Il più famoso “fiore di Bach” è di certo il “rescue remedy”, ovvero rimedio d'emergenza. La parola rescue vuol dire “recupero” ad esempio di un naufrago. Quindi questo miscuglio di ben cinque fiori serve a “venirci a prendere” quando siamo sotto shock, paralizzati, spaventati, addolorati da eventi improvvisi di cui facciamo persino fatica a capacitarci. Ma facciamo un passo indietro: cosa sono i “fiori di Bach”? Sono comunemente chiamati così 38 essenze estratte con la semplice esposizione al sole di una ciotola piena di fiori. Il dottor Edward Bach, inglese, morto negli anni Trenta, scoprì la correlazione tra sintomi e carattere del paziente, arrivando a ridefinire completamente il concetto di “salute” e “malattia”. Egli infatti affermò che la salute è il nostro diritto di nascita quando seguiamo la nostra vera identità nel suo dispiegarsi. Cercando di sviluppare una medicina che aiutasse a ricordare questa vera identità mise a punto le basi della moderna floriterapia sperimentando e diffondendo questi 38 fiori, che vengono di solito chiamati col loro nome inglese in omaggio al caro Edward.
Il Rescue Remedy è l'unica miscela di più fiori che il dr. Bach ha largamente sperimentato e diffuso ma è anche un esempio di come si possa lavorare con più fiori che collaborano, come una squadra, per risolvere una situazione particolare. Andiamo a conoscere più a fondo i cique membri della squadra col nome inglese, italiano e scientifico (in latino): Star of Bethelhem (Stella di Betlemme, Ornitogallum), Impatiens (Non mi toccare, Impatiens glandulifera), Clematis (Clematide selvatica, Clematis vitalba), Rock Rose (Eliantemo, Heliantemum nummularium), Cherry Plum (mirabolano, Prunus cerasifera). Si tratta in gran parte di fiori che si possono trovare comunemente nelle campagne del nord Italia. La medicina che cercava di sviluppare Bach partiva proprio dalle erbe, dalle cose semplici e alla portata degli amanti della natura. La sua ricerca fa tesoro della dottrina antica delle segnature che cercava di identificare le vere e proprie Virtù delle piante.
Andiamo a conoscere i nostri cinque fiori che miscelati con acqua e brandy (grazie quindi anche allo Spirito che li conserva!) formano l'affiatata “squadra di recupero” (Rescue Remedy). Il capitano è Star of Bethlhem che è uno dei quattro fiori che hanno il compito da fungere da “catalizzatori”, ovvero che vengono inseriti in una miscela di essenze per aiutare a dirigere e armonizzare le vibrazioni degli altri fiori, facendole esprimere al meglio. E' sempre bene inserire uno dei quattro fiori catalizzatori (star of bethlhem, holly-agrifoglio, wild oat – avena selvatica, agrimony-agrimonia) quando usiamo più fiori insieme. In questo caso il nostro capitano ha l'incarico di aiutarci a superare uno shock, a farci affrontare un passo alla volta quello che ci ha preso così di sorpresa riuscendo ad avviare processi di integrazione dell'esperienza in questione (un incidente, il recupero da un'operazione, una brutta notizia, un lutto ecc.).
Clematis invece ci aiuta a non perderci nei nostri pensieri ma portare avanti quei piccoli gesti concreti che ci possono aiutare concretamente a migliorare la situazione. Impatiens ci insegna a prenderci tutto il tempo che serve per farlo ed in particolare a rispettare i movimenti della nostra anima per evitare di affrontare in modo superficiale ciò che è avvenuto. Rock Rose lenisce la paura e scioglie l'eventuale paralisi dovuta a un attacco di panico mentre Cherry Plum aiuta a manifestare liberamente le proprie emozioni senza però perdere la testa o fare gesti spropositati che potrebbero creare ulteriori problemi. La fama e l'efficacia del rimedio sono talmente conosciuti da oscurarne l'origine. Spesso nell'incertezza su quale fiore scegliere si ripiega sul Rescue Remedy “passpartout” ignorando così i grandi benefici che la floriterapia può portare in ogni ambito della nostra vita. Un po' come certo uso della tachipirina o anni fa dell'aspirina. Per lavorare con i fiori infatti ci vuole tempo e conosceza, di se stessi innanzitutto e in questi anni apparentemente affannosi facciamo fatica a concederci anche solo di capire cosa sta succedendo dentro di noi.
I Fiori di Bach, come i sassolini bianchi lasciati da Pollicino, cercano di guidarci tranquillamente alla fonte della nostra salute: l'ascolto della nostra “piccola voce interiore”, la nostra Anima (così scriveva Edward) o, se preferite, il nostro sé superiore.
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