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giovedì 15 luglio 2021

Globalizzazione o GLEbalizzazione? Recensione del saggio di Diego Fusaro

Con il crollo dell'URSS e l'iconico abbattimento del muro di Berlino siamo entrati in una nuova epoca che spesso viene ambiguamente chiamata della "globalizzazione". Si tratta in realtà di una nuova fase della storia umana in cui un'unica potenza ha conquistato l'egemonia globale e ha deciso di proiettare i suoi modelli economici, culturali, politici in tutto il mondo. Quindi sarebbe più corretto parlare di un'epoca della globalizzazione americana, nel cui sistema predominano le grandi corporation: le multinazionali che fanno affari in tutto il mondo cercando il luogo migliore dove speculare, spostare la produzione, aggirare le norme anti-inquinamento e el tutele dei lavoratori. Come sappiamo oggi 2.153 super ricchi possiedono quanto altri 4,6 miliardi di persone. Mentre il 50% più povero ha meno dell’1% (leggi articolo)

Il filosofo Diego Fusaro nel suo "Glebalizzazione: la lotta di classe al tempo del populismo" arriva a proprorre la categoria di "globalitarismo" sottolineando gli aspetti violenti ed egemonici di questa politica tutta incentrata nel magnificare il modello a stelle e strisce proiettandosi con "guerre umanitarie" nel paesi ancora sovrani e erodendo i diritti e le posizioni economiche degli abitanti dell'Occidente, portando alla smobilitazione dello stato sociale e di diritto, in Europa in primis. In questo passaggio forse è bene ricordare i fatti di Genova nel 2001.

Il movimento critico verso la globalizzazione dei più forti venne infiltrato da provocatori e frange estremiste finì per essere massacrato, arrestato, pestato e torturato (fatti della caserma Bolzaneto, per un sunto essenziale si legga: https://it.wikipedia.org/wiki/Fatti_del_G8_di_Genova). Venne dato chiaramente il segnale che l'opposizione democratica e pacifica effettiva e capace di un pensare alternativo non era più tollerata. Che fine hanno fatto i fantasmagorici "black bloc"? Una volta serviti al bisogno di screditare il Social Forum e innescare le violenze sono spariti silenziosamente.

Nella lucida ricostruzione di Fusaro, dichiaratamente ispirata ad un rinnovato marxismo, alla globalizzazione americana dei mercati con la costituzione di una classe dominante cosmopolita e ricchissima, corrisponde una GLEBALIZZAZIONE dei lavoratori, siano essi operai, impiegati, artigiani. Lo strapotere di questa nuova elite mira a rendere possibile la diffusione delle loro imprese speculative in tutto il mondo, erodendo progressivamente diritti e posizione economica dei ceti dominati. Indipendentamente dalla loro origine sociale chi non partecipa all'elite globalista viene compresso in un "non classe" precarizzata e supina ai diktat dei dominatori. Il predominio è innanzitutto un predominio culturale, per cui media, intellettuali, politici si professano tutti a favore del mercato globalizzato e delle sue spietate ma inevitabili regole. Il fatto stesso di accettare la globalizzazione come inevitabile rappresenta il nostro dogma di fede, dove invece l'unica possibilità di lottare per avere più equità economica e ridistribuzione della ricchezza è individuata da Fusaro nell'ambito prettamente nazionale.

In questa ottica fa un'analisi del populismo come un tentativo di difendere i veri interessi popolari contro le elite ormai cosmopolite e intente solo ai loro affari. Un movimento politico che abbia l'ardire di mettere in discussione l'egemonia del pensiero americano deve riconquistare una visione nazionale e lottare per ridare potere al proprio popolo, mettendo anche in discussione i manatra dell'europeismo che in questa visione non è altro che un processo di distruzione degli stati nazionali europei a favore dell'egemonia degli USA e dei suoi alleati. Riprendere il dibattito politico anche sui punti che i passati governi hanno tutti sostenuto, riprendersi la sovranità politica, economica (la nostra moneta), culturale e militare. Da Fusaro, uno dei fondatori di Ancora Italia, viene la proposta per un nazionalismo democratico e socialista, che mira a ridare dignità alla gente, diritti e reddito.

