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mercoledì 27 giugno 2012

Villa Pisani e l'eredità paesaggistica veneziana

Ecco alcuni passi tratti dal libro "Brenta 2012: la Forma dell'Acqua" che sto scrivendo a partire dagli appunti del viaggio. Presto sarà disponibile gratuitamente scaricabile in formato PDF su www.amicogiardiniere.it. Buona lettura.

22 maggio

Ho attraccato qui a Fiesso d'Artico poco oltre il Municipio, sull'altra sponda, che confina con campi e alberi. Di fronte le case affollate, ma non alte, e una barchetta azzurra e verde attraccata. Il vecchio proprietario viene a svuotarla dalla pioggia, col suo bel maglione rosso, e mi osserva sospettoso di sottecchi mentre sono qui sulla riva opposta a scrivere. Anche oggi un airone cinerino mi ha dato il benvenuto, anche qui nel naviglio. Sembra proprio che abbiano deciso di precedermi e scortare il mio viaggio, come avevo chiesto un mese fa alla garzaia vicino a Chioggia. Ho sfiorato Villa Pisani e la sua maestosa facciata. In quell'architettura tutto parla della concezione del potere dell'aristocrazia veneziana al tramonto. Villa Pisani è un villa degna di un re, la più sfarzosa e studiata residenza, collegata via Brenta a Venezia. Occupa completamente col suo parco una piccola ansa del fiume. Le prospettive, il parco, le vasche interne e le architetture sono studiatissime, come in un teatro di quinte che ingrandisce lo spazio effettivo ma conserva angoli segreti tutti da scoprire.

Sul timpano principale della facciata svettano tre statue: tre figure femminili, probabilmente la fede, la speranza e la carità con due bambini più in alto. La raffinata simbologia dell'èlite veneziana, dedita alla massoneria e ad altre iniziazioni occulte, usava con abilità molti livelli di significato. Le tre statue potrebbero alludere anche ai tre aspetti del divino femminile di antica tradizione: la Dea Bianca (la creatività, in termini cristiani la Vergine), la Dea Rossa (la Terra che nutre e sostiene, ovvero la Madonna col bambino) e la Dea Nera (la trasformatrice, il femminile potente che chiude i cicli, la Madonna della Pietà cristiana). La Serenissima ha vissuto gli ultimi due secoli di declino con invidiabile quiete. Anche la sua fine è stata veloce ed incruenta, come se i suoi dirigenti avessero capito che era finito il loro tempo e che le nuove idee rivoluzionarie e lo sviluppo successivo richiedesse altre strutture sociali, legislative, economiche.

La Repubblica di Venezia ha lasciato una grande eredità nella gestione del territorio. La tutela dei boschi per la produzione di legname era un avanzato esempio di selvicoltura. La rete di canali e lo sviluppo delle attività agricole collegate alle ville nobiliari era capillare. Le magistrature che amministravano le acque e la navigazione erano ben preparate e soprattutto capaci di una visione d'insieme ampia, grande almeno quanto il sistema di affluenti della laguna, che furono regolati e deviati per conservare l'equilibrio complessivo di quel microcosmo delicatissimo che è la laguna di Venezia. Dalla Brenta alla Piave canali, deviazioni, chiuse, argini percorribili per i traini dei burci e la fluitazione del legname. E' una ragnatela di acque interconnesse. Non si può parlare di Brenta senza coinvolgere Bacchiglione, Piovego, canali, laguna ecc. Ogni punto reagisce alle modifiche di un altro punto, proprio come in una ragnatela, non solo nel senso della corrente da monte a valle, ma in tutte le direzioni. La sorgente sento in qualche modo cosa succede a valle. C'è un'acqua sottile che sale dal mare come un filamento che collega tutto alla madre Mare (la mare?).

Il geomante Marko Pogacnik ha scritto pagine bellissime sulla funzione di Venezia a livello mondiale come luogo di equilibrio paradisiaco tra terra e acqua che consiglio caldamente. Senza entrare nella metafisica auspico che si costitutisca un'ente unico di gestione delle acque, con abbastanza competenze e poteri per rendere effettivo un governo saggio dell'insieme. Come si possono pensare opere ingegneristiche che paragonano la laguna ad una vasca da bagno? E' viva come un polmone che respira! E' piena di vita e di habitat unici che solo chi conosce profondamente e con amore può davvero amministrare. Non si può pensare alla “sicurezza idraulica” di Padova senza tutelare le aree umide, ridurre la cementificazione, ampliare le golene e offrire sfogo alle piene, anzi alle brentane come si dice da queste parti. Il respiro dei fiumi sono le sue piene, servono a innumerevoli funzioni ecologiche note, dimenticate o ancora sconosciute. Ci vuole umiltà e attenzione per amministrare un simile patrimonio che è, letteralmente, la vita delle nostre terre.

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