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lunedì 28 gennaio 2013

Il romanzo del Pioppo Nero

Grazie alla pioggerellina dolce la mia giornata è deragliata. L'ho capito dopo aver fatto qualche chilometro in macchina, pronto ad aiutare un socio di Amico Giardiniere. La dolce umidità della giornata invece mi accoglieva dolcemente e instillava il dubbio e il desiderio di Altrove. E' bello mandare a monte i piani di un'intera giornata per potersi godere qualche momento senza meta, così come ci va. Mi sono allora chiesto cosa fare e ho deciso di andare a conoscere un bellissimo pioppo nero che da oltre un anno e mezzo mi fa compagnia nel tragitto da Chioggia a Mestre.
Imponente segnavia, punto di riferimento ormai consolidato per tutti i naviganti della statale Romea, del canale di Montalbano e di chissà quali altre aeree traiettorie. Si trova nel comune di Chioggia, in località Valli, vicino a una grande rotatoria. Cresce tra una canaletta di irrigazione in cemento e la golena del canale di Montalbano. Avrà circa 50 anni, magnificamente portati. Questo pioppo nero non è mai stato potato. Non ha mai conosciuto la mano dell'uomo ed è bellissimo. Ci sono anche rami secchi, qualche spezzatura, ma nel complesso la forma della chioma è un'architettura sapiente ed equilibrata, tarata sui venti dominanti da nord, nord est.
Per abbracciarlo dovremmo essere in tre per lo meno. E' veramente incredibile la velocità e l'imponenza di crescita del pioppo che spesso è bistrattato perchè il suo legno dà poco calore nelle nostre stufe. Eppure il legno leggero e chiaro è apprezzato per farne carta. I celti lo usavano per realizzare grandi scudi con cui proteggersi dalle frecce mentre correvano, leggeri e seminudi, verso la battaglia. Al primo schianto potente lo scudo andava in pezzi e allora si poteva maneggiare l'ascia o la spada con entrambe le mani. La sua funzione ormai era compiuta e lo scudo poteva essere abbandonato.
E' pieno di vita quest'albero, le gemme grosse e appuntite si stagliano orgogliosamente contro il cielo invernale, turgide di vita, promessi di primavera. In cima all'albero un nido spettinato, direi che è un nido di gazze. A primavera ed in estate dev'essere un attico ben frequentato, vista laguna e comodamente raggiungibile. Peccato per quel continuo rumore e il grigio polveroso delle nostre primitive automobili, che ancora inquinano e sprecano in calore gran parte dell'energia che utilizzano per muoversi. Al piano terra invece, nella cavità dell'albero, è stata scavata una tana, probabilmente ad opera di una volpe. Le cavità sono la norma per i pioppi vetusti, ma la parte vitale è negli anelli esterni e la solidità nelle radici che si dispiegano superficiali in ogni direzione come funi.
Dopo averlo gustato con gli occhi mi ci appoggio, poi lo abbraccio. Com'è solida e confortante la sua presenza. Ascolto e osservo dal suo punto di vista il nostro convulso e insensato movimento. Ma oggi, con la pioggerella, il traffico di veicoli sulla Romea sembra scorrere dolcemente persino, come fosse una cosa naturale. Chiedo al nuovo amico cosa posso fare per lui e mi sento nascere dentro la voglia di cantare! Il pioppo ama cantare, parlare, chiacchierare festosamente. Allora libero la gola con una lauda francescana e rido e improvviso su musiche note parole sconosciute e ritmi psichedelici. Chissà perchè mi viene in mente la Beat Generation, tra cui il famoso Jack Kerouac. Così me ne sto quieto e silente a mio modo On The Road.

venerdì 25 gennaio 2013

La Forma dell'Acqua: il libro!

Dopo mesi di lavoro, scrittura, rilettura e rielaborazione ieri sera sono andato a Sossano, nella sede di Anguana Edizioni, a ritirare le copie della Forma dell'Acqua. Ecco cosa recita la quarta di copertina:

E' il diario di un viaggio naturalistico, in kayak e a piedi, che si trasforma in un viaggio nel paesaggio emotivo del cuore del Nord Est, tra Veneto e Trentino. Da Chioggia verso Padova, poi a Bassano e su per la Valsugana alla scoperta di un dialogo ancora possibile tra Uomo e esseri di natura, tra le nostre radici contadine e le vette della creatività umana moderna.