La lettura non è delle più facili, sia per il lingaggio ricercato e spesso creativo, sia per le citazioni dotte con oltre 50 pagine di note a seguire. Di certo un libro valido per interrogarsi sulle categorie interpretative della storiografia e della politca dominante, utile per aprire uno spazio di critica e un tentativo di costruire un efficace modello interpretativo e predittivo del reale.

#diegofusaro #globalizzazione #glebalizzazione #populismo #corporation #multinazionali #globalitarismo #america #USA

mercoledì 14 luglio 2021

La ricerca dell'anima di Antonio Ligabue, artista italiano

Ho potuto godere la mostra di Antonio LIgabue a Ferrara lo scorso fine settimana (terminerà domenica prossima per spostarsi in un'altra città italiana). Condivido le riflessioni che mi ha suggerito, ringraziando per il bell'allestimento, la vasta scelta, la frecura e la possibilità di fotografare la mostra, questo è un modo concreto per divulgare la cultura.
Forse intuisce qualcosa di fondamentale Anatole Jarowkky, critico d'arte francese, parlando delle capacità intuitive di comunicazione col mondo di Antonio Ligabue. Una sensibilità pagata cara, con un'infanzia segnata dall'affido ad una famiglia svizzera, il rachitismo, la morte della madre e dei fratelli, la rabbia verso il padre ritenuto responsabile e poi, appena ne ebbe l'età, quel vagabondare senza sentirsi mai a casa. Per non parlare dei ricoveri in ospedale psichiatrico, ben tre. Momenti di serenità e ispirazione lo raggiungono quando si immerge nella natura, nel lavori dei campi e nell'accudimento degli animali. Il rapporto col mondo animale era concreto e basato sulla sua esperienza come pastore, garzone, bracciante.
Nelle sue opere giovanili le campagne e monti svizzeri sono ricordati con dovizia di particolari. Cresciuto da una famiglia di lingua tedesca patirà poi un secondo spaesamento quando sarà costretto a tornare in Italia, di cui non coscoe la lingua e le abitudini. Ma la campagna e gli animali selvatici restano il suo interesse principale. Il disegno e poi la pittura e la scultura in bronzo diventano per lui un linguaggio esistenziale, indispensabile, attraverso cui manifestare il proprio mondo interiore e cercare una qualche conciliazione con la durezza della sua vita.
Osservate questo scontro tra cervi maschi: una muta di cani li circonda e li assalta mentre loro sono intenti nel loro duello e sembrano ignorare la minaccia. Imponente si staglia la carrozza postale trainata da poderosi cavalli. Mancano i cacciatori che spieghino la presenza dei cani. Sembrano quasi tre elementi, quattro se includiamo i poderosi alberi al centro, simbolici, non legati ad una narrazione ma ad un linguaggio onirico. Possiamo farci suggestionare da tale composizione e iniziare a percepire gli animali, ovvero i "portatori di anima" come i rappresentanti delle passioni che attraversano il pittore.
Ligabue rappresenta spesso scene di lotta tra animali o anche animali che aggrediscono uomini o persino, come la famosa tigre più volte dipinta, l'osservatore, quasi scuoterlo dalla sua situazione di comfort. Ligabue sente una grande rabbia nel fondo dell'anima e questa rabbia si fa a volte aggressitvità: come quando durante l'occupazione del 1943 aggredirà con una bottiglia spezzata un soldato tedesco, di cui era stato l'interprete.
Nel difficile confronto tra il mondo degli animali, maestri delle emozioni, e il mondo degli uomini, maestri del pensiero e dell'astuzia spesso Ligabue sogna la rivincita degli animali: più volte ritrae l'animale vincere sull'umano, il cinghiale sul cacciatore, la tigre sull'uomo. In queste opere leggo la difficoltà a gestire forti emozioni, ad accoglierle ed elaborarle dal piano istintivo a quello relazionale e comunicativo. Introverso e poco propenso alle parole è qui nelle sue tele e nelle sue sculture che cerca una sintesi ed una progressiva elaborazione.
Gli animali sono anche maestri di tenerezza e di amore filiale: i forti cavalli da tiro, le vacche coi loro vitelli, le capre diventano soggetti di realistiche rappresentazioni, sia nei dipinti che nelle sculture. Ligabue tra dalla sua esperienza la conoscenza dei gesti, delle forme e la loro naturale traduzione nei sentimenti corrispondenti.
Antonio non disdegna le figure umane, tracciate con forti contorni neri e campiture di colore pieno che hanno un che di teatrale, di esagerato. Sono però sempre presenti elementi naturali: paesaggi, piante, fiori e insetti. Elementi che nella sua visione sono inscindibili: gli umani sono veramente tali solo nel contatto col mondo naturale

sabato 10 luglio 2021

Commento alla mostra di Andy Wharol al museo civico di Chioggia: fu vera arte? Da Italiano ne dubito fortemente

