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lunedì 15 ottobre 2012

La funzione ecologica dell'umanità (I)

Verso una visione olistica ed energetica. Parte I

Si sente spesso parlare di funzione ecologica di questa o quella specie animale o vegetale, di quella particolare famiglia di batteri o di quel fungo demolitore unico di un certo materiale. Per arrivare a conoscere le interazione di una certa specie si provvede a sezionare, analizzare, osservare e poi soppesare ogni interscambio con altre specie e con l'ambiente. Alla base di questa visione c'è una visione ispirata al naturalismo darwiniano che riposa ancora su una visione della natura come oggetto di studio: un sistema complesso di interrelazioni da cui il pensiero umano può astrarsi, come se non ne facesse parte, per poi studiarla da fuori. Più a monte si scorge la tradizione filosofica greca (aristotelica in particolare), che cominciò a separare ciò che è umano da ciò che è “naturale”, “originiario”, “selvaggio” costruendo solide mura mentali.

Quando si applica questo approccio alla domanda: qual è la funzione ecologica dell'umanità? Nascono considerazioni che vanno dal banale al grottesco: l'uomo è salito in cima alla catena alimentare, è diventato il predatore dei predatori del mondo animale. Proseguendo in quest'ottica l'uomo è diventato il costruttore di nuovi paesaggi che in “natura” non esistevano. Nella visione catastrofista di molti ambientalisti l'umanità è la distruttrice dell'equilibrio dinamico ma quasi perfetto delle componenti “naturali”. L'uomo dunque è l'estintore? Nel senso che è colui che distrugge, senza neanche rendersene conto spesso, intere specie vegetali e animali e chi sa cos'altro? Che le nostre città attuali e l'agricoltura industriale si diffonda come un cancro nell'ecosistema terrestre è una metafora che ho usato spesso anch'io.

C'è qualcosa di vero in queste accuse che sono utili, a mio avviso, a mettere in crisi il tronfio antropocentrismo che giustifica ogni scempio e devastazione in virtù della capacità dell'umanità di fare questo o quest'altro o del suo desiderio di raggiungere questo o quell'obiettivo tecnico, politico, militare o ideologico. La scuola ecologica pragmatica ha cominciato a sviluppare strumenti per valutare “l'impronta ecologica” di ogni manufatto e azione umana. Aumenta la consapevolezza che ogni intervento porta conseguenze molto più ampie di quelle visibili nell'immediato e che la comprensione delle interazioni della biosfera terrestre (per non parlare di altri livelli ancora) è molto primitiva e quindi si consiglia prudenza e di rallentare la corsa frenetica a espandere e sviluppare tecnologie e stili di vita che sembrano incompatibili con la sopravvivenza stessa dell'umanità e forse dell'intera vitalità del pianeta.

Da visioni come questa si alimenta il processo di decrescita consapevole, comportamenti virtuosi, riduzione dei consumi revisione dello stile di vita consumistico, investimento in tecnologie ed energie “pulite” che stanno offrendo interessanti sviluppi e ampliando possibilità e capacità di sostenere la vitalità del sistema, possibilità di ridurre e combattere l'inquinamento, di rivitalizzare aree depauperate. Il concetto di biodiversità e l'importanza della sua tutela si sta facendo sempre più largo. E ancora si sviluppano filoni di agricoltura naturale, medicina olistica, bioenergetica che sembrano prospettare la possibilità di uno sviluppo armonioso e persino prospero dell'umanità alleata con la “natura”. Da “estintore” a “curatore” di tutti gli esseri del pianeta. Rasserenante visione che mi sembra la premessa a successivi sviluppi.

E' certo necessario disarmare il catastrofismo. Saper dire no al consumismo senza cadere nella polarità opposta del “primitivismo”. Soprattutto continuare a espandere le conoscenze e mettere da parte tutti quei comportamenti distruttivi che a livello internazionale (guerre e sviluppo di tecnologie di distruzione di massa), sociale (conflitti economici, sfruttamento ecc.), familiare (rimando per esempio alle Costellazioni Familiare di Bert Hellinger) sono minano quel processo evolutivo generale che sembra intravedersi e che molti approcci religiosi, mistici e filosofici annunciano o auspicano. Si tratta però anche qui di aprire la visione, di rinunciare progressivamente alle certezze ideologiche o di fede per accogliere realtà sempre più vaste.

Ho usato spesso in questo scritto la parola “visione”. E' stata una ridondanza voluta. Come uomo d'azione e come intellettuale sento necessario sviluppare un quadro d'insieme, per quanto provvisorio e migliorabile, in cui inserire il mio percorso individuale per contribuire allo sviluppo di movimenti evolutivi familiare, sociali e culturali ancor più ampi. E' il motivo per cui ho chiuso un anno fa la mia piccola azienda di giardinaggio e mi sono preso tempo per studiare e portare nel cuore e nella pancia tutte le esperienze, intuizioni e letture degli ultimi anni. Stanotte mi sono svegliato alle tre con l'urgenza di cominciare scrivere (= articolare e condividere) quello che ho maturato.

In questi mesi comincio a distillare in me stesso alcuni punti di riferimento e approcci metodologici che sto mettendo alla prova anche nel mio nuovo lavoro di mediatore elementare. E' tempo, e sta maturando, di un'ecologia olistica che ampli la visione dell'essere umano e allo stesso tempo indaghi le sue interrelazioni con il sistema terrestre di cui fa parte. Sarà una visione aperta alla lettura energetica della realtà e quindi dinamica ed evolutiva. Sarà questo l'oggetto dei prossimi post su AmareLaTerra e la base delle esperienze formative che proporrò in autunno (con AmicoGiardiniere.it e altre associazioni). Cosa intendo per “ecologia olistica” o “approccio energetico”? Intendo la capacità di integrare e sviluppare la consapevolezza che la realtà ordinaria, quella percepibile coi sensi, è solo una piccola parte dell'intero sistema dinamico in cui siamo inseriti. Diciamo che è un po' come la punta dell'iceberg.

Ma cosa c'è sotto? Innanzitutto l'elettromagnetismo, il flusso della luce solare, la gravità e il movimento sidereo terreste a livello planetario. Non possiamo pensare di conoscere veramente e agire consapevolmente su questo pianeta senza capire che la materia è una forma di energia, che vibra a una certa frequenza e che ci sono molte altre frequenze. L'essere umano è una specie di antenna ricetrasmittente di moltissime frequenze: si sviluppano ormai strumenti capaci di valutare la variazione del nostro campo elettromagnetico (del nostro cuore in particolare, che è 100 volte più potente di quello del cervello) in base alle nostre emozioni o dei nostri pensieri. Queste vibrazioni si diffondono e smuovono in risonanza o dissonanza tutto ciò che vibra su quella frequenza. Insomma ci sono fili sottili ma anche grossi cavi d'acciaio che ci collegano con tutto il sistema terrestre. Mi sembra questo la migliore definizione del pianeta, e lo preferisco al suggestivo nome “Gaia”, che pur riconosco su un piano emotivo.

A presto. Buona evoluzione.

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