E' possibile, necessario e vitale gettare ponti di contatto tra tutti gli attori dell'ecosistema, basta restare calmi e osservare con gli occhi del cuore. L'autore legge nel profondo di un paesaggio storico, naturale e sociale che, tra le pieghe, rivela possibilità e scorci inaspettati e ci offre testimonianza preziosa e concreta di un approccio olistico all'ecologia e alla pratica del paesaggismo italiano.

Il libro è disponibile on line su vari siti tra cui Slow Books. Se volete potete venire a trovarmi e acquistare il libro autografato. Infatti comincio una serie di presentazioni pubbliche. La prima si terrà a Palazzo Goldoni, Rione Duomo 307, Chioggia venerdì prossimo, 1° febbraio 2013 alle h 21.00. Presto sarò anche a Mestre, Treviso e Vittorio Veneto.

martedì 22 gennaio 2013

Il Geòscopo di Chioggia

Dopo un anno di studi sono lieto di condividere questo primo "geòscopo" di Chioggia, ovvero un'analisi geomantica che utilizza il linguaggio dell'astrologia per spiegare le caratteristiche di un luogo (in questo caso la città di Chioggia Marina, ovvero gli attuali abitati di Sottomarina, Chioggia, Isola dell'Unione, Brondolo e S.Giovanni). Il Geòscopo serve a capire meglio l'influsso che imprime ai suoi abitanti,le energie di base e le predisposizioni di massima. La definizione del Geoscopo, in modo analogo all'oroscopo e allo studio della carta natale degli individui, si basa su una organizzazione spaziale in settori che ricalca le case zodiacali e prevede l'individuazione, con appositi studi e verifiche sul terreno, dei principali centri energetici cittadini e del loro influsso reciproco nella griglia di riferimento.
Dalle informazioni raccolte finora sembra che la struttura geomantica e anche identitaria della città abbia iniziato una fase di trasformazione negli anni Settanta del Novecento che si sta stabilizzando ora con l'emergere di una struttura integrata, idealmente centrata sulla laguna del Lusenzo. Prima di allora la struttura energetica dell'Isola di Chioggia era molto autonoma e connessa con il sistema lagunare, in cui svolgeva la funzione di pulizia, un po' come un rene. In seguito lo sviluppo di Sottomarina e la crescente interconnessione, suggellata dal completamento dell'Isola dell'Unione, ha portato all'emergere di una nuova struttura geomantica. L'energia delle strutture energetiche del paesaggio forniscono il substrato, la vibrazione di base di ogni paesaggio con una propria identità. Studiando la sua correlazione con le attività umane e i cicli naturali è possibile usarla come strumento di integrazione della pianificazione urbana e della lettura del potenziale nascosto o dei conflitti ricorrenti. La struttura geomantica è un po' come il palcoscenico in cui gli attori (umani, animali, piante ecc. ecc.) interagiscono.
La struttura e l'arredo di questo palcoscenico influenzano gli attori, umani e non, che potranno essere agevolati o ostacolati dalla struttura esistente anche se poco visibile. Immaginate ad esempio di voler recitare una tragedia greca con lo sfondo di un giardino zen giapponese: la recita sarà poco credibile e creerà molti problemi. Il copione dovrà essere quantomeno rivisto e adattato all'esistente, oppure lo scenario stesso dovrà essere laboriosamente trasformato. Cosa che è sempre possibile ma