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lunedì 19 febbraio 2024

Sintesi degli studi nazionali sulla dispersione scolastica

Sintesi degli studi nazionali sulla dispersione scolastica a cura del prof. Francisco Panteghini

Aggiornamento 19 febbraio 2024

Introduzione: come nasce questa relazione

Insegno da 3 quadrimestri all'itis Righi di Chioggia e ho visto impotente sparire ben 4 studenti che hanno abbandonato la frequenza. Facendo la statistica del 2022-2023 sono 3 studenti su 63, pari al 4,7%, un dato molto più alto del dato regionale complessivo per il 2023 che è 1,42%. Dei miei studenti uno ha lasciato dopo 2 mesi di scuola per andare a lavorare ed essendo maggiorenne aveva completato l'obbligo. Un altro in crisi nera con la scuola e la famiglia ha iniziato a rifiutare anche violentemente di venirci a fine primo quadrimestre. Altri due si sono resi conto che al secondo quadrimestre non avrebbero recuperato e hanno mollato. Il tema quindi della “dispersione” mi è purtroppo noto e molto caro credendo fermamente nel valore del servizio pubblico secondo il dettato costituzionale. E' utile notare che il termine dispersione sia di stampo ingegneristico e si ispira alla dispersione del calore mentre si trasporta l'energia da una parte all'altra. Trovo più corretto parlare francamente di abbandono scolastico. A dicembre ho chiesto di unirmi alla apposita commissione del mio istituto che aveva il compito di gestire un progetto PNRR. Al primo incontro ho capito un po' come funzionava ma non sono stati purtroppo condivisi i dati del fenomeno a livello locale o di istituto, quindi mi sono messo a studiare la documentazione disponibile dall'USR Veneto. Mi stavo accingendo a redarre questa relazione quando, alla mia seconda riunione ai primi di febbraio la commissione è stata dimezzata ed io escluso. Mi è sembrato comunque utile condividere questa sintesi del mio lavoro di studio e soprattutto i link alle fonti che trovate in appendice. Se volete segnalarmi altre ricerche o buonepratiche utili non esistate a scrivermi a storiacorsara@gmail.com.

Rapporto regionale USR Veneto 2022-23 sulla dispersione scolastica

Il rapporto dispersione è stato scaricato 195 volte in 6 mesi: mi sembra un dato di scarso interesse sull'argomento o forse si ritiene di conoscere abbastanza bene la materia riferendosi solo alla propria personale esperienza di docenti o dirigenti? Il report sull'educazione parentale ha avuto 296 scaricamenti. Se si analizza nel dettaglio quanto accade all’interno dei tre diversi percorsi scolastici, si rileva che negli Istituti Professionali del Vento la percentuale degli studenti frequentanti che interrompono in corso d’anno la frequenza è pari al 2,74%, percentuale inferiore a quella rilevata nell’anno scolastico 2021/2022 che si attestava al 3,03%. Tale percentuale diminuisce ulteriormente negli Istituti Tecnici (1,39%) e nei percorsi liceali (0,95%). Il limite di questo dossier è che sciorina dati statistici e grafici senza però indagare le cause del fenomeno, semplicemente definendolo in termini quantitativi e per aree provinciali. E' comunque un punto di partenza utile. Per quanto riguarda gli Istituti Professionali, la provincia con la percentuale maggiore di interruzioni di frequenza risulta Rovigo con l’8,12%, in aumento rispetto al dato rilevato nell’anno scolastico 2021/2022 che si attestava al 6,54%. Più elevati rispetto all’anno scolastico precedente sono anche i dati relativi alle province di Verona (2,74%, +0,28%) e Vicenza (2,43%, +0,29%). Per le province di Padova, Belluno, Treviso e Venezia vi è invece una diminuzione degli studenti che hanno interrotto la frequenza rispetto all’a.s. 2021/2022.

