Raggiungo il Ponte di Piave e lo attraverso. Mi fermo a guardare dal parapetto, regalo al fiume alcune gocce di fiori di Bach e soppeso incuriosito la folla di bagnanti: quel pescatore in mezzo al fiume sembra proprio fuori posto tra mamme, bimbi, lettini, ragazzine spalmate di crema, giovani che giocano a palla sui sassi bollenti. Son di buon umore, anche oggi attraverso la Piave: vorrei proprio che il mio viaggio oscillasse di qua e di là. Nel trevigiano e forse anche nel veneziano si sente forte la differenza, se non la rivalità, tra chi vive a Sinistra o a Destra (quella orografica... non quella politica!) della Piave. La frattura si deve essere consolidata con l'occupazione austroungarica del 1917-18 ma probabilmente è precedente. Io sento le rive un po' polarizzate: a Sinistra più femminile, inquieta, ricettiva, creativa; a Destra più maschile, conservatrice, concreta, prevedibile.
La sapete quella canzoncina:
Di qua, di là del Piave
ci sta un'osteria.
Là c'è da bere e da mangiare
ed un buon letto da riposar.
E dopo aver mangiato,
mangiato e ben bevuto.
Oi bella mora se vuoi venire,
questa è l'ora di far l'amor.
Mi si che vegnaria
per una volta sola.
Però ti prego lasciami stare
che son figlia da maritar.
Se sei da maritare
dovevi dirlo prima.
Sei sempre stata coi vecchi Alpini,
non sei figlia da maritar.
E dopo nove mesi
è nato un bel bambino.
Sputava il latte, beveva il vino,
l'era figlio d'un vecio Alpin.
Mi piace e mi mette di buon umore perchè parla d'amore, anche se un po' garibaldino, e non dell'eroismo machista che soffoca la generosa e multiforme natura della Piave. Anche per questo insisto e mi educo a chiamarla al femminile, come si faceva in dialetto prima della guerra (la Grande Guerra, che qui in Veneto spesso sembra sia appena finita), quando la lingua italiana e il mito guerriero vollero virare il sesso del fiume dalla parte "giusta".
Riprendo il cammino in allegria, all'uscita del ponte incontro un matrimonia strombazzante: saluto e l'auto degli sposi mi suona. Che bello poter realizzare in se stessi un'unione equilibrata tra la propria pare femminile e quella maschile. Probabilmente questo viaggio mi serve anche a far pace con la mia parte intuitiva, femminile, amorevole. Imparare a prendermi cura di me senza essere divorato dal bisogno di appoggiarmi ad una donna-madre. Cammino cammino ed ecco che scorgo un'altra immagine simbolo di una sintesi interiore: un fiore-drago. Una casetta porta sulla facciata un medaglione scolpito, con la fantasia vedo entrambe le figure (il fiore, la testa di drago). E' proprio ora di smetterla di ucciderlo sto drago, bisogna abbracciarlo e trasformarlo mutando noi stessi. Alchimia.
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