richiede una conoscenza e una chiarezza di intenzione mirabili che solo pochi mitici fondatori di città hanno dimostrato in passato. Per rendere più semplice la lettura del Geòscopo ho usato il linguaggio equivalente dell'astrologia che tutti intuitivamente conosciamo e che ci aiuta a comprendere giocosamente i concetti di base. Si potrebbe tradurre la mia analisi anche in termini geomantici (tempio del paesaggio, chakra della terra ecc.) o secondo la terminologia del Feng Shui (vene di drago, zone di ristagno ecc,).
Cominciamo dalla fatidica domanda? Chioggia Marina di che segno è? La risposta dei miei studi mi indica che la città è sotto l'egida del Sagittario. Il Sagittario è un segno gioviale, estroverso, amichevole, sensuale, avventuroso e caloroso, che ispira facilmente simpatia ma fatica a instaurare amicizie profonde. Il segno del Sagittario è governato dal pianeta Giove, il grandioso signore dell'Olimpo, a volte un po' spaccone a dire la verità. Il simbolo del Sagittario è la freccia del centauro, aiutante del segno è l'asteroide Chirone, che a Chioggia però si trova in posizione difficile, venando l'influsso del segno con una certa mancanza di sincerità e avventatezza. Come gli appassionati sanno bene il segno zodiacale offre alcune informazioni ma è molto importante conoscere anche l'ascendente per delineare il temperamento. L'ascendente di Chioggia è il micidiale Scorpione. La combinazione dei due segni, l'uno di fuoco e l'altro d'acqua bollente sviluppa potenzialità piene di ambiguità.
Da un lato la determinazione dello Scorpione potrebbe sfruttare in maniera costruttiva, per uno scopo preciso, l'irruenza del sagittario, affrontando l'evoluzione in modo deciso e risoluto, e soprattutto sostenendo la libera espressione dei desideri. Desiderio di movimento, libertà di pensiero, sensualità, carattere forte, piglio combattivo. Questo miscuglio di acqua e fuoco rischia però di diventare esplosivo in mancanza di un intento evolutivo chiaro. Emerge allora la parte distruttiva, rissosa e vendicativa. Nessuno dei due segni ama abbandonare il campo di battaglia o chiedere pace anche quando si accorge che sta sprecando le sue energie.
Il gusto della sfida e il protagonismo rischiano di prendere la mano e di farci imbarcare in avventure inutili. In mancanza di una buona dose di stimoli esterni che sappiano catalizzare l'attenzione l'energia di Chioggia tende a ripiegarsi in se stessa. Il difficile equilibrio tra l'ottimismo del sagittario e il pessimismo cinico dello scorpione crea continue tensioni e difficoltà a valutare le situazioni con calma e realismo, alternando visioni estreme tutto bianco/tutto nero. Di certo chi accoglie l'energia di questa città sviluppa una personalità forte, tende a essere in gioventù indisciplinato, ribelle e indipendente. Poi con la maturità diventa più conservatore ed è portato ad usare la voce del comando. Nonostante tutte queste caratteristiche apparentemente maschili l'energia profonda della città è femminile, acquosa e ricettiva. Il suo cuore è la laguna del Lusenzo. Deve però accettare di ricevere dall'esterno (dal mare ad esempio) gli stimoli per evolvere. Chioggia tende a definire la sua identità in contrapposizione o relazione con altre identità e vive con qualche ambiguità questo bisogno vitale.

