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giovedì 12 aprile 2012

Avatar e l'evoluzione in atto



Molti hanno visto e ammirato il fantastico pianeta di Pandora in Avatar, ma troppo velocemente sembra scivolato via. Io l'ho visto solo di recente, mi capita sempre più spesso di vedere i film solo dopo averli fatti invecchiare un po', come fosse un vino. Se sono buoni assumono corpo e spessore, se sono cattivi inacidiscono e non perdo tempo a vederli. Ho visto Avatar con gli occhi di un uomo legato alla sua terra e alla sua cultura italiana e notavo continuamente quanto questo film fosse profondamente statunitense. Con simile curiosità, ma maggiore partecipazione, avevo visto il poderoso Into the Wild (una storia vera). Di certo l'influenza americana a livello globale ha comportato anche un'americanizzazione dell'immaginario ma credo che questa egemonia vacilli oggi e che sia bene non identificarcisi per non venire travolti dal suo crollo, o forse meglio per non rimanere spiazzati dalla sua profonda trasformazione.



Faccio qualche esempio concreto sul film di questa matrice culturale: una grande compagnia (una multinazionale stellare) decide di colonizzare un pianeta lontano (anzi una luna per essere precisi, vi ricorda qualcosa? USA + luna? 1969?) per aggiudicarsi il prezioso cristallo ferroso (corsa all'oro in California 1848? Petrolio negli anni '30?) che risolverà (per qualche tempo) i problemi energetici della lontana Terra ormai esausta. Purtroppo i migliori giacimenti si trovano nelle terre sacre dei Na'vi, gli indigeni umanoidi che sembrano essere la civiltà più evoluta del pianeta. In questa spinta all'espansione rivive la conquista del West e il genocidio degli Indiani. Il marine Jake Sully sembra un nuovo Tenente John Dunbar, alias Balla coi Lupi, che esce però vincitore questa volta. In questo senso è interessante vedere come il film racconti la sconfitta del progetto egemonico della civiltà più tecnologica a favore di quella più in armonia con la natura. Infatti Na'vi suona molto vicino a nativi (natives in inglese).



C'è anche una lettura metaforica e critica della politica delle grandi compagnie americane che hanno garantito la penetrazione americana in molte aree “arretrate” del nostro pianeta. E questo mi sembra veramente un ottimo segnale, la capacità di mettere in discussione i cardini del proprio sistema economico e sociale che da anni sono sotto accusa per lo sfruttamento del lavoro umano e la distruzione ambientale. Nel film gli umani incarnano bene le componenti della leadership americana: politici-manager, militari, scienziati. Notate come manchino tra i ruoli principali attori afroamericani. Le tre componenti dialogano tra loro: i manager vogliono mettere le mani sulle risorse del pianeta, usano sia i militari che gli scienziati per questo scopo, gestendo il budget di finanziamenti verso chi porta i migliori risultati. Da un lato si arma un vero e proprio esercito privato e dall'altra si sviluppa il costoso progetto Avatar per stabilire contatti e studiare gli indigeni.



La pressione sociale verso i risultati porta i manager-politici all'esasperazione: vogliono risultati in tempi veloci e in questo i militari possono garantire i migliori risultati. Così anche il progetto Avatar viene deviato per infiltrare un doppiogiochista e raccogliere informazioni sul “nemico”. Le accurate relazioni di Jake infatti facilitano la progettazione di un attacco mirato che riduce il numero dei caduti e ottiene il crollo, anche simbolico, dell'albero-casa. Nel crollo di quella gigantesca struttura io ci ho risentito anche l'accartocciarsi delle Torri Gemelle. E la disperazione, il dolore ma soprattutto lo stupore e la perdita di certezze che ha colto gli americani in quel terribile giorno viene messo in scena nella marcia dei Na'vi che cercano rifugio nel loro luogo più sacro. Lì avvengono molti miracoli: Jake l'infiltrato diventa il loro nuovo eroe unificatore, molti altri clan accordano il loro aiuto per la guerra comune contro l'invasore... mi chiedo quale sia il luogo sacro che gli Statunitensi stanno cercando, quel grande cuore della Madre Terra in cui guarire le ferite e, riconosciuti gli errori, raccogliere le energie necessarie per cambiare... personalmente benedico questa ricerca e spero che ci porti presto lontano da un'altra lunga (infinita come ipotizzava Giulietto Chiesa?) e inutile guerra.



Buone note

Per una interessante lettura interiore del film a cura di Sergio Dimartino : http://abbracciodalbero.blogspot.it/search?q=avatar

Agile e intrigante il volume documentatissimo ma ormai datato di Giulietto CHiesa "La guerra infinita", ed. Feltrinelli, in cui l'autore ricostruiva lo scenario che una parte dell'estabilishmnt americano immaginava per il XXI secolo

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