La Marylin a colori invertiti di Andy Warhol è l'icona della Pop Art e sono stato lieto di poter vedere dal vivo le opere del creativo statunitense nella cornice calda e vissuta del Museo della Laguna Sud a Chioggia. La mostra andrà avanti per tutta l'estate e il costo del biglietto è risibile, quindi si può visitare anche più volte godendosi il percorso attraverso il museo. Questo confronto a tu per tu con Warhol mi ha convinto di alcune cose molto importanti: che per un Italiano è difficile definire arte la sua e che il suo successo fu costruito a tavolino da editori e galleristi di Oltreoceano probabilmente per togliere il monopolio ai galleristi europei fino ad allora indiscusso.
Andy Warhol non fu un vero artista secodo me, perchè arrivo ad un'affermazione così categorica? Un artista secondo me è colui che padroneggia un'arte, che sia pittura, scultura, fotografia o qualsiasi altra. La padroneggia e questo fa di lui un bravo esecutore, per essere un artista deve sviluppare una sua visione capace di declinare nelle sue opere dei concetti universali, gli archetipi: i nuclei fondanti dell'essere umano. Un artista non si limita a lodare e manifestare se stesso ma mette tutto se stesso a servizio di una visione per molti versi superiore a lui, così facendo crea il nuovo. E' un miracolo, una manifestazione della capacità creativa originale che riposa in ciascun essere umano.
Warhol ha attraversato varie tecniche artistiche, ma in nessuna delle opere esposte, specialmente nel confronto diretto col nostro Rinascimento, posso dire che di aver percepito la sua grande preparazione. Non gli interessava, nella società dei consumi americani e del boom del dopoguerra il giovane Andy capisce in fretta che ci vuole ben altro per emergere. Bisogna trovare soggetti e linguaggi che la gente capisca, dargli ciò che desidera ma rendere irrinunciabilmente legato alla propria persona per poter monetizzare questa produzione autoreferenziale. Gli oggetti di consumo, le stesse marche americane famose vengono ritratte in un tripudio del consumismo e della mercificazione. Warhol coglie lucidamente che per l'americano medio questo può essere considerato come prodotto artistico con un mercato ricco e poco esigente. MA io sono italiano, educato alla bellezza e alla trascendenza da secoli se non millenni di civiltà.
Fu così che diede vita alla sua "factory", cioè "industria" dove le opere nascono in serie, magari limitata ma in tutte giganteggia la sua firma. Ho visto alcuni ritratti di Mike Jagger: da un negativo le litografie in cui i tratti del viso vengono parzialmente coperti, ogni copia è mutilata in modo diverso e trionfa gigantesca la firma di Warhol, come se valesse più la firma che l'opera! Ed in effetti fu così, i galleristi americani, appoggiati alle riviste di moda con cui collaborava e alla sua propria rivista Interview creavano la convizione di massa che quella fosse grande arte, che fosse il modo di parlare al popolo americano usando cose a lui note. E noi figli del Rinascimento a cui Raffaello e Michelangelo hanno parlato di emozioni, celesti ispirazioni, proprozioni armoniose, colori perfettamente accostati dovremmo accettare questo raccapricciante scempio ad opera d'arte? Deturpare il ritratto di qualcuno è un modo semplice per rompere le regole non scritte, per rovesciare gli archetipi di come un ritratto dovrebbe essere fatto.
Quando arriva ad usare i filmati Warhol arriva al parossismo: filmarsi mentre mangia un hot dog dovrebbe essere qualcosa di nobile e utile all'evoluzione dello spettatore? Io lo trovo volgare oltre ogni limite, autocelebrativo al pari delle sue scatole di zuppa con etichetta personalizzata. Merce, consumo, mercato di massa, edonismo, egocentrismo di questo parla tutta la sua opera e vederla esposta qui in questo bel museo della vita materiale dei nostri antenati mi dà un certo fremito. Se guardo con quanta cura un singolo attrezzo per costruire barche è stato forgiato e modellato si apre un abisso con questo superficiale e opportunista mdo di rubare l'immagine di altri, vedi Marylin, e farne quel che vuole. Noi Italiani ci meritiamo di meglio, non lasciamoci infinocchiare dall'american way of life ma torniamo a volare alto, con le aquile che hanno fecondato la nostra cultura e insegnato l'arte, quella vera, al mondo per secoli.