Le province di Padova, Rovigo e Venezia registrano la percentuale maggiore di studenti degli Istituti Tecnici che hanno interrotto lo studio durante l’anno scolastico, rispettivamente con l’1,69%, 1,64% e 1,57%. Rispetto all’anno scolastico precedente, è la provincia di Venezia che registra l’aumento più importante (+ 0,2%). Per le province di Vicenza, Verona e Treviso vi è invece una diminuzione degli studenti che hanno interrotto la frequenza negli Istituti Tecnici rispetto all’a.s. 2021/2022 . In tutte le province si rileva la percentuale maggiore di studenti frequentanti i Licei che si assesta, a livello regionale, al 45,54%, al di sotto comunque della media nazionale del 51,10%. L’istruzione liceale resta il percorso scelto dalla maggior parte degli studenti del Veneto ad eccezione delle province di Rovigo e di Vicenza in cui la percentuale maggiore di studenti frequentanti si registra negli Istituti Tecnici. Analizzando i dati sull'ammissione e superamento dell'esame di stato finale, si vede che a conclusione dell’anno scolastico 2022/2023 la percentuale degli studenti con esito positivo (ammessi alla classe successiva e diplomati all’Esame di Stato) è pari all’88,03%, mentre la percentuale di studenti con esito negativo (non ammessi alla classe successiva, non ammessi all’Esame di Stato, non diplomati), è pari al 6,09% degli studenti. La provincia di Rovigo ha avuto la percentuale maggiore di studenti con esito negativo: 6,43%.

La classe in cui si osserva la percentuale più elevata di non ammissioni (bocciature ndr) è la prima con il 10,39% di studenti non ammessi alla classe successiva. La percentuale di studenti che termina l’anno scolastico con esito negativo diminuisce progressivamente dopo la classe prima, attestandosi al 3,04% nella classe quinta. Sopra la media regionale del 6,09% si rileva la percentuale di studenti con esito negativo che hanno frequentato gli Istituti Tecnici (8,15%) e gli Istituti Professionali con il 7,31%; questi ultimi registrano un aumento percentuale rispetto all’anno scolastico 2021/2022 (+0,58). Nei Licei si osserva invece una percentuale di studenti con esito negativo inferiore alla media veneta pari al 3,96%. Interessante notare che in relazione al genere, i dati evidenziano che il 64,17% degli studenti non ammessi alla classe successiva è di genere maschile e il 35,83% femminile. In riferimento agli studenti scrutinati, la differenza fra i non ammessi di genere maschile e femminile del Veneto risulta essere del 4% circa: 8,63% di maschi e 4,92% di femmine. Il dato conferma quello riferito all’anno scolastico 2021/2022. Quindi 2/3 degli studenti che abbandonano la scuola sono ragazzi e su di loro e le loro motivazioni dovremmo insistere soprattutto negli istituti a vocazione nettamente maschile. I dati grezzi forniti dall'USR fotografano le situazioni così come segnalate dai registri delle scuole, dagli esiti degli scrutini ecc. Manca in questa relazione il prezioso lavoro di ricerca sulle cause del fenomeno che, per fortuna, è stato svolto a livello ministeriale con l'ottimo studio commissionato dall'Autorità garante dell'infanzia e dell'adolescenza intitolato “La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale” (link in bio, veramente un lavoro fondativo a mio avviso delle azioni contro l'abbandono) e altri ottimi contributi di riviste specializzate tra cui segnalo per completezza e passione Le Nius.

Il fenomeno della dispersione implicita

Ci sono anche alunni che a scuola ci vanno, ma non imparano. Oppure imparano male, poco, o in modo irregolare. Anche se questi giovani non fanno numero nelle principali statistiche sulla dispersione scolastica esplicita, possiamo in un certo senso includerli tra i dispersi. Anche quando riescono a ottenere un titolo di studio, infatti, questi giovani si trovano ad affrontare la vita adulta senza avere le competenze minime necessarie per esercitare la cittadinanza attiva, proseguire gli studi, o intraprendere un percorso professionale. Possiamo definire questo tipo di dispersione come implicita. Secondo i dati Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), nel 2022 si stima che la dispersione scolastica totale, implicita ed esplicita, superi il 20% a livello nazionale. La dispersione scolastica implicita riguarda il 9,7% di alunni e alunne; solo il 56% degli alunni di terza media raggiunge i livelli di competenze previsti in matematica, e il 61% in italiano. L’analisi più completa dei dati delle ultime prove Invalsi restituisce un quadro simile a quello visto finora: le prestazioni degli studenti calano nel Mezzogiorno e tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli.

