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venerdì 3 marzo 2023

I valori del servizio pubblico della Repubblica Italiana

Nel settembre 2022 sono passato ad insegnare italiano, storia ed educazione civica dalle scuole medie alle superiori. Con questa nuova fascia d'età la qualità del confronto con gli studenti si approfondisce e permette di sviluppare riflessioni più complesse, specialmente se si guarda ai nostri giovani come a cittadini della Repubblica Italiana in formazione. Nella scuola statale, dove mi onoro di lavorare, specialmente grazie alle ore di Educazione Civica, si possono affrontare temi cruciali per il nostro Paese e quindi anche per le loro giovani vite. Quest'anno ho dedicato alcune ore ad un tema fondamentale: comprendere che la scuola statale italiana è un servizio pubblico della Repubblica Italiana.

Questa prospettiva coinvolge ogni aspetto: finalità, obiettivi, rapporti tra le persone, rapporto con la comunità locale e nazionale, punti di riferimento storici, valori, taglio con cui affrontare i programmi. Avendo lavorato per molti anni nel settore privato, anche come formatore e come docente in scuole private, enti di formazione accreditata e associazioni professionali, ho potuto conoscere bene le differenze. E, dopo aver soppesato pro e contro, ho scelto di ritornare nel servizio pubblico perché io oggi valuto che sia il posto migliore dove mettere a disposizione le mie competenze e maturare, insieme ai miei giovani concittadini, azioni educative capaci di incidere nel tessuto sociale e spirituale della comunità dove ho scelto di inserirmi, Chioggia Marina.

Il servizio pubblico italiano deriva direttamente dai principi e dall'etica contenuti nella nostra saggia Costituzione. Quindi è innanzitutto basata sul lavoro: il lavoro degli insegnanti, dei dirigenti, delle segreterie, dei collaboratori scolastici e degli studenti. Corollari, che dovrebbero essere ovvi, a questo primo punto irrinunciabile sono ad esempio che chi non lavora diligentemente non dovrebbe restare nel servizio pubblico. Chi non accetta, rispetta e divulga i principi della nostra Costituzione non deve lavorare nel servizio pubblico. Chi ha una visione aziendalista ed efficentista non può lavorare nel servizio pubblico, in particolare nella scuola, nella sanità e nella pubblica amministrazione: perchè è, ovvio per me, che non puoi darti come obiettivo il portafogli tuo o di qualcun altro, se fai parte di agenzie statali che sono al servizio dei cittadini, non di aziende che vendono servizi agli utenti e puntano solo ad aumentare il fatturato.

La storia del servizio pubblico in Italia ha preso le sue mosse dall'antifascismo che ha rivoluzionato il rapporto tra stato italiano e cittadini, sia abolendo la monarchia (benedetto quel giorno) sia ripensando capillarmene ogni aspetto del rapporto tra uno stato sempre più democratico e una cittadinanza sempre più attiva. Il processo si è articolato e migliorato, con duri scontri e successive riforme, almeno fino agli anni Settanta, in particolare con la riforma democratica di scuole e università, con le leggi che hanno dato sostanza alla parità legale tra uomini e donne, con lo sviluppo di settori pubblici produttivi ed assistenziali che hanno costituito la garanzia fondamentale della prosperità nella nostra nazione. La Repubblica Italiana aveva aziende di stato che gestivano energia, telecomunicazioni, trasporti su gomma e rotaia, chimica, acciaio ecc. che sono state determinanti per la ricostruzione e poi per l'espansione della nostra economia e lo sviluppo scientifico e tecnologico che ci ha portato nei primi posti al mondo.

Ponte Morandi e foto delle vittime, fonte Primocanale.it

Negli anni Novanta, in particolare col giovane e rampante ministro Draghi, gran parte di questo patrimonio del popolo italiano venne spazzato via con privatizzazioni che, a distanza di vent'anni, si sono dimostrate un pessimo affare economico e un'insanabile piaga. Pensiamo ad esempio al crollo del ponte Morandi a Genova il 14 agosto 2018: costruito coi nostri soldi dall'azienda pubblica Anas,dato in concessione alla privata "Autostrade per l'Italia" controllata dalla famiglia Benetton, crolla rovinosamente causando 43 morti e interropendo per 2 anni la viabilità veloce dell'area nevralgica del porto di Genova con danni economici incalcolabili e cosa fa il governo italiano? Lo prende in gestione per 2 anni, lo ricostruisce con fondi pubblici e ... lo restitutisce allo stesso privato che non lo aveva monitorato e ristrutturato (perchè costava ovviamente)!

