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domenica 20 agosto 2017
Gioire e soffrire con la Terra
Sapevo che prima o poi un giorno come questo sarebbe arrivato. Da anni il desiderio di mettermi a lavorare sulla terra cresce inesorabile. Ancora ad un livello hobbistico e con tante cose da imparare, ma la strada è segnata e si arricchisce ogni anno. Non dipendo economicamente dal mio piccolo campo e anzi a fare i conti la perdita è netta. Ma è un altro tipo di bilancio e di esperienza quella che cerco, almeno per ora.
Coltivare la terra è coltivare se stessi. E' una disciplina che ti offre continue lezioni. Se qualcuno ha difficoltà a comprendere la legge del karma forse coltivando qualche anno un orto potrebbe farsi qualche idea in più. Raccogliendo e riseminando i propri semi, imparando a progettare e programmare, lavorando il terreno e lottando con le erbe infestanti a cui la disattenzione, i giorni di pioggia o altri impegni hanno concesso troppo spazio.
Le soddisfazioni sono molte: visibili nei frutti raccolti, nel capire se sei intervenuto al momento giusto, nelle forme che hai realizzato, nel contenimento di malattie e parassiti. E dopo la raccolta si apre l'altrettanto appassionante ma anche impegnativa fase di trasformazione e conservazione dei prodotti: salsa di pomodoro, verdure sott'aceto, conserve.
Poi arriva una tempesta, come quella di ieri e ti devasta tutto: grandine a secchiate, vento e pioggia per un'ora si scatenano nel tuo orto e non ti resta che contemplare i resti delle tue piante, perchè ormai le senti profondamente tue. Ieri mi aggiravo stordito, tra il curioso e l'inorridito, per il campo colmo di ristagni d'acqua, piante maciullate, frutti ammaccati. Mi pareva di visitare il campo di battaglia nell'ora del soccorso, senza saper bene cosa fare, compartecipe di tanto strazio. Non ho pianto, ma forse sarebbe stato più semplice e saggio farlo. Invece sono rimasto bloccato con la schiena, forse per la troppa tensione.
Per un momento ho preso seriamente in considerazione l'ipotesi di mollare tutto, chiamare un trattore, far girare tutto e salutare i gentilissimi padroni di casa che mi hanno affittato il terreno e sostenuto. Ma questa passione è più forte e vuole vivere ogni aspetto delle relazione con la Terra, gioire e soffrire insieme e poi maturare esperienza e diventare saggio come il mio ottantenne vicino che ne ha viste tante e domani farà la conta dei veri danni, tratterà con verderame e con tranquillità ripianterà quel che si può, accettando la perdita come un evento naturale che prima o poi doveva succedere. Amare significa anche questo, ed è questo linguaggio che voglio imparare ogni giorno di più.
"Io lo so che non sono solo anche quando sono solo. E rido e piango e mi fondo con il Cielo e con il Fango... che l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente: la passione che fa crescere un progetto, l'energia che si sprigiona in un contatto..."
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