“Ciao mamma! Vado a pescare sull'argine!”
gridò Lucio sfrecciando per la cucina. Sua madre fece appena in tempo chiedere se aveva fatto colazione che la porta si richiuse sonoramente. La giornata splendeva dopo un acquazzone notturno. La scuola era finita e Lucio non vedeva l'ora di riprendere la sua vera vita: vagare per campi, canali e argini.
Mentre sua madre protestava lui aveva già inforcato la bici blu e si era lanciato a precipizio per la strada. Cavalcava la sua mountain bike divorando la strada e godendosi l'aria tra i capelli castani. In spalla aveva la canna da pesca e uno zainetto con l'indispensabile: coltello, esche, ami, biscotti al cioccolato e acqua.
Da settimane sua madre gli aveva proibito di andarsene lontano da casa per rinchiuderlo a studiare. Quando suo padre era via, perchè lavorava sulle piattaforme in alto mare, lei cercava sempre di tenerlo a casa, a studiare, giocare o guardare la televisione. Ma ora Lucio non voleva più saperne.
Senza rallentare tagliò per il viale alberato che portava all'argine, zigzagando le pozzanghere sullo sterrato. Lucio cantava a squarciagola “Si sta bene quiii, seduti in riva al fossooo...” del suo idolo Ligabue, che ascoltava sempre con Italo. Scalò la salita dell'argine alzandosi sui pedali.
Superata la vecchia idrovora la strada svoltava bruscamente assecondando l'ansa del Po di Goro. Posò lo sguardo sulla golena e poi verso i campi. C'era qualcosa di strano, come se mancasse qualcosa... come se il cielo fosse troppo schiacciato sull'oro del grano e sul verde del mais. Rallentò, inquieto. Poi si accorse:
“Oddio è caduta la Rovra!”.
La vecchia quercia era come una persona di famiglia, da sempre suo padre lo portava qui, specie quando stava male. Lo faceva sedere appoggiato al tronco a chiacchierare. E il giorno dopo la febbre era passata, il mal di denti sparito. Era un posto sacro ma familiare e accogliente.
Lucio si fermò incredulo: i rami più alti lambivano la strada. Un'altra bicicletta rugginosa era ferma lì. Scese l'argine sfiorando di tanto in tanto i rami spezzati. Tra le radici divelte il vecchio Agostino, detto Tino, stava girovagando con lo sguardo fisso a terra.
“Tino! Cos'è successo?”
“Stanotte la Rovra ha ceduto di schianto”
“Ma era tanto forte e massiccia!”
“Da quando hanno alzato l'argine, coprendo le radici, è andata peggiorando ogni anno”
“Cosa possiamo fare?”
“La quercia è morta, viva la quercia”.
“Come parli Toni? Cosa vuol dire?”
“Da due anni cerco di far germogliare le sue ghiande per piantare le sue figlie qua attorno ma finora son tutte marcite. Ne stavo cercando altre per provarci ancora”.
“Ma ci metteranno tantissimi anni a crescere!”
“Lo so, la Rovra aveva conquecento anni, ma se riesco a piantare qualche ghianda oggi... forse i nipoti dei tuoi nipoti potranno avere un'altra Rovra che li protegga...”
“I nipoti dei miei nipoti...ma noi non ci saremo allora...” balbettò Lucio.
“Caro Lucio, gli alberi si piantano sempre per i nipoti! Mi dispiace non averlo fatto prima. Quanto vorrei trovare delle belle ghiande.... ma quelle nuove non sono mature...”.
Lucio risalì pigramente tra le erbe alte e la sanguinella. Riprese a pedalare guardandosi dietro di tanto in tanto, per controllare che era davvero caduto quell'albero antico.
Arrivato al sentiero che portava al suo rifugio preferito, nascose la bici tra l'erba alta e scese pensoso. Chissà cosa avrebbe detto suo padre alla notizia, sarebbe rimasto male, anzi malissimo. Strano che non avesse mai pensato, come Agostino, di piantarne una. Per la sua nascita aveva piantato un pero.