Per altre informazioni o collaborazioni sui miei studi geomantici sulla città scrivetemi.

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

domenica 20 gennaio 2013

Viaggi spazio temporali nella laguna di Venezia

Onirica e suggestiva l'acqua della laguna trasfigura ogni cosa col suo continuo movimento. Ad ogni ora del giorno o della notte, col cambio di luce, apre portali e paesaggi dalle epoche più diverse, dal pleistocene all'età, ancora lontana, dell'Acquario. Questa mattina mi sono imbattuto, passeggiando per Chioggia, in uno di questi portali multidimensionali che, nel giro di pochi passi, mi ha trasportato nel 1300, poi avanti nel 1800 e di nuovo indietro nel Settecento, sbalzandomi infine nell'oggi. Economico e veloce questo modo di viaggiare nel tempo richiede però una bambinesca disponibilità al gioco senza giudizi per sostenere, senza batter ciglio, l'alterazione dello spazio tempo ordinario.
Percorrevo gli ampi portici del lato occidentale del Corso del Popolo, la spina dorsale dell'isola. Ad un tratto l'attenzione è stata catturata da un doccione in calle Renier, l'ho fotografato ma improvvisamente il portale si è aperto e mi sono trovato a percorrere qualche passo alla fine del 1300: il palazzetto in stile tardo gotico veneziano con le inconfondibili bifore affusolate, le colonne di pietra recuperati da chissà quale altro antico edificio, la struttura in semplici mattoni rossi. Solide inferiate proteggevano le finestre del piano terra, con pezzi sagomati a incastro e murati nella struttura, senza alcuna saldatura.
Saltiamo avanti di quasi duecento anni. Un portone di legno, con un elegante motivo a costolature perpendicolari chiude la calle, sovrastato da un bel leone marciano, forse uno dei più belli conservati nella città. Sull'angolo un'altra porta, più minuta ma riccamente protetta da marmi finemente scolpiti con motivi vegetali. Fiori che ruotano in senso orario si ripetono ipnotici riportandomi nel 2013. Ancora stupito mi volgo ad oriente, attraversando il corso. Un'associazione monarchica ricorda in un manifesto Mafalda di Savoia. Entro nella piazzetta e il tempo di nuovo scorre indietro, vorticosamente: è il 20 settembre 1890.
Alla presenza delle autorità civili della città la piazzetta viene ribattezza con la data dell'ingresso a Roma dei bersaglieri del Regno d'Italia, ponendo fine al dominio temporale del papato. La classe dirigente di allora era composta di liberali, monarchici e qualche repubblicano, tutti segnatamente anticleriali e spesso aderenti alla massoneria (come lo stesso Garibaldi, così popolare qui in città). Poco oltre, all'esterno della CHiesa della S.S. Trinità un'altra epigrafe ricorda che qui a CHioggia fu ordinato sacerdote Antonio Rosmini nel 1821.
Antonio Rosmini era un giovane trentino, studente di teologia a Padova, poi sacerdote, scrittore e polemista appassionato, filosofo e teologo di indirizzo liberale. Critico verso il coinvolgimento tra Chiesa e potere politico, si battè per il rinnovamento della Chiesa e fondò con compiti educativi la congregazione dei Rosminiani a cui i Savoia affidarono la custodia di uno dei luoghi più sacri del Piemonte: la Sacra di S.Michele (un luogo unico che merita un visita).
La Chiesa della S.S. Trinità fronteggia il lato del Municipio, in una tollerante convivenza. Sotto la soglia è inciso un benedicente IHS, l'abbreviazione del nome di Gesù che si diffuse molto con le prediche itineranti del santo francescano Bernardino da Siena. Bernardino ne promosse l'ostensione ai fedeli con il trigramma IHS circondato da un sole a dodici raggi. Il simbolo modificato con un trattino orizzontale a formare una croce sulla H diventò poi l'emblema dei Gesuiti.
La piazzetta ospita altre tracce che abili investigatori sapranno sfruttare per numerosi esplorazioni dello spazio-tempo alle nostre spalle. Prima fra tutte l'imponente mole con tre uomini forzuti che sorreggono il pennone da cui una volta sventolava la bandiera si S.Marco e oggi un grande tricolore italiano. L'opera risale al 1723, proprio negli anni in cui il giovane commediografo Carlo Goldoni visse a Chioggia nel tranquillo tramonto della Repubblica di Venezia.