mercoledì 7 luglio 2021

La provocatoria installazione InonDant3 in canal Vena a Chioggia

Da fine giugno il Canal Vena ospita una coraggiosa intallazione: decine di braccia emergono galleggiando dall'acqua e in due punti una testa coronata di alloro plastico porta l'inconfondibile timbro di un omaggio al sommo poeta Dante. Ideatori e costruttori di questa opera acquatica sono Sandro Varagnolo, Roberto Doria e Emilio Pregnolato che hanno parallelamente inaugurato una mostra con intrecci danteschi in calle Cipriotto, aperta la sera dalle 21. Senza visitare la mostra e il bel volumetto illustrativo coi testi dei professori Cristina Pappalardo e Franco Fabris l'intera installazione rischia di essere poco capita e goduta. Infatti il colore giallastro delle braccia, il sempre rinnovato dolore dei morti in mare della nostra città e un peculiare rapporto che lega Chioggia ai suoi defunti emergono prepontemente.E anche in questa ambiguità sta secondo me la forza dell'opera. Tanto è vero che gli stessi curatori in un testo poetico inserito nell'opuscolo scrivono :

"Guardaci, siamo le anime dei pescatori morti tragicamente in mare. Il nostro cuore è sepolto negli abissi, ma le nostre anime ai cieli anelano..."

Varagnolo e compagni hanno colto nel segno, hanno saputo dialogare con gli archetipi di riferimento della nostra comunità, coniugandoli con echi danteschi senza senso di inferiorità o accademico rigore che probabilmente avrebbe nuociuto all'efficacia dell'opera che colpisce vivamente, suscitando emozioni che vanno dal disgusto alla curiosità, dall'emozione al desiderio di scoprire di più. Come scrivevo all'inizio dovete completare la visita con la piccola galleria d'arte in calle Cipriotto, dove potrete procurarvi gratuitamente l'opuscolo che spiega e arricchisce tutto il progetto. Altrimenti correte il rischio di portare a casa un'emozione futile e non comprendere il libero percorso, la vera e propria reinterpretazione dell'impulso dantesco.

In calle Cipriotto potrete vedere ancora per qualche giorno (poi partirà per una mostra collettiva) una tela di Varagnolo intitolata "Beatrice" che ritrae una seducente figura femminile che si tuffa nelle profondità dove mani levate sembrano chiamarla. Il coinvolgente erotismo, di cui sappiamo essere ispirato maestro il pittore chioggiotto, tinge addirittura di rosso la figura della ipotetica salvatrice. L'opera è ambigua e provocatoria perchè il personaggio è completamente in antitesi con la Beatrice salvatrice di Dante. La scelta del nudo è assolutamente in contrasto con la descrizione del XXX canto del Purgatorio quando Beatrice compare al poeta nel giardino terrestre, accomiata bruscamente Virgilio e gli si impone come autorevole guida spirituale. Dante in quei versi descrive l'apparizione di una donna su un carro trainato da un pegaso, coperta dalla nuvola di fiori e la paragona a quella del sole. La donna indossa un velo bianco e una ghirlanda di ulivo, nonché un mantello verde e una veste color rosso vivo: anche se Dante non l'ha ancora vista in volto in quanto velata, il suo spirito avverte la potenza d'amore ed egli riconosce quella figura come la donna amata in vita, Beatrice.