Qualcuno era passato di recente, bastonando i rovi che cercavano di chiudere i varchi. Il fiume era quieto e l'aspettava come sempre. Preparò la canna da pesca svogliatamente, sistemò il telo impermeabile e preparò una forcella per reggere la canna. Poi si distese nell'erba, ammirando il salice bianco accanto a lui, con quel colore argento sulle foglie viste da sotto. L'odore del Po, dell'erba umida, del salice e del fango lo ristoravano.
Si scosse quando qualcuno scese dal sentiero menando fendenti per farsi largo. Lucio restò stupito riconoscendo Martina, la smilza biondina della classe accanto. Calata in alti stivali di gomma violetti, pantaloncini corti corti e una maglietta rosa. Aveva lo zainetto a tracolla con tanto di … canna da pesca!
“No! Viene proprio da questa parte, speriamo non mi veda” pensò Lucio affondando tra le erbe alte. “Ciao Lucio!”.
Di malavoglia Lucio si sedette ricambiando il saluto con un gesto.
“Sono venuta qui spesso... mi sistemo qua vicino, così magari chiacchieriamo un po' e mi insegni i tuoi trucchi da vecchio pescatore indigeno”.
“Vecchio pescacosa?”
Martina rise.
“Indigeno! Nel senso che sei cresciuto qui e conosci un sacco di trucchi. Io sono arrivata da un anno e ho appena cominciato a pescare. Mi piace avere una scusa per venire tra gli alberi argentati”.
“Sono salici bianchi”
“Ecco... lo vedi quante cose sai... indigeno!”
Martina lo incalzò di domande a cui Lucio rispondeva con fastidio. Quella ragazzina lo aveva sorpreso proprio nel SUO posto e non la smetteva di parlare! A un certo punto Martina si azzittì soddisfatta e si mise a preparare lentamente la sua canna da pesca. Poi lanciò e si sedette a godersi l'attesa e la piccola vita della golena. Di tanto in tanto guardava Lucio e sorrideva.
“Sembri un po' mogio stamattina, è andata così male la scuola?”.
“Mogio? E che vuol dire?”
“Triste, con la faccia triste”
“Mah... la Rovra...”
“Cosa?”
“La Rovra è crollata stanotte”
“Cos'è questa rovra?”
“La grande quercia sull'argine, andando verso la Romea. Era vecchia più vecchia del nonno di mio nonno e grande come il campanile di S.Basilio...” e le spiegò tutto quello che gli aveva detto Tino.
Martina restò pensosa poi disse decisa: “Dobbiamo andare ad aiutare quel vecchio signore e piantare querce per i nostri nipoti”.
“I nostri nipoti? Ma come parli anche tu Martina... sono cose da vecchi!”.
“Ma a te piaceva quell'albero giusto? E non vorresti che altri potessero trovarsene uno così? Vieni con me a cercare!”.
Lucio era indeciso. Martina cominciò a raccogliere le sue cose lanciandogli qualche occhiata coi suoi occhi quasi grigi e luminosi. Si decise a seguirla. Lei cominciò a canticchiare “Per fare un albero, ci vuole un seme...” e aveva una bella vocina, intonata e simpatica.
“Fa troppe domande, però sa anche stare zitta... e le piace pescare e anche esplorare... strana ragazza” pensava Lucio mentre riprendevano le biciclette.
Arrivarono veloci alla Rovra, di Tino nessuna traccia. Il sole era alto e cominciava a fare caldo. Martina scese l'argine correndo per andare a toccare il massiccio tronco, più alto di lei. Lucio invece scese lentamente e rimase stupito quando la vide risalire ... camminando sul tronco caduto!
Lei lo salutò con la mano e continuò la sua esplorazione per poi tornare giù.
“Come sei salita?”
