Da alcuni mesi incrociavo per le più diverse vie la storia della famiglia Da Romano, ed in particolare del suo più famoso esponente, Ezzelino "il tiranno", alleato prezioso dell'imperatore Federico II di Svevia nella pianura padana. Subivo il fascino della sua figura controversa, ammiravo l'audacia bellica, la spregiudicatezza, i successi conquistati con volontà ferrea, la sdegnosa sfida alla morte (languì per 11 giorni rifiutando le cure dopo l'ultima sconfitta). Finalmente ho deciso di cominciare una ricerca che si concluderà la prossima settimana con una visita a Romano d'Ezzelino (VI), castello di famiglia dove venne sterminata tutta la linea maschile della casata. Dal 20 al 26 agosto c'è una rievocazione storica che si conclude col ricordo dell'ultima battaglia e dell'eccidio.
La figura di Ezzelino III è oggi manipolata politicamente: viene indicato come un precursore dello stato regionale veneto, cosa che non credo. Ezzelino fu alleato e vicario imperiale di Federico II, sposò la figlia naturale dell'imperatore Selvaggia e alla sua morte (1250) tentò di consolidare un dominio stabile sulle città comunali sottomesse (Padova fu il dominio più ambito e difficile da mantenere). La sua sconfitta da parte delle forze guelfe che si raccolsero in una crociata benedetta dal papa nel 1259 segnò di certo uno spartiacque: venne a mancare una forte leadership dei ghibellini e pochi anni dopo i francesi Angiò poterono marciare sul regno Normanno di Manfredi, altro figlio naturale di Federico II, mettendo fine all'epopea svevo-normanna e al centro culturale di Palermo. Di certo i Da Romano rappresentano una parte del patrimonio culturale sedimentato in queste terre (da Verona a Treviso, da Bassano a Padova) e credo che fossero, specialmente nella linea femminile, fortemente collegati con le energie di natura che fluiscono dall'altopiano di Asiago.
Ho scoperto con interesse un altro esponente della famiglia: Alberico. Fratello minore di Ezzelino, che riuscì a diventare podestà di Treviso e resse la città per anni, conducendo una politica autonoma che lo portò alla rottura col fratello per poi ricongiungersi negli ultimi anni quando una serie di poteri si coalizzò per distruggere tutto ciò che la famiglia Da Romano significava. Dopo essere stato scacciato da Treviso Alberico fu inseguito e assediato nel castello di famiglia a Romano d'Ezzelino. Cadde prigioniero con tutta la famiglia: le donne vennero bruciate al rogo come streghe, i figli trucidati davanti a lui ed infine martoriato fino alla morte per le strade del suo paese natale. Perchè tanto odio? La crudeltà del fratello Ezzelino era diventata proverbiale ma di certo anche la veloce ascesa della famiglia che in tre generazioni era divenuta da un'oscura famiglia di cavalieri di origine tedesca a una delle principali casate dell'Italia settentrionale.
Un'altra ragione deriva secondo me dall'accoglienza che trovarono presso i Da Romano astrologi e esperti di scienze arcane. Per alcuni anni Ezzelino ebbe a corte l'astrolgo Guido Bonatti, già a servizio dell'imperatore. Interessante anche il legame fortissimo della casata con le popolazioni cimbre del cansiglio e le loro vive tradizioni germaniche: erano cimbri tutte le guardie del corpo della famiglia. Inoltre l'accanimento verso le donne della famiglia suggerisce che proprio il ramo femminile custodisse conoscenze che la Chiesa bollò come stregoneria. Si tramanda che la madre di Ezzelino ricevesse in sogno una premonizione sul figlio che portava in grembo come di una fiaccola che avrebbe incendiato la marca Trevigiana (intesa come terra di confine tra Brenta e Piave). Sempre lei predisse al figlio che sarebbe stato in pericolo di morte se acesse combattuto nei pressi di Axanum (Ezzelino venne sconfitto vicino a Cassano d'Adda e morì a seguito delle ferite). Un particolare che andrebbe inoltre approfondito è che la chiesa di famiglia era presso Onara di Tombolo ed era dedicata alla martire Santa Margherita d'Antiochia. Qui venivano siglati i patti di famiglia come la riappacificazione tra Ezzelino e Alberico.
Ma la donna della famiglia che incarna potentemente il potere del femminile che venne così brutalmente avversato fu Cunizza, sorella di Ezzelino e Alberico. Si sposò tre volte, ebbe molti amanti ma fattosi anziana sciolse dai loro giuramenti le fedeli guardie cimbre e si dedicò ad opere di carità a Firenze, dove si parlò molto di lei e dove forse conobbe Dante. Il poeta la collocò nel terzo cielo del suo Paradiso (mentre confinò Ezzelino nel girone infernale dei violenti): quello di Venere, che raccoglie le anime che seguirono l'amore di Dio senza però riuscire a purificare completamente l'amore carnale. In quell'incontro Cunizza pronuncia una predizione, che suona più come una maledizione, sui nemici della sua famiglia: Feltre, Padova e Treviso. Curiosamente a Treviso il celebre ponte Dante cita proprio un passaggio del discorso di Cunizza censurandone le infauste conseguenze e celebrando la felice intuizione dantesca di non nominare Treviso se non come "dove Sile e Cagnan s'accompagna".
Ma l'accusa più grave che Cunizza sembra rivolgere ai trevigiani, o meglio ai veneti, sembra quella di aver perso le qualità che avevano resa famosa la loro terra come "marca gioiosa et amorosa". Accanto a lei si trova in quel cielo l'anima di Folco di Marsiglia, poeta provenzale che incarna l'amore cortese, ormai dimenticato dalla "turba presente che Tagliamento e Adice rinchiude". Una conferma che un profondo cambiamento culturale stava rompendo una lunga tradizione di celebrazione del potere femminile, potere dell'amore, fu anche il sanguinoso scontro in cui si trasformò il famoso torneo del Castello d'Amore nel 1214. A Treviso si indiceva tradizionalmente un torneo aperto a tutti i giovani cavalieri delle zone limitrofe: divisi in squadre per provenienza avrebbero dovuto assediare un castello di legno protetto giocosamente dalle dame, conquistandone quindi l'amore. Nel 1214 una compagnia di cavalieri padovani venne allo scontro col gruppo di giovani veneziani: la festa si concluse tragicamente con morti e feriti.
Si chiudeva un'epoca che oggi è solo un'ombra sbiadita che cerca però riconoscimento e nuovi interpreti come sostenne con geniali intuizioni Goffredo Parise in "Veneto Barbaro". Oggi è necessario ridare spazio al potere del femminile amorevole, creativo, potentemente legato ai ritmi e alle forze della terra, del ventre, dei genitali che la chiesa cattolica ha deliberatamente demonizzato per esaltare il potere, il pensiero, il predominio del maschio, la condanna della sessualità.
il 26 agosto 2010 è il 750simo anniversario dell'eccidio della famiglia Da Romano. E' tempo di accogliere col perdono tutte le antiche fazioni per ricongiungere tutte le correnti di sangue e cultura e costruire una nuova epoca di pace, amore e prosperità per queste terre.
RispondiEliminaBuonasera, desidero complimentarmi con Lei per la sua importante ricerca storica sulla Famiglia Da Romano. Anch'io, proprio in questi giorni, ne ho concluso amarissimamente una un po' diversa; ma, in qualche modo, strettamente correlata al triste esodo degli Ezzelini. Così, infatti, con un barbaro eccidio nella discendenza maschile, finì anche la dinastia degli Hohenstaufen. Probabilmente, imparentati con i Da Romano, perché anche loro ghibellini di origine germana.
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