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giovedì 13 settembre 2012

Non omnes arbusta iuvant humilesque Myricae

La famosa citazione virgiliana "Non omnes arbusta iuvant humilesque Myricae" venne riportata da Giovanni Pascoli come fonte di ispirazione del titolo della sua raccolta di poesie "semplici" e d'ambito campestre. La Tamerice (in latino Myricae), di questa bella essenza si tratta infatti, era indicata come albero umile e senza pretese. Forse la conoscete col nome di Cipressina, Tamarisco o Scopa marina. Di certo l'avrete incontrata se avete frequentato i litorali italiani perchè è un albero che sa sfidare i venti e la salsedine per incorniciare il mare e le lagune con le sue fronde. La pianta umile per eccellenza divenne un "luogo" della poesia italiana.

Anche Gabriele d'Annunzio la cita nella famosa "Pioggia nel pineto" di cui riporto l'attacco, sempre musicale e panico:

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,(...)

Questa poesia venne scritta sul litorale toscano e dipinge, come se fosse un quadro che ritrae un concerto, alcune essenze arbustive e arboree della macchia mediterranea. D'Annunzio, abruzzese d'origine, visse poi a Roma e fu campione delle essenze mediterranee nel suo Vittoriale sul Lago di Garda. Curiosamente Virgilio sembra compiere il percorso inverso: nato a Mantova, scende a Roma, poi in Puglia e muore a Napoli. Le tamerici vengono pennellate come "salmastre ed arse" e scelse bene Gabriele: riescono infatti a colonizzare, prime tra le specie arbustive, le aree salmastre e sopportano bene la siccità.

A seconda delle condizioni la tamerice può presentarsi come arbusto o piccolo albero, con il tronco eretto o, nelle zone ventose (come i litorali), incurvato. La corteccia ha un colore cinerino e invecchiando presenta profonde incisioni; la corteccia giovane ha un tono di violetto. La chioma, di forma irregolare, è di un bel colore verde glauco, ovvero quel tono tra il verde e l'azzurro che spesso assumono le essenze delle regioni assolate. Wikipedia (Io la benedico) recita: "i germogli sono di colore bruno-violaceo, con foglioline squamose ad apice acuto, ovato-lanceolate, ricoprenti quasi totalmente i rami." A primavera la laguna di Venezia è incorniciata da quel violetto.

Le tamerici diventano ben più visibili quando fioriscono, credo le avrete notate: i fiori, piccolissimi e numerosi, di colore biancastro o rosa, sono riuniti in spighe terminali, con fioritura nei mesi da maggio a luglio; i singoli fiori sono costituiti da una corolla di 5 petali giallini o rosati, con 5 stami sporgenti e un pistillo. La tamerice comune è la Tamarix gallica è la specie più diffusa in Italia come pianta ornamentale, ma vengono anche coltivate la Tamarix ramosissima e la parviflora.

La Tamerice intrattiene un rapporto intensissimo col vento, viene usata come siepe per ammorbidirlo e per filtrare un po' la sabbia e il salmastro che viene dal mare. E' proprio il compito che si è presa quando col suo lavoro consolida i terreni e li prepara per altre essenze: come il pino ad esempio. E' molto flessibile e sa piegarsi e scuotersi per dissipare i venti impetuosi. Quanti insegnamenti ha da offrire a chi la contempla in silenzio. Dedicatele qualche istante nelle vostre passeggiate.

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