“C'è uno spuntone proprio lì, se ci metti il piede e poi ti attacchi alle pieghe della corteccia riesci a tirarti su, se vuoi ti aiuto...”.
“Ce la faccio!”
Con qualche sforzo anche Lucio salì in groppa al gigante caduto.
“Wow, che meraviglia. E' enorme”.
“Forza andiamo a cercare le ghiande!” lo incitò Martina.
“Non ce ne sono! Non sono ancora maturate” le spiegò Lucio e poi cercò fino a trovare un rametto con le piccole ghiande verdi appena formate.
Martina non voleva darsi per vinta. “Andiamo a cercare qui attorno, forse uno scoiattolo se ne è rubata qualcuna...”
“Ah ah ah... mai visto scoiattoli qui! Guardi troppi cartoni animati!”
In quel momento una bella ghiandaia dai vivaci colori si posò su un ramo vicino e gracchiò il suo richiamo come a zittirli. Li osservò ben bene, gracchiò ancora e poi spiccò il volo planando poco lontano e gracchiando ancora.
“Ci sta chiamando!” esclamò Martina emozionata “Andiamo!”.
Spinse Lucio a scendere in fretta, superando alla svelta le sue paure dell'altezza e poi correndo dove l'uccello si era posato che se ne volò di nuovo sulla Rovra.
Guardando ben bene tra le erbe alte Lucio scoprì una giovane quercia, alta fino alla sua coscia.
“Eccola! Eccola!” esclamò festosa Martina e lo abbracciò forte tanto da farlo arrossire e poi si mise a ballare.
“Vedi che ci parlava quell'uccello! Come nelle fiabe, gli eroi riescono sempre a vincere ogni difficoltà se sono gentili e coraggiosi!”.
Contagiato dall'inesauribile nuova amica anche Lucio si aprì in una bella risata e poi si mise a ripulire la terra vicino alla piantina. Martina corse a prendere il suo bastone, un bel ramo di nocciolo diritto, lisciato e inciso col fuoco. Portò anche carta e penna.
“Piantiamo il mio bastone e lasciamo un messaggio per Agostino! Chissà come sarà felice”.
“Anche mio papà sarà felice!” pensò Lucio. Mentre piantava con un sasso il bel bastone, Martina scrisse: “La Rovra è morta, lunga vita alla Rovra!”.
Sorridendo soddisfatti ammirarono il loro capolavoro. Poi tornano alle biciclette e si salutarono, dandosi appuntamento per una nuova avventura insieme.
Francisco "Amico degli Alberi"
(racconto omaggio alla plurisecolare quercia di san Basilio di Ariano Polesine crollata un mese fa, mi sono preso impegno con alcuni amici di andare a meditare la almento 4 volte l'anno, se ti va ci andremo anche stasera 24 luglio 2013, h 18.30, fammi uno squillo al 328 7021253 se vuoi partecipare a questo o altri incontri)
Salve , vorrei dire che mi dispiace tantissimo per la perdita della quercia di San Basilio . Abbiamo perso un punto di riferimento del nostro bel Delta del Po ..... Com ' era bello andare a vederla , ogni volta si rimaneva meravigliati come la prima volta , con la sua forma imponente che si stagliava sullo sfondo del grande fiume e della campagna circostante .... La cosa grave è che questi monumenti naturali sono assai rari , magari ce ne fossero altri nelle vicinanze .... Che tristezza ! Io non so se sia giusto dare la colpa a qualcuno o a qualcosa per il suo crollo , di sicuro il suo declino iniziò nel lontano 1976 , quando venne colpita da un fulmine e perse numerosi rami . Invece poteva vivere altre centinaia di anni , arrivando anche a superare il millennio !
RispondiEliminaAddio , cara vecchia quercia , mi piacerebbe pensare che lassù il buon Dio ti abbia riservato un posto come alle persone ed agli animali , e che un giorno potremo ancora ammirarti , più bella e maestosa che mai .
Edoardo