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domenica 5 agosto 2012

La Sirenissima

L'isola si distendeva come un cavalluccio marino teso nello sforzo di risalire la corrente del golfo. Di fronte la terra ferma separata da qualche miglio di basse acque salmastre. Un miracoloso equilibrio tra fiumi, terra, cielo e mare aveva formato incantevoli lagune e l'isola, che si inarcava per una decina di chilometri, era una delle protettrici di quel delicato e sottile legame tra lo specchio quieto e ricco di ogni forma di vita e l'esigente Madre Mare alle sue spalle. Sulla sua schiena infatti le onde del mare si infrangevano senza sosta animate dalla Sirenissima, o grande Sirena. Seducente di canto e di mare continuava a lambirlo o flagellarlo per convincerlo in un modo o nell'altro ad arrendersi a lei, voltarsi e sprofondare nell'abisso con lei.

La grande sirena Pellestrina era formata in realtà da uno stuolo di sirene e ancelle ondine. Insieme come un corpo unico e un'unico spirito portavano avanti il compito affidatogli dalla Mare. Poco distanti, a nord est, altre sue sorelle, Lidia e Fausta, spingevano l'acqua marina con le ampie code dentro le bocche della laguna perchè si rinnovasse lo scambio vivifico del dolce e del salato formando quell'impasto unico e gustoso detto salso. Delle tre sorelle Pellestrina era la più minuta e flessuosa, ma anche la più appassionata e seducente. Pur non riuscendo a smuovere l'isola intera riusciva ad attirare a sè ogni anima che vi si trovasse: bastava che fissasse lo sguardo nel mare per un secondo e lei appariva e ammaliava senza scampo. Per questo l'isola era rimasta a lungo disabitata ed evitata dagli uomini che temevano di perdersi nello sguardo profondo della Sirenissima Pellestrina.

Venne però un giorno un uomo dall'oriente con una lunga nave a remi, una grande vela arancio col sole dorato al centro, spinto dal vento Furianèlo. Era un vecchio nocchiero, esiliato per aver servito troppo fedelmente la Verità invece del Potere. Aveva visitato i porti adriatici e ancora cercava un luogo dove potersi stabilire. Quando vide Pellestrina il suo cuore esultò, qualcosa nell'aria gli sussurrava che aveva trovato la sua nuova casa. Ordinò all'equipaggio di sbarcarlo solo su quell'isola disabitata, con un otre di vino, fichi secchi e formaggio di capra. Loro avrebbero proseguito in cerca di scorte d'acqua fresca e sarebbero tornati a prenderlo al ritorno. Prese con sè gli ami, un coltello di rame affilato e il mantello di montone.

Mentre guadava il braccio di mare dal fondo sabbioso cominciò ad avvertire la presenza della sirena. Esperto e scaltro com'era dovette farsi forza per continuare ad avanzare verso l'isola senza gettare tutto a mare e nuotare verso il largo. Capì allora che era questo il motivo per cui era arrivato fin là. La Dea del Mare gli offriva una nuova casa e forse una compagna degna di lui, ma tutta da conquistare. Raggiunse le ampi spiagge e percorse l'isola scoprendone la doppia faccia: quella marina e quella lagunare. Di sottecchi sbirciava le acque attento a non lasciarsi sorprendere ma divorato dal desiderio di scorgere la sirena. A sera si stese sotto le tamerici e si addormentò pregando di ricevere in sogno un aiuto su come incontrare la sirena senza esserne schiavo.

Pellestrina intanto modellò un corpo d'acque e conchiglie e si fece vicina a sbirciare quell'uomo che, primo fra tutti i suoi simili, gli resisteva. La pelle scurita dal sole, la struttura tarchiata ma agile, i capelli neri striati di bianco e portati lunghi in una treccia fissata da monili d'oro. Lo trovò bello e iniziò a modellare il suo corpo in modo da prendere la fattezze femminili della più incantevole donna di quella razza. Intanto l'uomo sognava. La Dea del Mare, bellissima e seducente, emergeva dalle acque e gli chiedeva ospitalità in una casa degna di lei: sarebbe venuta a lui con la Luna Nuova.

