Si vis pacem para bellum?
In questo periodo è difficile non parlare di guerra, purtroppo, e spesso viene citata la frase latina “Si vis pacem para bellum”. La traduzione è “se vuoi la pace, prepara la guerra” ed è attribuita allo scrittore romano Publius Flavius Vegetius Renatus, pare vissuto sotto l'imperatore Teodosio nel IV sec. d.C. quello che, per capirci, rese il cristianesimo unica religione ufficiale con apposito editto (Tessalonica 380 d.C.). Pare che Vegetius gli abbia dedicato il suo trattato sulla guerra, riscoperto dagli umanisti alla fine del 1400.
Eppure questa frase avrebbe potuta dirla il pagano Augusto quattro secoli prima perché esemplifica l'unica forma di “pace” concepita dall'imperialismo romano: la superiorità militare. Nella vita privata come in quella di stato l'unica garanzia all'assenza di conflitti è disporre di una forza superiore e usarla spietatamente quando è opportuno. L'imperatore Augusto aveva proclamato la “pax romana” a cui aveva intitolato un tempio, l'Ara Pacis a Roma, nel 9 d.C.
Quando l'imperatore era in guerra le porte del tempio venivano chiuse, quando festeggiava a Roma le vittorie erano aperte. “Pace” dunque come intervallo tra le guerre, che in italiano si dice “tregua”. Per i Cristiani invece la Pace è innanzitutto quella interiore, vero dono di Dio, da cui poi scaturisce un'attitudine al bene che si fa operosa costruzione di relazioni armoniose e quindi pacifiche con gli altri. La Pace non è il contrario della guerra, non è vita passiva ma continua tensione a creare qualcosa di buono e giusto da condividere con gli altri. Allo stesso modo la Luce non è il contrario delle tenebre, ma semplicemente la sua assenza. La guerra dunque manifesta la mancanza di Pace ed è responsabilità di ciascuno di noi costruirla ogni giorno, partendo dalla verità e dalla giustizia.
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