Il fatto che Beatrice, come tutte le anime del Paradiso, sia rappresentata vestita e splendente di luce propria non è un dettaglio. Le anime dei dannati e dei penitenti sono nude, ridotte all'identificarsi col loro corpo per aver soddisfatto i piaceri carnali, senza volgersi alla divina sapienza e sviluppare i doni superiori e divini che ogni essere umano può manifestare. I beati invece sono vestiti: ciò rappresenta figurativamente che in vita sono stati in grado di trascendere la loro fisicità volgendosi ai beni supremi e alle virtù mettendosi in contrasto col mondo dominato dal peccato finanche a sopportare il martirio o il completo sacrificio di sè. Beatrice è la rappresentazione potente di un'anima infiammata d'amore spirituale, quella che risuona in ogni persona come Anima Cosciente, capace di avveritre i sottili ma poderosi moti dello Spirito. Il quadro di Varagnolo invece sembra più rispecchiare l'Anima Senziente, quella che ci connette alla nostra natura corporea e che costantemente rischia di "affondare nelle acque", le acque dei desideri e del peccato. In questo senso le mani che chiamano dal fondo potrebbero simboleggiare gli impulsi carnali non ancora superati. Al contrario Beatrice vola sopra tutte le dimensioni infernali fino a farsi strada nel limbo per inviare Virgilio in soccorso di Dante, come un angelo splendente e inarrestabile porta a compimento la sua missione: redimere il poeta e accompagnarlo poi a visitare i Cieli, risvegliando in lui costantemente le verità superiori (questo uno dei sensi del "riveder le Stelle" con cui si conclude ogni cantica).

Pur esprimendo queste critiche ho trovato veramente innovativo e fecondo questo percorso che i tre artisti hanno proposto alla città. Capaci di tirare in ballo Dante, svecchiarlo e incuriosire ad approfondire uno dei nostri retaggi nazionali. Spero vivamente che i tre moschettieri dell'arte chioggiotta non si fermino qui, ma risalendo di canto in canto lungo il testo potente della Divina Commedia si spingano alle più alte vette, confrontandosi sinceramente col salvifico e cristiano messaggio dantesco.

#Dante #dantealighieri #inondant3 #mostra #installazione #canalvena #defunti #sandrovaragnolo #divinacommedia

martedì 6 luglio 2021

Vecchie e nuove iniziazioni

Da almeno 20 anni la "New Age" ci tempesta di corsi e meditazioni per "innalzare la nostra vibrazione", apprendere tecniche di "guarigione spirituale", accedere ad antichissime e dimenticate "iniziazioni". Dallo scimanesimo andino al reiki giapponese, dai mantra buddisti agli Esseni ebraici, dalla Massoneria alle pratiche Wicca. C'è l'imbarazzo della scelta, tutti i nostri pruriti e curiosità possono essere soddisfatti. E perchè non farcele tutte queste pratiche? D'altronde nell'epoca della globalizzazione non è forse la cosa migliore contaminare tradizioni diversissime e far incontrare culture agli antipodi?

Dopo aver passato anch'io questa fase mi sono dovuto rendere conto che questo atteggiamento non era onesto e nemmeno utile a farmi diventare una persona migliore. Non era onesto nei confronti delle antiche iniziazioni perchè ciascuna prevedeva di essere esclusiva e di forgiare la persona perchè potesse innalzarsi poco per volta al di sopra delle passioni che ne tormentavano l'anima, trovare la pace, la serenità e la giusta centratura spirituale con cui interpretare i fatti, non casuali, della vita e trasformarla in un capolavoro di cui essere a pieno protagonisti. Tutte le iniziazioni antiche sono percorsi rigorosi, che prevedono il rispetto di regole (che siano i 10 comandamenti o i precetti dell'Islam) e il continuo sforzo personale.

Dopo aver percorso il Reiki, la lettura dei tarocchi con Jodorowsky, la geomanzia e l'astrosciamanesimo mi sono reso conto che le cose essenziali per la mia evoluzione, la lingua madre a cui rispondeva il mio cuore era il cristianesimo, nella sua corrente mistica e francescana. Ci sono tornato più volte e più volte ho smarrito la strada come Cappuccetto Rosso incuriosita ora da questo e ora da quell'altro fiore. Eppure era lì, sotto i miei occhi, fin da bambino, già nel nome che mi è stato dato. Ho dovuto metterci 40 anni e tante cadute per capire quanto fosse importante per me, la mia strada maestra. Ci è voluto l'incontro con cristiani pieni di fede, non necessariamente cattolici. Da ultimo ricordo Fausto Carotenuto, un ex agente segreto italiano che si è immerso nelle New Age per poi riscoprire il cristianesimo carismatico e sapiente di S.Giovanni.