Sempre secondo le rilevazioni, inoltre, la scuola italiana è meno equa nelle aree più disagiate del paese, dove i risultati sono molto diversi tra scuola e scuola, o tra classe e classe. Ciò significa che gli alunni più deboli economicamente e culturalmente tendono a raggrupparsi in alcune scuole, creando un una sorta di “ghetto educativo” da cui discendono dinamiche a cascata: l’apprendimento degli alunni sarà influenzato dal livello generale dei compagni più che dalle caratteristiche personali, mentre gli insegnanti saranno portati a ricalibrare programmi e metodi sulla base delle contingenze, penalizzando così gli studenti di livello potenzialmente più alto. Il territorio di appartenenza conta, quindi, ma conta anche l’ambiente sociale, economico e culturale di provenienza. In tutte le materie testate da Invalsi emerge che il punteggio cresce al crescere dello status sociale, con scarti maggiori tra i punteggi bassi e medio-bassi rispetto a quelli alti. Lo status influisce anche sulla scelta della scuola superiore: a parità di risultati scolastici, coloro che vengono da contesti più agiati sono più propensi a orientarsi verso i licei rispetto a coloro che vengono da famiglie modeste. Anche la cittadinanza incide sui risultati scolastici, soprattutto a svantaggio degli stranieri nati all’estero. Nel confronto con gli altri paesi europei l'Italia si trova in coda alla classifica con un tasso complessivo di abbandono nelle varie fasce di età che nel 2022 raggiungeva l'11,5% (dati Eurostat)

Dispersione scolastica e NEET

La dispersione scolastica è direttamente collegata con il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non sono inseriti in un percorso di istruzione o di formazione. È un fenomeno che riguarda, secondo i dati Istat del 2022, il 19% degli italiani dell’età citata e che colpisce di più le donne, i disabili, coloro che hanno un background migratorio, coloro che provengono da situazioni familiari svantaggiate e coloro che vivono in aree remote. La dispersione scolastica in Italia è quindi un fenomeno a cui fare molta attenzione, perché può influenzare tutta la vita di milioni di ragazzi e ragazze. Una scuola più equa, capace di rispondere in modo adeguato alle esigenze di ciascuno, è il presupposto fondamentale per una società più equa, in cui ogni persona possa realizzarsi al meglio. In altre parole, arrivare alla fine del percorso scolastico con la prospettiva di fare qualcosa che si ama, in cui si è davvero capaci e per cui si possa venire pagati in modo dignitoso. Quale miglior modo per dare il proprio contributo alla collettività?

Lo studio “La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale”

Questo progetto di indagine dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza aveva come scopi generali quelli di: - individuare processi partecipati, strumenti e buone prassi volti a prevenire e ad arginare la dispersione scolastica; - suggerire un modello replicabile nei territori; - formulare raccomandazioni al Governo, alle istituzioni competenti, agli enti locali, alla società civile.

I principali obiettivi specifici individuati di questo studio erano i seguenti: - suggerire modelli praticabili per ridurre i numeri della dispersione scolastica; - individuare e riesaminare le prassi attualmente in uso per contrastare la dispersione scolastica, valorizzando le buone prassi consolidate; - identificare i punti critici del procedimento attivato quando lo studente si allontana dal circuito scolastico; - indagare le cause sociali, extrascolastiche, che intervengono nel fenomeno; - suggerire percorsi e strumenti per sostenere i casi di abbandono scolastico non dovuti alla scelta dello studente (es. presa in carico dai servizi sociali, ecc); - suggerire modalità per migliorare la qualità della permanenza a scuola degli studenti; - individuare e suggerire modalità per modificare la scuola da punto di vista della metodologia didattica e dell’ambiente scolastico; - individuare prassi che promuovano processi di partecipazione, centrati sul ruolo attivo degli studenti in modo da indirizzare decisioni relative alla quotidianità scolastica che fungano da deterrente al fenomeno della dispersione.

Riflessione sulle cause della dispersione

Le esperienze raccontate hanno messo in evidenza, in primo luogo, la necessità di azioni che, concertate sul territorio tra diversi attori, non siano focalizzate solo sul bambino, sullo studente e sulla scuola. Quello che emerge anche dall’osservazione empirica è che per agire sul fenomeno della dispersione scolastica occorre agire nei contesti e, quindi, anche fuori dalla scuola: come accennato nel capitolo precedente, la dispersione, l’abbandono e l’insuccesso, infatti, non nascono solo nella scuola e non si contrastano solo lì. Le cause dell’insuccesso scolastico e della dispersione sono, infatti, molteplici e non riconducibili a un solo ambito. Affrontare un fenomeno così complesso e multifattoriale impone, in particolare, uno sguardo sui contesti familiari e sociali, oltre che sulla realtà scolastica, e porta alla ribalta il concetto, diversamente espresso e formulato, di una deprivazione economica, sociale e culturale, non solo familiare ma anche territoriale, che può essere ricompresa nella cosiddetta “povertà educativa”. La centralità delle competenze trasversali solleva anche la riflessione sulla loro valorizzazione all’interno del curricolo dei diversi ordinamenti e sul peso che nella scuola viene dato a quelle abilità, non cognitive, ma personali - di tipo socio emotivo - comportamentali e relazionali, fondamentali per lo sviluppo personale e la partecipazione sociale. Si tratta di un tema che le buone prassi, così come la ricerca, segnalano e che meriterebbe una riflessione seria con investimenti nella ricerca valutativa. Viene, dunque, coralmente indicata come efficace la valorizzazione degli apprendimenti non formali e informali messi in connessione con le richieste della scuola; viene anche messa in evidenza l’efficacia educativa di aspetti qualitativi delle scuole - aspetti difficili da cogliere con le misurazioni - come il clima, la capacità di coinvolgere attivamente gli studenti e di creare senso di appartenenza alla comunità scolastica, di costruire la scuola come una struttura valoriale. Si tratta di aspetti qualitativi che dovrebbero acquisire centralità nella riflessione e nel dibattito sulla scuola.