Nessun processo per strage, nessuna revoca delle concessioni, nessuna multa miliardaria, nessun contributo del privato alla ricostruzione. Ma oltre al danno ci fu anche la beffa amara e costosa della ricostruzione e del riaffidamento. Dunque ha ragione chi afferma che gli utili miliardari sono sempre privati, invece le perdite miliardarie sono sempre a carico della collettività. Questo è il contrario dello Spirito di Verità e Servizio che servo nella vita da cristiano e nella scuola da insegnante. Ed io queste cose ai giovani italiani delle mie classi quinte le spiego, se ne discute insieme, giustamente: perchè siamo tutti cittadini nel pieno godimento dei propri diritti, come anche il sig. Benetton di turno e non trovo giusto che ci debbando essere cittadini più uguali di altri. Chi sbaglia deve pagare: è il fondamento irrinunciabile ad ogni sistema legale, pena l'inapplicabilità e la violazione delle leggi, come sappiamo bene in Italia.

La democrazia nel servizio pubblico è ovviamente irrinunciabile, ma ha richiesto lotte durissime per essere conquistata e richiede un grande investimento di tempo e formazione delle parti per essere esercitata in modo costruttivo. Nella scuola privata non c'è questa attenzione ovviamente, perchè a contare sono i clienti, ovvero le famiglie che pagano le rette, e la loro soddisfazione per il "prodotto". Lo smantellamento della via italiana al capitalismo negli anni Novanta , che iconicamente può essere rappresentata dalla figura e dalle imprese di Enrico Mattei, col trionfo del turbocapitalismo di stampo anglosassone ha messo tutte le agenzie nazionali della Repubblica Italiana sotto la minaccia della privatizzazione: esternalizzazione di servizi nell'amministrazione pubblica, tagli alla sanità e accettazione della doppia carriera dei medici tra privato e pubblico, tagli alla scuola e imposizione di standard esterni di efficienza basata su modelli aziendali tutt'altro che neutri.

Enrico Mattei scende dal jet privato dell'ENI, fonte Startmag

Nel mio settore, ovvero la scuola pubblica e democratica, si parla molto di formazione e sempre meno di educazione. Per i profani chioso: formare significa dare una forma desiderata a qualcosa, con le persone significa che fai acquisire certe conoscenze e abilità per svolgere poi una certa mansione. Educare invece significa "condurre fuori" la vera personalità e potenzialità della persona che educhi. E' evidente che non possono essere usati come sinonimi e che preferire l'uno o l'altro aspetto, che possono anche convivere si badi bene in una certa misura, implica tutta una visione complessiva sulla realtà, delle finalità e degli obiettivi che ci si pone. Chioso anche qui: "finalità" sono le direzioni a cui vorresti avviare la persona educata, la condivisione di valori eterni come la Verità, la Giustizia ecc. o, quando non dichiarata, implica l'adesione alla visione del mondo che è implicita in ogni comunicazione, anche la più apparentemente neutrale. Gli "obiettivi", invece, sono quegli elementi che possono essere raggiunti in toto o in un certo grado e che ti permettono di valutare se la tua azione ha avuto successo e in che misura.

La scuola e, forse meno l'università, statale italiana ovviamente ha come finalità quello di educare innanzitutto! E chi dobbiamo educare se non i nostri giovani concittadini? E cosa gli proporremo? I valori nati dall'accordo laborioso, ma proprio per questo ancora più meritevole, della nostra bella Repubblica Italiana che ci siamo conquistati e che non sono i valori di tutto il mondo. Mi spiace per i sudditi delle monarchie assolute della penisola araba, mi spiace per i cittadini delle dittatura comunista cinese e coreana, mi spiace per quei cittadini emarginati i cui stati sono dominati da visioni meno libere, meno lungimiranti e socialmente meno eque della nostra. Mi spiace che non abbiano ancora intrapreso una lotta di liberazione e consapevolezza che li porti ad un modello tanto evoluto e positivo come il nostro. Quindi auguro lunga vita al servizio pubblico italiano e un grazie di cuore a tutti gli uomini e le donne che ci rendono giustamente orgogliosi dando il meglio di sè in questi delicati ambiti.

Alla riflessione sui rischi del servizio pubblico dedicherò il prossimo articolo. Sarei lieto dei vostri commenti o lettere con la vostra personale riflessione scrivendomi a mediatorelementare@gmail.com

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