Le nuove iniziazioni care alla New Age prevedono l'apprendimento di tecniche, uso di simboli e conseguimento di "livelli" opportunamente certificati da bei diplomi stampati e dal costo prefissato. Ma non ti insegnano l'introspezione, la verifica dei tuoi comportamenti, l'esame di Coscienza. Ve lo ricordate? A me era stato insegnato da piccolo: dedicare un po' di tempo alla sera a rivedere la giornata e valutare il proprio comportamento e le conseguenze provocate agli altri. Pensate che persino Rudolf Stenier lo consiglia come uno degli esercizi di base per il vero iniziato cristiano. Gran parte della New Age è passata attraverso gli Stati Uniti, dove tutto secondo me è stato banalizzato e ridotto a merce da comprare. Merce da comprare, il denaro come mezzo per evolvere: ma non si può servire a due padroni, ricordate? o Dio o Mammona, spirito del denaro detto anche Satana....

Eppure siamo in anni di grande risveglio, e forse proprio per questo pieni di inganni luciferici: per poterci cadere dentro e poi ritornare sui nostri passi più saggi, perchè sbagliando si impara e si diventa migliori. Molti credono nella reincarnazione e spiegano così il bisogno di "ritrovare" vecchie strade percorse in altre vite. Ma io che credo in un Piano Divino per ogni essere umano obbietto chese in passato hai avuto bisogno di quella via forse ora hai bisogno di qualcos'altro: perchè cercare lontano nello spazio e nel tempo ciò che le nostre guide spirituali hanno preparato per noi? Il caso non esiste e la sfida quotidiana che la vita ci pone davanti è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per migliorarci.

L'unica nuova iniziazione di cui sento il bisogno non me la può concedere nessun nato da donna, per quanto mi possa stimolare col suo esempio. L'iniziazione attuale è quella della scoperta del potere del Cuore con le sue qualità: l'Amore incondizionato, il Coraggio, il superamento delle passioni, l'accoglienza e la comprensione degli altri, l'Intelligenza infallibile e intuitiva del Cuore. Ma cos'è poi l'Amore che dobbiamo apprendere? Chiediamoci se questa nostra parola o azione ha portate del bene a chi ci sta intorno. Chiediamoci se siamo riusciti a prenderci cura del nostro piccolo mondo migliorandolo ogni giorno: seminando un fiore in più, pulendo quello che altri hanno rovinato, offrendo sostegno alle persone vicine, abbracciando una volta di più i nostri figli.

Questa è la nuova iniziazione che, con calma e al momento opportuno, farà fiorire in noi gli altri doni spirituali di cui gli esseri umani per loro natura sono portatori: vivere le sincronie, fare la cosa giusta al momento giusto, ricevere intuizioni, creare cose belle e armoniose, agire in modo semplice ed efficace in ogni situazone, ascoltare la voce degli alberi e del mare, agire per il bene di un'intera comunità. Aprire il Cuore, far fiorire i petali del Quarto Chakra Anahata ci prepara a incarnare i doni spirituali superiori, che faranno assomigliare sempre più agli angeli.

Provate a leggere con discernimento l'inno alla Carità (=l'Amore) di San Paolo di Tarso.

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità,
sarei un bronzo risonante o un cembalo che tintinna.


Se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sarei nulla.


Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri,
se dessi il mio corpo per essere arso,
e non avessi la carità,
non mi gioverebbe a nulla.


La carità è paziente,
è benigna la carità;


la carità non invidia, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
ma si compiace della verità;


tutto tollera, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.


La carità non verrà mai meno.


Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà;
conosciamo infatti imperfettamente,
e imperfettamente profetizziamo;
ma quando verrà la perfezione, sparirà ciò che è imperfetto.


Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Da quando sono diventato uomo,
ho smesso le cose da bambino.


Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro;
ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente,
come perfettamente sono conosciuto.


Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.

lunedì 5 luglio 2021

Un labirinto sacro nel grano di Montegalda

Dopo quasi tre anni ho onorato l'invito fattomi da Giuseppe e Anita di andare da loro, a Montegalda (Vicenza), a vedere il loro labirinto di grano. Da quasi dieci anni Giuseppe pazientemente riproduce seminando grano in una porzione delle sue belle e verdi terre una copia del labirinto tracciato nella pavimentazione della cattedrale di Chartres. La passione per i labirinti, intesi come cammini iniziatici, gli è arrivata da un gruppo di studio e devozione in un vicino eremo. Visitata Chartres lui e la moglie Anita restarono così colpiti che idearono questo progetto per rendere disponibile sul territorio ciò che avevano goduto là.
La cattedrale Notre-Dame di Chartres, dedicata alla Vergine Maria, è considerata uno degli edifici religiosi più importanti del mondo ed uno dei più perfetti edifici gotici. Grande luogo di pellegrinaggi, principalmente grazie al rinnovato interesse per il cammino di Santiago di Compostela di cui Chartres è una tappa per i pellegrini che vengono per la via di Parigi. Fu edificata nel XII secolo, poi bruciata e ricostruita con la forma attuale col sostegno dell'ordine dei Templari e dei Cistercensi nel XIII secolo. Fu una rivoluzione sia architettonica che religiosa: il nuovo stile proietta l'uomo all'incontro glorioso col divino, celebrando allo stesso tempo Dio padre attraverso Maria e Gesù Cristo ma anche i suoi figli uomini, creatori a loro volta di bellezza e armonia. Nella facciata principale rivolta a ovest si apre il cosiddetto portail royal (portale reale), costituito da tre ingressi affiancati, ornato da 24 grandi statue (oggi ne restano 19) e più di 300 figure che formano una decorazione in armonia con l'architettura della cattedrale. Grandioso esempio di arte gotica, il portale presenta temi metafisici, episodi della vita di Cristo (arcata di destra, con la nascita di Gesù), ma anche i mestieri legati alle stagioni e ai segni dello zodiaco.
Al centro della cattedrale dove la navata principale incontra i transetti laterali si trova un labirinto unicursale (con una sola via d’uscita), una sorta di percorso salvifico, motivato dall'anelito alla trascendenza, ed articolato nel discernere il bene e dal male. Alcuni pensano che il labirinto rappresenti un cammino simbolico che porta l'uomo dalla terra a Dio e il centro della figura rappresenta appunto la città di Dio, altri pensano (seguendo la corrente catara) che sia un Sancta Sanctorum, un percorso che permette il cammino interiore per giungere a Dio attraverso la preghiera e che culmina proprio nella rosa a sei petali che alcuni credono essere l'emblema della preghiera del Padre nostro. Il percorso del labirinto non consiste solo nell'andare verso il centro, ma anche nel ripartire da lì. Il pellegrino è invitato a seguire la linea tracciata davanti a lui, in modo da salire verso il coro della cattedrale, verso oriente, cioè la luce (evitando così un viaggio, spesso pericoloso, verso i luoghi di pellegrinaggio).
L'utilizzo di labirinti come luoghi di iniziazione affonda le sue origini nella preistoria. A quanto pare inoltre sul luogo dove sorge la Cattedrale, circa 4.000 anni fa i costruttori druidici dei cerchi megalitici avevano eretto un dolmen e un pozzo all’interno di un tumulo di terra. Si pensava che un punto sotto la costruzione fosse fonte di energia emanante dalla terra. Queste correnti telluriche montavano e si affievolivano a seconda delle stagioni, e rivitalizzavano chiunque ne venisse in contatto. In Italia forse il più noto labirinto si trova nel pavimento mosaicato della basilica di San Vitale a Ravenna, forse assemblato contestualmente all'edificio (dunque VI sec.), ma probabilmente rimaneggiato fra Quattrocento e Cinquecento.
Ho avuto il piacere di assistere ad una conferenza sul movimento templare a Montebelluna alcuni anni fa, tenuta dall'antoposofo Fausto Carotenuto. A proposito del famoso labirinto spiegava che le volute che il fedele percorre rappresentano i complessi e spesso contraddittori moti dell'anima, che sembrano portarci spesso fuori strada ma che sono stati accuratamente progettati dalle intelligenze ancgeliche per farci fare il percorso evolutivo migliore, diverso per ciascuno. Così, solo attraverso la profonda conoscenza di noi stessi, possiamo ritrovare il nostro centro, l'anima cosciente che è in collegamente diretto col nostro Spirito e tramite questo con tutto il mondo spirituale che possiamo portare con noi e manifestare sul piano fisico (questo è "il percorso di ritorno") fino alla fine del nostro tempo sulla Terra.
Ma cosa troverete al centro del labirinto? 6 nicchie ("la rosa di Chartres") che richiamano le qualità per raggiungere Dio e manifestarlo nella propria vita. Tornando al nostro labirinto nel grano, visitabile da giugno a settembre, Anita ha seguito l'interpretazione per la quale ogni nicchia accoglie un'ispirazione tratta dal Padre Nostro e ha realizzato delle piccole opere d'arte per offrire spunto di meditazione al pellegrino. Non vi svelerò cosa dicono perchè incontrare Giuseppe e Anito, visitare il loro meraviglioso parco, la casa sull'albero e affrontare il labirinto è un'esperienza che vale assolutamente la pena. Come fare? Chiamate e fissate un appuntamento al 347 898 4065.