Centralità del bambino e del ragazzo, prima ancora che dello studente, e supporto alle famiglie, vuol dire anche costruzione di luoghi accoglienti, possibilmente belli, dove si possa apprendere, socializzare, imparare a stare con gli altri ma anche dove si possano trovare risposte ai differenti bisogni, anche familiari (servizi, sostegno ecc.). La questione degli ambienti, naturalmente, si riverbera anche sulle scuole, che dovrebbero essere belle, dotate di spazi e laboratori, accoglienti e aperte diventando luogo di aggregazione e di socialità. Il dossier di oltre 200 pagine merita una attenta valutazione. Di particolare interesse per la realtà di Chioggia e i suoi istituti superiori mi sembrano le raccomandazioni dell'Agenzia n.5,6,7 che riassumo qui di seguito. Un fattore chiave è l'apertura delle scuole alla collaborazione con enti territoriali (Comune, Servizi Sociali ecc.) e associazioni del terzo settore in grado di coinvolgere e motivare i ragazzi a esprimersi e diventare attivi nel loro processo di crescita e quindi di formazione. Sono ansioso di leggere le interviste di ragazzi-limite raccolte dall'associazione Muraless ad esempio. La ricca appendice riporta parecchie schede su casi di buone pratiche cui ispirarsi per migliorare la propria realtà ed è secondo me uno strumento di consultazione irrinunciabile per chi si occupa di questo tema.

Raccomandazione n. 5

- di istituire aree di educazione prioritaria nelle zone del Paese a più alto rischio di esclusione sociale - assicurare le opportune sinergie col Piano nazionale di contrasto alla povertà e con i servizi territoriali - monitorare sistematicamente i processi e gli esiti degli interventi in termini di output e outcome a livello locale

Raccomandazione n. 6

- di intervenire sulle competenze di base della popolazione adulta quale presupposto per creare le condizioni familiari necessarie al contrasto della dispersione scolastica In particolare, appare necessario: - potenziare l’offerta dei Centri provinciali di istruzione per gli adulti (CPIA) - estendere ai CPIA la possibilità di erogare in via ordinaria anche percorsi pre- professionalizzanti e professionalizzanti per gli adulti e per i giovani-adulti - adeguare la normativa relativa al Reddito di cittadinanza, formulando una previsione espressa o rafforzando quella esistente, attraverso la regolamentazione del Patto per l’inclusione o per il lavoro, condizionato sia alla frequenza scolastica dei figli con buon profitto, sia alla frequenza, da parte dello stesso percettore del Reddito, di un percorso di formazione o istruzione.

Raccomandazione n. 7

- incentivare la cooperazione dal basso e il lavoro di rete a livello territoriale, a partire dall’attenzione ai contesti e attraverso protocolli di lavoro condivisi - semplificare, per tutti i gradi di istruzione, le procedure di accesso e le modalità di rendicontazione dei progetti a finanziamento pubblico (a partire dai PON e POR) - promuovere presso le istituzioni educative e i vari soggetti educativi e sociali, partner.

FONTI

Fonte relazione dispersione USR Veneto 2022-23: https://istruzioneveneto.gov.it/argomenti/dispersione-scolastica/

Istituto nazionale Invalsi: https://www.invalsiopen.it/dispersione-implicita-prove-invalsi-2022/

Studi del Comune di Milano su come contrastare la dispersione durante e dopo la pandemia: https://www.ismu.org/osservatorio-sulla-dispersione-scolastica-del-comune-di-milano/

Analisi multifattoriale della dispersione e di come contrastarla, a cura dell'Autorità di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza: https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/2022-06/dispersione-scolastica-2022.pdf

