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giovedì 4 settembre 2014

Scelte antieconomiche

Rinaturalizzare il corso cementato di un fiume canalizzato? E' una scelta antieconomica, risponde cortese il presidente del Consorzio di Bonifica Acque Risorgive, e quindi non realizzabile. E' una frase che mi è rimasta impressa, mi gira e rigira suscitando echi, umori e risate. Di certo il direttore voleva intendere che richiederebbe ingenti finanziamenti e che esulano dalla gestione ordinaria del Consorzio. In senso lato il significato dell'affermazione era che il denaro necessario per demolire la struttura in cemento e rimodellare il corso del fiume era molto alto e non presentava ritorni, nello stesso sistema di misura, tali da giustificare la spesa.
Nella forza di questa argomentazione sta sintetizzato la preponderanza, nella nostra attuale società, delle logiche economico-finanziarie su tutti gli altri aspetti (sociale, culturale, politico, ambientale ecc.). O almeno così sembrerebbe salvo poi macroscopiche difformità. Prendiamo ad esempio il Mose alle bocche di porto della laguna veneta, questa opera idraulica faraonica che tanto ci costa e ci fa discutere. Chiarisco, a scanso di equivoci, che io sono un oppositore del progetto che spero verrà smobilitato per quel che possibile destinando altrove le ingenti risorse per il completamento e per la successiva manutenzione. Possiamo dire che il Mose sia un'opera "economicamente conveniente"?
La presunta capacità di fermare le alte maree medie (ma non quelle eccezionali) a cui purtroppo siamo avvezzi a Chioggia, Venezia e nelle altre isole lagunari dovrebbe essere il maggior vantaggio. Questi eventi però sono quelli che causano i minori danni visto che da anni ci stiamo convivendo. Sono le maree sopra il metro e sessanta che lasciano scie di danni (mia moglie ha perso l'auto parcheggiata in calle e sommersa fino al motore nel 2012). Come qualsiasi transazione e prestazione economica ovviamente i lavori di realizzazione sono un vantaggio per chi li esegue e per chi intasca mazzette purtroppo. Allora posso affermare con sicurezza che anche il Mose è un'opera antieconomica.
Dunque l'economicità o meno di un intervento può essere un buon parametro per un'azienda ma non per interventi che riguardano la gestione dei beni comuni della comunità, la sua incolumità e la qualità dell'ambiente in cui si inserisce questa comunità. Abbiamo enormi spese militari ad esempio perchè crediamo che sia indispensabile per la nostra sicurezza avere un esercito professionale e modernamente armato e via dicendo. Dunque ritornando al nostro fiume canalizzato in un letto rettilineo di cemento possiamo provare a spostare l'attenzione su una visione più ampia in cui inserirlo. Biodiversità. Parola di moda, etichetta nuova per descrivere una caratteristica del nostro ambiente che stiamo impoverendo continuamente. Esempio. Se rivolto diciamo dieci sassi grandi come il mio piede in un prato stabile a due passi dal bosco in Valcamonica troverò facilmente formiche, porcellini di terra, millepiedi, altri insetti, magari un orbettino. Ogni sasso porterà la sua sorpresa.
Se faccio la stessa cosa in un campo lungamente coltivato a mais e trattato con lo standard di concimi e trattamenti ne troverò ben pochi: la monocoltura, la distruzione di habitat differenziati, i pesticidi, lo sfruttamento del terreno ecc. hanno distrutto e ridotto man mano la biodiversità di quel luogo. Ma chi se ne frega? A cosa ci serve mai questa biodiversità? L'essere umano ha perso il senso delle proporzioni. Si ritiene così importante da sottomettere con la forza tutto ciò che lo circonda ai suoi bisogni immediati, spesso senza lungimiranza. Noi distruggiamo ciò che non comprendiamo. Spesso ci accorgiamo dei danni inflitti solo quando ormai il danno è grave e ci ritroviamo più poveri e malati. Siamo un po' come i bambini piccoli che rompono i giocattoli perchè non sanno come giocarci. Dobbiamo fare un bagno di umiltà come specie. Noi stiamo devastando la biosfera, senza sapere riequilibrarla. Portiamo all'estinzione intere specie e non sappiamo ridargli vita.
Credo che sia ora di prendersi qualche responsabilità in più come umanità e di rimettere le cose in una prospettiva sensata: prima la salute della biosfera, poi il benessere per la maggior parte delle specie presenti, poi il nostro sviluppo tecnologico, i comfort e i consumi. Dobbiamo sforzarci di mettere a punto società, economie e tecnologie che siano in armonia con la biosfera e i ritmi che la regolano. Allora potremo continuare la nostra evoluzione per decine di migliaia di anni a venire. Perchè tanta fretta di andare sulla Luna o su Marte? Cosa ha dato alla nostra biosfera o alla qualità della nostra esistenza su questo pianeta quell'impresa? Se non siamo ancora in grado di capire la Terra dove pensiamo di andare a seminare la nostra presunzione e aggressività nel cosmo?
Quindi non parliamo più di scelte antieconomiche o economicamente convenienti. Parliamo di strategie e scelte che sostengono la rete della vita, quella delicata ragnatela che è la biosfera terrestre innanzitutto. Questo è il punto centrale: il nostro stile di vita, la nostra tecnologia, il nostro sistema mediatico e informativo, la nostra politica devono fare i conti con questo nodo o condannarci all'autodistruzione. E' doverosa e stimolante attivare una riflessione sociologica e storica su modi alternativi al predominio del mercato e della moneta nella gestione dell'economia, per non essere vittime della loro deriva distruttiva. Personalmente consiglio i bellissimi lavori, datati ma per molti versi insuperati, di Karl Polany (per iniziare: http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Polanyi)

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