sabato 5 gennaio 2013

Oltre la siepe: le funzioni ecologiche dei nostri giardini

Ho vissuto intensamente questi 7 anni di lavoro, studio e ricerca sui giardini. Ho fatto una gavetta intensa: sono diventato manutentore, poi operatore del verde, giardiniere responsabile di un parco, giardiniere in proprio, arboricoltore, progettista, geomante, consulente e formatore. La mia visione del verde urbano si è mano a mano ampliata: dal giardino al parco storico, dai parchi pubblici alle aiuole stradali, dai fossi di scolo alle terrazze fiorite. Mi sono messo ad osservare con interesse persino le aree dismesse e le erbe pioniere che tenacemente crescono nelle crepe dell'asfalto. Tutti questi scenari, così diversi, si sono integrati nella visione possibile di un paesaggio densamente antropizzato. Un paesaggio capace di ospitare ampia biodiversità e di svolgere funzioni ecologiche che sono state sconvolte dalle nostre lottizzazioni, dalla gestione meccanizzata delle campagne e dalle nostre infrastrutture, soprattutto quelle degli ultimi 100 anni. E' molto importante acquisire una visione storica e ecologica del territorio: così può trovare pace il catastrofismo. E' ora di seminare speranza e di costruire il nuovo paesaggio armonico.
I processi naturali non conoscono la parola fallimento o fine, sono in continuo mutamento, più che cicli chiusi e ripetitivi sono spirali in continua evoluzione e cambiamento. Diceva una grande verità il saggio cinese Lao Tzu quando affermava che l'unica costante osservabile sul piano materiale dell'esistenza è il mutamento continuo. Gli faceva eco negli stessi anni (circa 2500 anni fa), con sfumature originali e ricche di insegnamenti, il greco Eraclito. Ho sperimentato questa verità in molti contesti, in particolare quando mi sono preso cura per anni di un preciso pezzo di terra. Si crea un rapporto di interazione continua che può arricchire o impoverire l'insieme. Inoltre, nei cicli naturali, non esistono confini delimitati ed esclusivi come quelli che tracciamo tra il "mio" e il "tuo". Là dove territori diversi si incontrano ci sono aree di transizione, membrane più simili a quelle cellulari che alla muraglia cinese. Aree di incontro, scambio, filtro e regolazione. Applicando questo approccio ai giardini emerge una nuova prospettiva: se guardo oltre la siepe mi accorgo che tutti i cicli viventi che si svolgono nei miei confini fanno parte di scambi ancora più grandi e in grado di influenzare tutto il paesaggio intorno.
Le nostre piante producono ossigeno per tutti e fissano l'anidride carbonica e altri inquinanti senza chiedere da dove vengano. Insetti, uccelli, roditori e piccoli rettili si spostano tra i giardini come oasi in mezzo al deserto. Spesso però trovano cibo avvelenato: gli insetti che sono la base di un'ampia catena alimentare vengono perseguitati e avvelenati, portando le macabre conseguenze di questa implacabile lotta alla vita biologica nella pancia dei loro predatori uccidendoli (le colorate cince, le coccinelle, le agguerrite vespe e altri ancora). Ancora più amara la sorte degli insetti che si nutrono dai nostri fiori: api, farfalle e altri impollinatori cadono stecchiti per i nostri trattamenti contro afidi e bruchi (che sono le stesse farfalle in uno stadio di sviluppo precedente). Attualmente se analizziamo il quartiere di una città scomposto nei brandelli in cui lo suddividono i confini di proprietà troveremo un numero ristretto di varietà, qualche albero troppo potato, siepi monospecifiche, prati concimati e tagliati corti corti, aiuole di piante esotiche tanto di moda. Sempreverdi in abbondanza, che ci illudano che il tempo non passa.
Carini questi giardini fatti con lo stampino e con le piante tanto di moda. Carini ma poveri, monotoni, composti da piante fragili. Per tenere "tutto in ordine" le piante che formano le siepi sono potate 2-3 volte l'anno come muri verdi e non riescono a fiorire (addio nettare) e neanche a produrre bacche (addio cibo invernale). Nei prati tagliati tutte le settimane non si sviluppa la ricca varietà di erbacee da cui le nostre nonne sapevano trarre cibo e medicina. Guai se il tarassaco o il trifoglio fa capolino tra i fili di graminacee (poa, festuca e poche altre). I giardini vengono spesso scolpiti e modellati come fossero architetture minerali e perenni. Fino a quando saremo così freddi e schematici sarà impossibile innescare la formazione di un nuovo paesaggio armonioso in cui ogni proprietario diventa custode di un bene più prezioso e più vasto del suo giardino: custode dell'intero paesaggio vivente in cui vive, lavora, alleva i suoi figli e muore. E sì, muore. Mi dispiace ricordare questa incresciosa condizione ma qui sulla Terra tocca a tutti lasciare il corpo, i soldi, la casa ecc. ecc. Lasciamo il posto a qualcun altro.
Perchè allora non cominciare a riscaldare col nostro cuore una visione più ampia e accogliente, che includa noi, i nostri antenati, i nostri discendenti, gli alberi, le api e gli uccelli? Perchè non guardare curiosi oltre la siepe e chiedersi semplicemente come possiamo interagire positivamente con tutto il paesaggio attorno? Se diventassimo più tolleranti con insetti, uccelli e altri animali? se coltivassimo siepi miste (inserendo anche biancospino, ligustro, corniolo e altre specie boschive) e le lasciassimo sviluppare in forme più libere che possano fiorire e far bacche? Se lasciassimo un angolo di prato tranquillo, da sfalciare una volta l'anno. Prendiamo le cose con più calma, nutriamo gli uccelli d'inverno, raccogliamo erba e foglie in un angolo a compostare e ridiamo quello stesso materiale alla siepe, agli alberi e alle aiuole. E se ci fermassimo a scoprire le sorprese che la nostra gestione più rilassata ci porterà? Allora, da questi angoli della città, si formerebbe un tessuto contagioso di cibo, semi volanti, fertilità che contagerebbe il grigiore attorno e ci insegnerebbe forse a goderci ogni stagione della vita, anche quel lento tramonto che ci prepara all'ultimo viaggio.