Fonti:
Wikipedia
Conferenza di Fausto Carotenuto
https://pinocangemi.wixsite.com/essenica3/chartres-storie-leggende

sabato 3 luglio 2021

La guerra dei Topi

Storia ispirata dalla visione dei lavori di Elisabetta Pappalardo al mulino sul Caglieron. Giugno 2021

La guerra dei Topi

Un secolo era passato dai Paralipomeni del Leopardi e la memoria dell'ultima guerra tra Topi e Rane era già svanita. I Topi si erano moltiplicati e avevano colonizzato nuove terre nelle città brulicanti degli Uomini. Si nutrivano dei rifiuti nelle fogne e nelle discariche ma anche delle primizie rubate dalle dispense. Gli Uomini inventavano trappole e veleni da usare contro di loro ma i Topi inarrestabili si riproducevano inarrestabili. La loro convivenza con i bipedi si fece sempre più simbiotica tanto che i Topi di città arricchirono il loro linguaggio e iniziarono a imitarli. Quando nel 1914 si sparse per il paese il dibattito incendiario tra guerrafondai e pacifisti anche i Topi di città iniziarono a dibattere con i pacifici Topini di campagna e, per imitare gli Uomini, decisero di imparare anche loro a fare la guerra. Osservarono cauti i preparativi, i reclutamenti e le marce e così si organizzarono anche loro in battaglioni con canti di guerra e specialità: i Topi assaltatori, Topi genieri, Topi scalatori... Ma ora mancava l'ultimo ingrediente: trovare un Nemico.

Solo attraverso la costruzione di un Nemico il loro sforzo sarebbe stato coronato e le proteste che serpeggiavano tra i ranghi sarebbero state zittite. I Topi, armati di aghi, stuzzicadenti, cucchiai e bottoni per prima cosa si scagliarono a reggimenti compatti contro i Gatti di città che presto preferirono evitare ogni scontro, visto che gli Uomini li nutrivano ugualmente. Questi ultimi erano tutti infervorati dalla loro Guerra. A quel punto i Topini di campagna convinsero i Topi di città a far la guerra alle Rane per conquistare tutte le campagne e i fossi. La Grande Guerra divampava e gli Uomini inventarono persino macchine volanti con cui bersagliare il nemico.

I Topi affascinati decisero di dotarsi anche loro di una efficace aviazione che avrebbe tolto il vantaggio acquatico alle rane. Intavolarono trattative con i temibili Aironi che accettarono di aiutarli in battaglia. I Topi allora iniziarono a battere la riva dei fossi stanando le Rane e costringendole a rifugiarsi nelle acque più profonde. A quel punto un intero stormo di Aironi maggiori, garzette, aironi cenerini e rossi piombò dall'alto facendo incetta degli anfibi spaventati. Quando la carneficina si concluse gli Aironi si finsero in difficoltà e chiesero a gran voce aiuto ai Topi che esaltati dalla vittoria si slanciarono nell'acqua lasciando cadere le loro armi improvvisate.

Quale fu la sorpresa quando gli Aironi iniziarono a divorarli! I Topi fradici protestarono squittendo ma ricevettero solo le beffe degli Aironi: "Come potevate pensare che vi lasciassimo signoreggiare? Siamo noi i signori delle campagne e del cielo!". Grande fu quel giorno la strage che ancora oggi viene tramandata di Topo in figlio.