Quando mi sono trasferito in un centro storico lagunare ho messo nel conto di accettarne gli inconvenienti: maree, parcheggi lontani, scomodità dei trasporti. Pago questo prezzo volentieri perché mi sento privilegiato a vivere in questo luogo unico. Amo la città, il riverbero della luce sull'acqua e amo poter prendere la barca a remi ed essere in mezzora nell'ecosistema più complesso e ricco del pianeta. Le lagune infatti sono degli scrigni di biodiversità ed efficienza energetica: trasformano l'energia solare grazie alle acque basse e all'afflusso di nutrienti dai fiumi in un clima temperato e ricco che fa aumentare la produzione di biomassa a 15-20 g al m quadro, contro 1 g delle praterie. Quest'abbondanza si trasforma a cascata in alghe, batteri ecc. arricchisce tutte le catene alimentari (vongole, granchi, granchi e quindi uccelli ecc.).
Io sono cresciuto in montagna e ricordo le nevicate degli anni Ottanta, quando avere venti centimetri in una notte era consueto. Ci si svegliava presto, si spalava la neve, si liberava l'auto, si montavano le catene e si evitava di uscire se non per le cose indispensabili. Qui in laguna molte persone considerano le acque alte qualcosa di estraneo e nemico, ma a me sembra naturale. Se vivessi in una casa (magari anche abusiva) in golena non potrei certo lamentarmi per le piene del fiume! In certi quartieri, in certe isole si avverte ancora nei momenti di difficoltà il risorgere del senso di comunità, di trovarsi tutti sulla stessa barca (che affonda?) e sostenersi con consigli, parole e azioni. Questa spontanea coesione sociale è uno degli ingredienti dell'identità isolana che lo stato di Venezia seppe tradurre in una sistema politico che godette di invidiabile stabilità in confronto ad altre città stato come Milano o Firenze.
Il primo passo per capire cos'è e che funzione ecologica abbia la marea in laguna è rinunciare ai giudizi ma accettare che c'è e indagare le relazioni di causa, effetto e sincronicità. Se rimaniamo fermi nel giudicare il fenomeno (“buono” o “cattivo”) rimaniamo bloccati e non possiamo sviluppare strumenti operativi efficaci. La marea è un fenomeno naturale che mantiene in vita l'ecosistema lagunare con il ricambio delle acque. La funzione di pulizia delle acque marine è quanto mai vitale dato il progressivo aumento degli scoli delle nostre fognature, industrie e barche a motore diesel. Se blocchiamo il flusso delle maree trasformiamo la laguna in una vasca da bagno buona solo a metterci i pesci rossi. Declineranno inevitabilmente tutte le altre squisitezze protagoniste della gastronomia lagunare. Possiamo paragonare la marea e il suo movimento in laguna al nostro respiro: il polmone è la laguna, la marea il flusso d'aria. Il respiro ha ritmi regolari se siamo a riposo, ma di tanto in tanto dobbiamo prendere un respiro un po' più profondo per ossigenarci meglio. Quando invece siamo in attività dobbiamo respirare più velocemente e più a fondo. Oggi l'ecosistema lagunare è sotto grande sforzo e ha accelerato il suo respiro nel tentativo di rivitalizzarsi.
Ma l'acqua alta è sempre stata così frequente e intensa? Disponiamo di dati sistematici di rilevamento delle maree dal 1872. La cosa che colpisce osservando il grafico è che le maree eccezionali (acqua alta) è diventata cosa comune (passando da 2-3 volte l'anno a 30 e più) nel corso degli anni Sessanta, con un aumento continuo. Dunque questo fenomeno naturale è stato stravolto da qualche altro fattore? Cos'è successo negli anni Sessanta di così sconvolgente in laguna? Tra il 1961 e il 1969 è stato scavato il canale dei Petroli, ovvero un canale largo 200 metri e profondo 15-16 metri (in una laguna profonda in media 80 cm) che serve tuttora a consentire il passaggio di navi (petroliere in particolare) dalla bocca di porto di Malamocco alle raffinerie di Marghera. Una "grande opera" di quei tempi che serviva alla scelta politica di privilegiare un certo tipo di sviluppo economico (industriale) senza curarsi sulle ricadute ambientali dannose per la pesca, l'allevamento di molluschi e la tutela della laguna negli anni a venire. Era la logica del tutto subito, quando il boom mondiale dei consumi, di cui siamo stati protagonisti, ci illudeva che le risorse naturali fossero inesauribili e che il petrolio e i suoi derivati (dalla benzina alla plastica) fossero la chiave irrinunciabile della modernità. Quel tempo è tramontato ormai.
Il legame tra lo scavo del canale (e il suo continuo mantenimento), l'aumento del traffico navale, con conseguente moto ondoso, e il maggior ingresso d'acqua marina è evidente ma le scelte economiche e le politiche da esse influenzate le hanno volutamente taciute. Quel canale è una ferita profonda in un ecosistema unico. Una ferita che sta uccidendo la laguna, ma non temete la vita è continuo mutamento e la morte è solo una continua trasformazione: sta nascendo qualcos'altro. Una specie di grande golfo marittimo, che battezzerei il Golfo di Porto Marghera, non più di Venezia che è la prima condannata a soccombere al venire meno delle condizioni ambientali che l'hanno vista nascere e fiorire. Insomma stiamo costruendo qualcosa come il Golfo di Taranto qui in Veneto, buttando via secoli di politica idraulica della Serenissima per la tutela della laguna, che come le valve di una conchiglia custodiva la preziosa perla di Venezia. A me non piace questa prospettiva ma si può ancora cambiare strada. E tu cambieresti?
Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di ecologia olistica
mediatorelementare@gmail.com
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