Testi e foto di Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

venerdì 4 gennaio 2013

Cani per amici

Dopo una triste esperienza d'infanzia non avevo pi vissuto con un cane. Ora che mi sono sposato Giulia ho dovuto anche adottare Maggie, la sua undicenne cagnolina che vive con noi. E' stato un rapporto difficile all'inizio, quando entri nel nuovo branco vieni studiato e messo alla prova. I cani non ascoltano le chiacchiere, vanno al sodo, t'annusano e cercano di incasellarti nella gerarchia del branco. Lentamente ho superato una certa ritrosia e qualche fastidio per la convivenza in un appartamentino al secondo piano con un quadrupede peloso. Si sono sciolti i pregiudizi, si è creata una certa complicità con le nostre passeggiatine.
Dapprima era una fatica portare Maggie a spasso per fare i suoi bisogni. Stare al suo ritmo, rispettare i riti che Giulia aveva consolidato, raccogliere i suoi escrementi. Pian piano ho cominciato a trovare un modo più mio di andare in giro con lei e lei mi ha cominciato a riconoscere come "quello delle passeggiate" perchè sempre più spesso ero io a portarla con me. Mi sono accorto che piaceva, costretto a casa dalla disoccupazione o dal mal tempo, sgranchirmi e alimentare la mia animalità, sentire l'aria, allungare il passo, esplorare a naso. Infatti ho cominciato ad accorgermi di come la presenza di Maggie cambiava il mio modo di vedere la città. Era come aver accesso ad un'altra visione, ad altri percorsi che facevano deragliare le mie abitudini e ampliavano le mappe mentali della mia nuova città.
Maggie sembra aver preso consapevolezza a tratti di questo suo ruolo di guida ai misteri di Chioggia. Ormai non si contano più le calli, gli angoli, i capitelli e le viste inaspettate che mi ha fatto scoprire. Per non parlare poi delle persone che ho conosciuto... per colpa sua. Che bella dose di semplice calore, gioia di vivere e fisicità genuina ci portano i nostri amici cani. Sembra che molti di loro si siano presi questo compito: stare accanto agli umani alienati, rintanati in antri artificiali, lontano dalla campagna, dagli alberi, dalla vita vera che scorre impetuosa o impercettibile ma non è mai falsa come quella televisiva o virtuale.
Sempre "per colpa" dei nostri amici cani è nata l'esigenza di trovare spazi verdi per farli scorazzare. Qui nel centro storico di Chioggia gli spazi verdi mancano, cammino fino all'Isola dell'Unione ma devo fronteggiare un divieto di accesso al parco per i cani. Divieto che non condivido e vorrei che la mia città rivedesse. Per questo ho aderito all'esperienza innovativa degli "Amici del Parco" che hanno riattivato il parco abbandonato della Navicella, proprietà di una società pubblica. Però non sono ancora soddisfatto: si è vinta una battaglia ma spero che presto sapremo contagiare tutti con una nuova legislazione e una maggiore attenzione ai bisogni degli amici quattrozampe. Anche perchè, a dire la verità, mi convinco sempre più che sono gli stessi nostri bisogni: stare all'aria aperta, correre, giocare, sentirsi vivi in ogni fibra senza consumare ogni secondo a pensare e controllare ogni cosa.
Di recente abbiamo rischiato di perderla per un infarto. Giulia ha lottato con tutte le sue forze, con la tenacia quotidiana che spesso le donne, quelle vere, dimostrano a noi uomini. Io ero un po' fatalista e cercavo di trovare un contatto con Maggie a un livello più sottile. Alcuni si chiedono se gli animali abbiano un'anima: dovrebbero intanto ricordare che la parola stessa "animale" significa proprio "dotato di anima", capace di sentire, muoversi, desiderare. Quei giorni di tensione dolorosa, tra vita e morte, mi hanno confermato, negli occhi saggi della mia cagnetta, la sua dimensione spirituale. Ho scorto in lei una saggia insegnante che umilmente impara tutto ciò che può da noi come se si preparasse, chissà come, a vivere una vita sempre più evoluta.

