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mercoledì 7 luglio 2021

La provocatoria installazione InonDant3 in canal Vena a Chioggia

Da fine giugno il Canal Vena ospita una coraggiosa intallazione: decine di braccia emergono galleggiando dall'acqua e in due punti una testa coronata di alloro plastico porta l'inconfondibile timbro di un omaggio al sommo poeta Dante. Ideatori e costruttori di questa opera acquatica sono Sandro Varagnolo, Roberto Doria e Emilio Pregnolato che hanno parallelamente inaugurato una mostra con intrecci danteschi in calle Cipriotto, aperta la sera dalle 21. Senza visitare la mostra e il bel volumetto illustrativo coi testi dei professori Cristina Pappalardo e Franco Fabris l'intera installazione rischia di essere poco capita e goduta. Infatti il colore giallastro delle braccia, il sempre rinnovato dolore dei morti in mare della nostra città e un peculiare rapporto che lega Chioggia ai suoi defunti emergono prepontemente.E anche in questa ambiguità sta secondo me la forza dell'opera. Tanto è vero che gli stessi curatori in un testo poetico inserito nell'opuscolo scrivono :

"Guardaci, siamo le anime dei pescatori morti tragicamente in mare. Il nostro cuore è sepolto negli abissi, ma le nostre anime ai cieli anelano..."

Varagnolo e compagni hanno colto nel segno, hanno saputo dialogare con gli archetipi di riferimento della nostra comunità, coniugandoli con echi danteschi senza senso di inferiorità o accademico rigore che probabilmente avrebbe nuociuto all'efficacia dell'opera che colpisce vivamente, suscitando emozioni che vanno dal disgusto alla curiosità, dall'emozione al desiderio di scoprire di più. Come scrivevo all'inizio dovete completare la visita con la piccola galleria d'arte in calle Cipriotto, dove potrete procurarvi gratuitamente l'opuscolo che spiega e arricchisce tutto il progetto. Altrimenti correte il rischio di portare a casa un'emozione futile e non comprendere il libero percorso, la vera e propria reinterpretazione dell'impulso dantesco.

In calle Cipriotto potrete vedere ancora per qualche giorno (poi partirà per una mostra collettiva) una tela di Varagnolo intitolata "Beatrice" che ritrae una seducente figura femminile che si tuffa nelle profondità dove mani levate sembrano chiamarla. Il coinvolgente erotismo, di cui sappiamo essere ispirato maestro il pittore chioggiotto, tinge addirittura di rosso la figura della ipotetica salvatrice. L'opera è ambigua e provocatoria perchè il personaggio è completamente in antitesi con la Beatrice salvatrice di Dante. La scelta del nudo è assolutamente in contrasto con la descrizione del XXX canto del Purgatorio quando Beatrice compare al poeta nel giardino terrestre, accomiata bruscamente Virgilio e gli si impone come autorevole guida spirituale. Dante in quei versi descrive l'apparizione di una donna su un carro trainato da un pegaso, coperta dalla nuvola di fiori e la paragona a quella del sole. La donna indossa un velo bianco e una ghirlanda di ulivo, nonché un mantello verde e una veste color rosso vivo: anche se Dante non l'ha ancora vista in volto in quanto velata, il suo spirito avverte la potenza d'amore ed egli riconosce quella figura come la donna amata in vita, Beatrice.

Il fatto che Beatrice, come tutte le anime del Paradiso, sia rappresentata vestita e splendente di luce propria non è un dettaglio. Le anime dei dannati e dei penitenti sono nude, ridotte all'identificarsi col loro corpo per aver soddisfatto i piaceri carnali, senza volgersi alla divina sapienza e sviluppare i doni superiori e divini che ogni essere umano può manifestare. I beati invece sono vestiti: ciò rappresenta figurativamente che in vita sono stati in grado di trascendere la loro fisicità volgendosi ai beni supremi e alle virtù mettendosi in contrasto col mondo dominato dal peccato finanche a sopportare il martirio o il completo sacrificio di sè. Beatrice è la rappresentazione potente di un'anima infiammata d'amore spirituale, quella che risuona in ogni persona come Anima Cosciente, capace di avveritre i sottili ma poderosi moti dello Spirito. Il quadro di Varagnolo invece sembra più rispecchiare l'Anima Senziente, quella che ci connette alla nostra natura corporea e che costantemente rischia di "affondare nelle acque", le acque dei desideri e del peccato. In questo senso le mani che chiamano dal fondo potrebbero simboleggiare gli impulsi carnali non ancora superati. Al contrario Beatrice vola sopra tutte le dimensioni infernali fino a farsi strada nel limbo per inviare Virgilio in soccorso di Dante, come un angelo splendente e inarrestabile porta a compimento la sua missione: redimere il poeta e accompagnarlo poi a visitare i Cieli, risvegliando in lui costantemente le verità superiori (questo uno dei sensi del "riveder le Stelle" con cui si conclude ogni cantica).

Pur esprimendo queste critiche ho trovato veramente innovativo e fecondo questo percorso che i tre artisti hanno proposto alla città. Capaci di tirare in ballo Dante, svecchiarlo e incuriosire ad approfondire uno dei nostri retaggi nazionali. Spero vivamente che i tre moschettieri dell'arte chioggiotta non si fermino qui, ma risalendo di canto in canto lungo il testo potente della Divina Commedia si spingano alle più alte vette, confrontandosi sinceramente col salvifico e cristiano messaggio dantesco.

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