Esiste un problema di rappresentanza oggi in Veneto. Non si tratta di un banale malcontento, ma di una fetta di società, cultura, economia, associazionismo che sta elaborando stili di vita e visioni alternative a quella dominante a 360 gradi e che non trova interlocutori a livello politico. Sono energie costruttive, che cercano di liberarsi da condizionamenti e preconcetti per percepire la realtà in modo più ampio possibile e plasmarla in una direzione nuova, pienamente terrestre. Persone che dedicano la vita a realizzare un'agricoltura in sintonia con la biosfera, a sviluppare il potere di autoguarigione del corpo, a inventare nuovi modi di scambiare e distribuire merci, a smaterializzare interi comparti di produzione e trasporto col relativo impatto ambientale rendendo più efficiente l'intero sistema. Riassumendo stanno cercando di incarnare nuove opportunità evolutive per l'umanità reinserendola armoniosamente nel pianeta dove si sta sviluppando. La politica deve attingere a risposte e pratiche che sono state inventate e sperimentate nella società civile, c'è poca da inventare ma molto da applicare togliendo norme e sburocratizzando le istituzioni che devono essere in modo assoluto al servizio del cittadino, specialmente di quello impegnato per il bene comune attraverso le buone pratiche. La cartina di tornasole della qualità della nostra capacità amministrativa e politica è la gestione dell'acqua e la sua tutela, in osservanza all'inequivocabile e spesso disatteso referendum sull'acqua pubblica. Si potrebbe costruire un intero programma partendo da questo cardine, declinato in tutti i temi anche sociali ed economici.
Io voglio contribuire a dare rappresentanza a queste persone, che sono una minoranza ma che stanno sviluppando l'unica visione veramente alternativa alle vecchie ideologie e ai progetti delle elite economiche dominanti. Pragmatismo, fede, visione di lungo periodo, creatività sono le loro armi migliori.
Sanità
La regione Veneto ha chiuso il bilancio 2014 a circa 20 miliardi di euro. Quasi 9 miliardi di euro erano rappresentati dalle spese sanitarie (ospedali, medici di base, farmaci, assistenza, vaccini ecc.). Insieme alle grandi infrastrutture territoriali (strade e Mose in particolare) la sanità è l'altro pilastro del bilancio regionale e della sua competenza attuale, come previsto dalle deleghe che lo Stato centrale ha conferito alle regioni.
E' ora di un salto evolutivo in questo ambito. Bisogna parlare esplicitamente di “salutogenesi” e non di cura di sintomi che creano "malattie". Dobbiamo concentrarci su come sostenere la nostra salute piuttosto che sul correre dietro alle cure. E' un po' come pensare a curare i feriti di guerra o pensare a fermare la guerra. I cittadini devono innanzitutto pretendere dai Comuni e dalla Regione che garantiscano la migliore qualità ambientale possibile. In un ambiente inquinato non posso sperare di conservarmi sano. Aria, acqua, terra, cibo, campi elettromagnetici e tutto ciò che influenza potenzialmente la salute umana e la qualità dell'ecosistema che ci permette di sussistere devono essere monitorati e risanati laddove siano perturbati, a spese di chi ha creato il danno o della collettività se non fosse possibile ottenere il pieno risanamento.
La libertà del cittadino deve essere accolta e sostenuta anche in campo sanitario. Ogni decisione sulla propria salute e la propria morte devono essere rimessi all'individuo. La Regione deve riconoscere e valutare tutti gli operatori di benessere olistico, terapie vibrazionali, Reiki o altro di cui un certo numero di cittadini attesti l'efficacia nella cura di sintomi fisici. La libertà di scelta nella cura non deve limitarsi a “lasciar fare” ma deve prevedere il sostegno economico a questi percorsi che oggi sembrano alternativi ma che si stanno rivelando a volte molto innovativi ed economici perchè potenziano l'autoguarigione e la consapevolezza individuale permettendo di trasformare abitudini e stili di vita spesso causa di malattia.
Oggi in Veneto, ad opera di una agguerrita e documentata mobilitazione di famiglie, non è obbligatorio vaccinare i propri figli. Questo diritto deve essere sancito in maniera definitiva e devono essere fornite chiare informazioni e studi su tutti i casi di effetti nocivi delle vaccinazioni in tenera età o in età adulta. Il vaccino influenzale di questo inverno dovrebbe averci fatto ben capire i rischi di questo approccio ormai superato. Dobbiamo conservare e rafforzare la salute e non anticipare eventuali malattie. Il fatto che una buona dose di medici e operatori sanitari non si siano vaccinati fa capire quanto esista un reale problema di rappresentanza politica e di rispetto per la libertà di curarsi.
La morte non è una malattia. E' un fenomeno naturale, una data di scadenza della nostra biologia che va accettata. Prolungare ad ogni costo la vita biologica quando mancano le altre caratteristiche di una vita umana è assurdo e costoso. Le persone devono essere aiutate a considerare come naturale questa soglia perchè vi arrivino preparate e con la possibilità di decidere quali e quante cure ricevere in prossimità del trapasso e dove e con chi esalare l'ultimo respiro.
Il parto e la maternità non sono malattie ma fisiologici e delicati processi naturali. Non essendo malattie non dovrebbero essere ospedalizzati, se non in caso di complicazioni. La regione deve sostenere i programmi di consulenza e parto a domicilio, agevolando e fornendo sussidi alle donne che decidono di partorire a domicilio, come già di fa in Trentino e in altri paesi europei.
La propria salute è una responsabilità individuale e come tale deve essere insegnata. Ben più che l'educazione fisica è necessario insegnare e divulgare corretti modi di nutrirsi, di muoversi, di rilassarsi, di meditare, di organizzare il proprio tempo, di intrattenere relazione emotive e sessuali soddisfacenti.
Chi deliberatamente espone la propria salute a grossi rischi non dovrebbe ricevere assistenza illimitata a spese della collettività ma dovrebbe essere messo davanti in modo molto concreto e sonante alle conseguenze delle sue scelte. La regione deve favorire il diffondersi di assicurazioni integrative, specialmente per persone che si espongono volontariamente a gravi rischi per la propria salute sia sul lavoro che nel tempo libero.
L'erogazione del servizio pubblico deve essere aperta a tutti in caso di emergenza ma deve anche discriminare, con diverse tariffe, tra chi contribuisce alla spesa sanitaria, in proporzione al suo reddito, e chi non lo fa.