martedì 1 gennaio 2013

Sta nascendo un bosco sul Lusenzo

Un'amica mi ha segnalato ammirata che vicino al Lusenzo, tra vecchi orti abbandonati, si sta sviluppando un boschetto che attira uccelli di ogni tipo, dalla gazza alla civetta. Stupito e curioso sono andato a indagare e ho realizzato questo reportage per segnalare alla cittadinanza, ai proprietari e alle autorità competenti la bella evoluzione di quest'angolo di paesaggio agreste alle spalle della super urbanizzata e soffocata Sottomarina.
Trovare il bosco ha richiesto un'attenta perlustrazione che mi ha fatto scoprire qualche orto ancora coltivato con amore in mezzo alla distesa desolata dei vecchi campi, un'area di almeno 7-8 ettari. Le aree abbandonate si sono riempite di prato alto e giovani canneti. I casoni sono derelitti e mancano sentieri per accedere alla proprietà. I rovi stanno colonizzando ampie aree dando rifugio a numerose specie di silvidi (passeri, cince, pettirossi ecc.). E' diventato un ideale terreno di caccia per gatti intraprendenti.
Finalmente individuo il boschetto in lontananza, protetto da una folte siepe di rovi. Cerco a più riprese un percorso per penetrarvi e capire le specie presenti. Da figlio di contadini nutro qualche pregiudizio verso i rovi, che qui abbondano, ma da un punto di vista ecologico offrono un'ampia gamma di servizi: cibo in estate, abbondanti fioriture, riparo ai nidi, tane e aree di caccia.
Cercando un varco nella intricata barriera mi viene in mente la fiaba della "Bella del Bosco Addormentato" (la Belle au Bois Dormant), dove un bosco fitto di rovi protegge il castello incantato. La mia Ricerca sembra fallire ma un grande cespuglio di rosa canina mi sorride con le sue splendenti bacche rincuorandomi.
Giro e rigiro, seguo sentieri incerti, varco il prato alto e gelato. Entro intravedo un'area di colonizzazione di giovani alberi, li scruto attentamente. Sono aceri negundi, veloci e agguerriti conquistatori. Vicino ai vecchi fossi di scolo qualche pruno e salice vivacchia ma negli spazi aperti solo l'esuberanza dei giovani può fronteggiare la concorrenza di prato, rampicanti e canne.
Finalmente si apre una pista che mi porta nel cuore del boschetto. Qualcuno ha aperto un passaggio, ha tagliato alcuni alberi per dare vita ad una piccola radura. Mi trovo circondato da giovani robinie (Robinia pseudoacacica, gasia) che hanno colonizzato in modo sistematico una piccola area. La robinia ha una grande capacità di diffondersi grazie ai polloni nati dalle radici. Prima le piante anziane allungano gli apparati radicali, poi fanno scaturire giovani virgulti che formano macchie pure.
Qualche albero morto offre cibo a funghi e insetti parassiti del legno, cibo squisito per gli uccelli insettivori. Individuo il nuclero orginario del boschetto: una decina di robinie di una trentina d'anni. Quello è il centro nevralgico di un unico cervello fatto di apparati radicali collegati e pollonanti che formano questo bosco puro e ispido di spinose robinie.
Ho trovato anche una bella sorpresa: un maturo acero negundo pieno dei suoi famosi semi ad aliante con un bel nido di gazze. Mentre noi lottizziamo e cementifichiamo le energie vitali cercano di infiltrarsi: erbe pioniere crescono nelle fessure dell'asfalto, boschi nascono spontanei negli orti abbandonati. Spero che quest'area sia stata individuata come strategica per lo sviluppo verde per Sottomarina, che ha un gran bisogno di prati, alberi, orti e anche qualche casetta con giardino.
Negli ultimi vent'anni la popolazione di Ciòsa Marina (dati censimenti ISTAT 1991 - 2011) è calata del 10% scendendo a poco più di 50.000 residenti. In una fase di contrazione demografica, dopo anni di espansione edilizia caotica, sarebbe ragionevole centellinare le autorizzazioni a costruire, incoraggiare la riconversione e la ristrutturazione, facendo inoltre tesoro delle vecchie aree rurali e della grande tradizione agricola locale che ha visto negli orti uno dei suoi gioielli.

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

Foto e testi di proprietà dell'autore.