Mi parlavano da tempo, sempre più insistentemente, dei libri di foto storiche su Mestre e qualche mese fa un'amica ha voluto prestarmeli. Accolgo la sua gentile offerta e la leggo anche come un invito a dedicare attenzione alla storia e allo sviluppo del paesaggio che in Mestre trova un punto di riferimento ma che, a mio avviso, comprende tutta l'area interessata dal sistema fortificato di terraferma: da Mira a Marghera, da Mestre alla Gazzera, da Carpenedo a Campalto, da forte Marghera al porto industriale.
Queste foto raccontano gli anni in cui Mestre e dintorni (Marghera era allora un piccolo nucleo) erano riuniti in un unico Comune e separate da Venezia. Una storia durata dal 1866 (ingresso nel Regno d'Italia) al 1926 quando venne fuso con Venezia dopo essere stato espropriato delle aree del nascente porto Marghera. Anni di orgoglio e speranza, di modernizzazione e di fiducia nel progresso tecnologico, ma anche gli anni della Grande Guerra e dei conflitti sociali.
Queste immagini sorprendono: sembra così lontano quella cittadina così simile all'acquea Treviso con il Marzenego e il canal Salso ingombro di barche. Ho vissuto a Mestre, vicino al parco Bissuola, nel 1994, ai tempi dell'università. Allora mi dava l'impressione di un'accozzaglia di quartieri mal cuciti. La paragonava a Venezia, dove mi rifugivo, e a quelle poche città che conoscevo allora. Oggi invece si scorge un'evoluzione che, pur declinata in modi differenti, sembra suggerire un paesaggio antropizzato unico, una possibile identità territoriale mestrina.
Una città sui generis, capace di unire l'area industriale di Marghera con Mestre, Zelarino con Chirignago. Un comune vitalismo ancor un po' offuscato da una certa nostalgia per ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato o non è più. Una città che deve riconquistarsi la capacità di essere protagonista di un suo sviluppo autonomo. Io non posso considerare un'unità territoriale armonica l'insularità (per quanto violata) di Venezia con la terraferma.
Il legame tra le due è fortissimo, anche per l'origine veneziana di una parte dei residenti mestrini. Eppure sono convinto che entrambe trarrebbero giovamento dallo sviluppo di un'articolazione in identità autonome. Da un lato la Grande Mestre corrispondente all'area del campo trincerato e dall'altra una Venezia che recupera un rapporto dinamico con la dimensione lagunare che l'ha generata.
Alla fine dell'Ottocento Mestre aveva circa 10.000 abitanti. Nel 1931 la “Terraferma” (Mestre e gli altri comuni della cintura più il nuovo Quartiere Urbano di Marghera) contava 53.937 abitanti su un totale di 250.000 nel Comune di Venezia, di cui 163 mila risiedono nel centro storico. Quota 100 mila viene superata nel 1952, mentre il massimo storico si raggiunge nel 1972: 210 mila abitanti in Terraferma, 364 mila nell’intero territorio comunale, 104 mila a Venezia. A fine 2004 il Comune di Venezia ha 271 mila abitanti, Venezia 63 mila, la Terraferma 176.505.I rapporti di forza demografici quindi si sono completamente trasformati.
Guardando l'immagine storica del tram che percorreva la vecchia Mestre mi mi viene da pensare quanto siamo diventati bravi oggi a rendere complicate le cose semplici. Oggi il cosiddetto "tram" a Mestre è un mezzo gommato, con motori elettrici che ha richiesto e tuttora chiede un'enorme lavoro di infrastrutture. Gli agili tram di una volta, succeduti agli omnibus tirati da cavalli, erano così semplici da gestire in confronto. In un viaggio a Lisbona ho potuto godermi quella vecchia invenzione ancora efficace. Ho la sensazione che si sia persa un'occasione sull'altare della modernità a tutti i costi.
Quali sono i tratti di questa nascente identità mestrina? Di certo un punto fermo è il rapporto con il sistema fortificato: la gestione delle aree verdi attorno ai forti e le destinazioni d'uso dei fabbricati segnerà il futuro delle comunità locali che compongono Mestre. Secondo: la riconversione dell'area industriale di Porto Marghera . Terzo: lo sviluppo e l'integrazione dei boschi e dei parchi con i brandelli di paesaggio agrario e lagunare. Quarto: la riapertura del Marzenego e il rilancio delle connessioni fluviali con la laguna.
Parteciperò attivamente, sia come professionista che come membro dell'associazione Amico Giardiniere all'evoluzione di questi scenari. Sono fermamente convinto che qui, in questa "Nueva Mestre", nascerà il più grande laboratorio creativo per inventare nuovi modi sostenibili di intendere i paesaggi densamente antropizzati, quelli che una volta si chiamavano "città" e che sono diventati tumori grigi nella biosfera terrestre.