Nel 2008 lavoravo come giardiniere responsabile di una villa. Un giorno, lavorando all'attuale confine nord della proprietà, mi fermai ad osservare una scena singolare. Il vecchio cancello di ingresso, che oggi si affaccia su una trafficata provinciale, era ostruito da alcuni ligustri ormai alti alcuni metri, come a sigillare e proteggere quella zona così trascurata del parco. Più oltre si ergevano le ampie e imponenti serre di un noto produttore e venditore di piante annuali, come le comuni viole pansè. Una produzione in serie, a bassi costi, con le migliori tecniche di coltivazione europee: concimazione liquida sui banchi, recupero acque di scolo e pluviali, riscaldamento di enormi serre con cippato di legna. Una fabbrica di piante, tutte uguali, perchè come tutti i prodotti industriali devono sottostare allo standard.
Per me che amo boschi e giardini all'inglese, piante vetuste e segnate dalla loro propria storia è difficile capire il senso di questa massificazione. Una pianta a me sembra più bella per la sua unicità, per la forma che ha preso in un certo luogo, la relazione con quelle vicine. Lo sviluppo del mercato vivaistico ha abbassato i costi delle piante “di moda” e ha permesso di rendere normali consumi che una volta erano di lusso. Diventa normale ricomprare ogni anno nuove piante da balcone, d'altronde nei nostri nuovi e minuscoli appartamenti non c'è più spazio per riporre i vecchi geranei a svernare. Appena le piante si “rovinano” si buttano e si cambiano. Come per i vecchi elettrodomestici: spesso ripararli costa più che comprarli nuovi e con sempre nuove (utili?) funzionalità.
In quel momento ho desiderato che esistesse almeno un posto al mondo dove le piante malconce o abbandonate per ragioni di spazio (ad es. un trasloco) potessero essere affidate a persone che le amassero e le curassero. Ho sognato un ambulatorio per le piante dove fosse possibile portare i “malati” e ricevere una diagnosi e consigli su come intervenire. Un posto che non vuole venderti nulla, ma che ti offre un accesso facile a quel sapere unificato che è l'arte di coltivare le piante e farle prosperare. E' un sapere “unificato” nel senso che non c'è distinzione tra teoria e pratica ma un continuo sperimentare: un flusso di esperienze che allarga le capacità di interpretare con l'intervento migliore la situazione specifica. Non si presentano mai due casi identici, ma molti simili sì.
Sono contrario all'accanimento terapeutico e, quando sono al lavoro, non esito a consigliare l'abbattimento di un albero pericoloso o di estirpare una pianta ridotta al lumicino. Le mie esperienze con le piante mi hanno fatto accettare sempre più la natura ciclica dei fenomeni che chiamiamo “vita” su questo pianeta. Cicli di nascita, crescita, maturità , deperimento, morte, decomposizione. I nostri corpi materiali sono tutti sottoposti alle stesse leggi e il loro destino è di consumarsi. Ma gli altri corpi sottili, troppo spesso negati o sviliti, non seguono le stesse leggi del corpo e un volta compresi possono agire beneficamente anche sull'involucro materiale. Anche le piante hanno corpi energetici non visibili pur non avendo solitamente la complessità degli esseri umani.
In oltre tre anni quel desiderio si è ripresentato più volte. Prima ero dipendente, poi in proprio e quindi ancora più dipendente dai flussi del lavoro stagionale. Adesso non so bene cosa sono ma ho deciso di essere libero e di vivere rispettando sempre più la mia sensibilità, come consiglia il buon dottor Edward Bach che di piante e di uomini ne sapeva assai. Ho deciso di realizzare questo sogno: entro un anno voglio aprire un ricovero per le piante dove accogliere quelle malconce o abbandonate o buttate via. Se poi la cura avrà un effetto positivo i proprietari potranno riprendersi la pianta pagando il conto, oppure le piante potranno essere donate o affidate in cambio di un contributo. Se la cura non dovesse funzionare il vegetale continuerà il suo percorso e verrà compostato.
Il motto di questo (primo?) ospedale pubblico per le piante sarà: “La pietra scartata dal costruttore è divenuta testa d'angolo”.