E così al risveglio l'uomo fece alcune offerte agli spiriti del luogo: vino, fichi dolcissimi e un canto in una lingua sconosciuta. Chiese aiuto per costruire una casa dove ospitare la Dea Mare che tre giorni dopo, alla notte di luna nuova sarebbe venuta a lui. Raccolse tronchi portati dal mare, fronde odorose di alloro e tamerici, canne e fasci di erbe per costruire un'ampia capanna sulla spiaggia, aperta verso il mare. Gli spiriti dell'isola parteciparono gioiosamente a questo prodigio mai visto: granchi portarono conchiglie preziose, il ginepro fece maturare le sue bacche, i gabbiani portarono pesce perché l'uomo potesse nutrirsi senza interrompere il lavoro e lo spirito dell'isola fece emergere dalle sabbie i tesori che custodiva da tempo: coralli, monili e madreperla per ornare la dimora della Dea. Pellestrina assisteva dal mare, le sue figlie erano sempre più ammaliate da quell'uomo e le chiedevano il permesso di andare a raggiungerlo di notte. Ma solo lei si riservò il privilegio di avvicinarsi a riva

Arrivò la notte scura della Luna nuova, l'isola taceva in attesa del misterioso evento. L'uomo aveva dato forma ad una capanna simile ad una conchiglia a chiocciola: l'ingresso ornato di coralli e fronde era rivolta al mare ma la struttura continuava curvando verso sinistra. Accese due piccoli fuochi alla destra e alla sinistra della capanna, affumicò il pesce intriso di spezie, preparò un banchetto dal profumo squisito all'interno del rifugio. Si sedette poi sull'ingresso con le spalle verso il mare e cominciò a cantare. Cantò della sua vita, della gioia del nuoto, la passione per la pesca, l'ardire della navigazione, il timore panico delle tempeste, i cieli stellati e in eterno movimento, il calore del sole sulle terre gialle di frumento e d'orzo. Pellestrina prese corpo e si avvicinò divorata dalla curiosità e dal desiderio, spinta dalla Madre Mare che la sospingeva dolcemente. Senza accorgersene avanzò sognante lasciandosi alle spalle le acque in cui era sempre vissuta. La sabbia della spiaggia aveva la consistenza della terra ma la forma mossa delle distese di onde battute dai venti.

Silenziosa e annunciata solo dal suo profumo intenso raggiunse l'uomo che sentendola vicina tacque. La prese per mano e la portò dentro, tenendo gli occhi bassi per non cadere ammaliato dai suoi occhi di mare. Ne ammirò le caviglie, le snelle gambe, intravide appena i lunghi capelli neri e la delicatezza della mano. La servì offrendole i cibi che aveva preparato e Pellestrina per la prima volta mangiò e bevve. Il vino la scaldò e sentì in sé nascere un sentimento nuovo, della stessa qualità del fuoco. Non potè allora resistere e attirò a sé l'uomo, che a sua volta la sospinse più oltre, dove aveva preparato un giaciglio. Lì nel buio più completo si amarono saziando le bocche di baci ed esplorando avidi i reciproci corpi. L'amoroso conflitto si protrasse con diversi assalti e sussulti per alcune ore, poi i due giacquero pieni di stupore e dolcezza.

Quella notte d'amore aveva mescolato le loro energie, reso più terrestre lei e più marino lui. All'annuncio dell'alba lei si divincolò e solo allora lui la vide nella sua piena bellezza e i loro sguardi si incrociarono ora resi identici dall'alchimia della dea Mare. Stupiti dal vedere i propri occhi in quelli dell'altra compresero che la loro unione sarebbe durata per tutta la vita, tutta la vita del mortale che la sirena sarebbe vissuta per secoli e secoli. Accettarono il loro nuovo destino diventando i primi abitanti dell'isola. Accolsero l'equipaggio di ritorno che fu preso da sacro timore alla vista della nuda bellezza aliena della sirena. E così nacque la stirpe di pescatori e ortolani che diedero all'isola il nome della loro progenitrice e protettrice: la sirenissima Pellestrina. E ancora oggi i giovani dell'isola costruiscono capanne sulle spiagge per amare, nelle notti senza luna, le loro donne silenziose ma dagli occhi profondi e misteriosi.

foto e testo ispirato a Francisco, mediatore elementare

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