e disperazione. A partire dai 22 anni ho sperimentato cosa fosse un attacco di panico, la confusione che paralizza la volontà, il rodere del pensiero giudicante che si avvolge su se stesso per distruggere ogni appiglio, il gusto insapore che ogni cosa prende quando la depressione sconvolge gli ormoni e tinge di grigio tutte le emozioni. Sono lunghi giorni e notti dove tutto sembra andare in frantumi e si apre un vortice capace di risucchiare e distruggere ogni relazione, affetto, senso del dovere. I farmaci possono essere di aiuto ma senza un lavoro di accoglienza e decifrazione del malessere nessun risultato medico può essere davvero terapeutico. Il cuore della questione è il cambiamento. Ci sono cambiamenti che vanno fatti, sia di atteggiamenti o legami interiori come di situazioni esteriori che ci debilitano. Sapremo cogliere il segnale della nostra anima e rimetterci in discussione per rimetterci in armonia?

Personalmente credo che sia possibile e necessario cercare di guarire, non solo curare i sintomi. Eppure quando ci si confronta con la depressione è necessario tentare ogni strada, bisogna giocare ogni carta e aiuto per ritrovare il contatto con la propria emotività, con il progetto di vita che vacilla. E' una partita ad eliminazione diretta: o ne vieni fuori in qualche modo o ti lasci cadere nell'ombra. Dunque la posta in palio è la più alta in assoluto, tutte le risorse personali disponibili devono venire impiegate senza esitazione. Ma questo non vuol dire scaricare sugli altri i nostri pesi e il logorante frullare di pensieri e giudizi negativi di cui inevitabilmente ci si intasa in quei momenti.

Meglio diffidare dei flussi di pensieri e percezioni alterate che ci attraversano in momenti bui: non sono affidabili e aggravano la situazione consumando energie preziose. Evitare di identificarsi con ciò che ci passa per la mente. Puntare invece a mantenere il contatto col proprio corpo fisico, nutrirlo meglio possibile, dormire a sufficienza e muoversi all'aperto, in mezzo alla natura possibilmente. Ho sperimentato quanto siano efficaci i piccoli gesti di cura quotidiana verso se stessi: lavarsi, massaggiarsi, coccolarsi come dovessimo prenderci cura della nostra parte bambina triste e spaventata. Sono momenti di prova della forza di volontà che deve superare la mancanza di motivazione e gioia. Riuscire a mantenere attivo il corpo, faticare, darsi piccoli obiettivi quotidiani e accogliere quel che viene senza giudicarsi o piangersi addosso. Se non riusciamo diamoci sempre la possibilità di riprovare il giorno dopo, semplificando e accogliendo ogni piccolo passo come un tassello della nostra guarigione.

Immergersi nella natura, contemplare un fiore di campo con la sua fragile bellezza e la carica di gioia vitale, prendersi cura delle piante, togliere erbacce nell'orto, lasciare una stanza poco più in ordine di come l'abbiamo trovata son tutti piccoli gesti che restituiscono energia e quiete, corroborando la nostra parte migliore, quella che saprà riannodare i fili e ritrovare la strada luminosa per compiere al meglio la nostra vita terrena. E nella natura, nei suoi ritmi, nei suoi cicli mille aiuti sono disseminati: cibi sani, esempi, medicamenti. In particolare la floriterapia ha grandi pregi per me e la consiglio caldamente.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato

(dalla poesia di Eugenio Montale)