Dati ministeriali dispersione 2017-2020: https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/La+dispersione+scolastica+aa.ss.2018-2019+e+aa.ss.2019-2020.pdf/99ea3b7c-5bef-dbd1-c20f-05fed434406f?version=1.0&t=1622822637421

Riflessione sui dati INVALSI nazionali nella rivista telematica Nius: https://www.lenius.it/dispersione-scolastica-in-italia/

venerdì 2 febbraio 2024

Lettere Camune I. Caro Babbo Nat@

Caro Babbo Nat@,

ti dispiacerebbe togliere quel tuo grosso culone da Gesù Bambino? Sei diventato così ingombrante e ossessivo coi tuoi sacchi stracolmi di pacchi da occupare tutta la mangiatoia di Betlemme, tutta la Grotta e oltre ed si fa veramente fatica a vedere e sentire il miracolo del Natale di Nostro Signore. Lo so che tu non esisti, che sei una creazione pubblicitaria americana di una nota multinazionale, ma confido che, scrivendo ad un personaggio immaginario, tutti coloro che si sentano a vario titolo coinvolti intervengano per rispedirti da dove sei venuto. Potrebbero intervenire assistenti sociali a tutela dei diritti del Divino Bambino, nazionalisti scandalizzati dall'egemonia culturale del paese dove ti hanno inventato (che non è la Finlandia!) e, perchè no, i cristiani di ogni confessione e orientamento, tutti inclusi. Io non accetto che mio figlio metta sullo stesso piano te, che non esisti, e il Cristo che si è davvero incarnato nel Divino Bambino Gesù. Lo so che qualcuno resterà scioccato da queste dichiarazioni... ma se i vostri genitori non hanno avuto il coraggio tocca a me dirvelo con chiarezza! In Catalogna nel ricco presepe inventato da S.Francesco aggiungono anche il provocatorio Cagador Ofizial, discretamente di lato. Ma tu nel presepe non puoi trovare posto perchè sei troppo ciccione! Dovresti almeno fare qualche anno di cura dimagrante.... come dovrei fare anch'io d'altronde. Ma sai la differenza tra noi due non sta nella stazza, ma nel fatto che io mi inginocchio davanti al mio Signore e mai davanti a nessun altro e tu ti ci siedi sopra occultandolo! Tu mangi tutti i risparmi di famiglie e bambini per comprare doni che non durano, mentre Gesù Bambino è venuto a portate direttamente dal Cielo quelli che durano per sempre e non costano nemmeno 1 euro. L'Amore è gratis, sempre, se non si chiama in un altro modo.

Certo che se ci rincitrulliamo di pannettone, shopping compulsivo, ansia da prestazione per i regali, mentre sghignazziamo a vedere serie tv di quell'azienda di quel paese che ha inventato Babbo Nat@ e che ha avuto la provocatoria, e quindi luciferica idea, di girarne una nella città dove vivo intitolandola addirittura "Io odxx il Nat@" ... beh non potremo certo cogliere la sublime Pace che spira nei giorni di Natale, non potremo contemplare l'armonia della Sacra Famiglia e quando l'Angelo verrà a chiamarci noi magari risponderemo distrattamente: "sì sì... ora finisco la partita alle brawlstars e dopo..." e quel dopo non viene mai. C'è persino qualcuno che fa circolari a scuola per vietare i festeggiamenti del Natale... roba da matti! Ora ci tocca aspettare l'anno prossimo per prepararci! Dai vecchio Babbo levati un po' di torno! A casa mia a Bienno in Valcamonica non sei mai venuto: il 13 .12 veniva Santa Lucia col suo asinello e al 24.12 la sera suonava una campanello che annunciava la nascita di Gesù Bambino che portava, anche, i doni ai bambini, dopo una rigorosa giornata e serata in famiglia tra preparativi, cena, giochi. Dopo i regali per i più grandicelli messa di mezzanotte e poi brindisi con gli amici. C'era una grande saggezza in tutto ciò che riconosco solo ora che non scrivo più le letterine.

Ho saputo che quaggiù dove vivo ora erano i Re Magi a portare i doni perchè Natale, era evidente a tutti, era la festa della Famiglia, dove ci si riconciliava, dove si cercava di lasciar andare le vecchie ruggini, dove si andava a messa insieme e si dava la pace e la mano anche a chi non ti andava a genio. Cristianesimo puro. Io da quest'anno ho deciso che darò i regali solo all'Epifania, impegnandomi invece con dedizione a passare un giorno e una notte in armonia con la mia famiglia. Però oltre alla dieta credo proprio che serva durante le feste anche un digiuno... digitale. Smettiamo di chinare il capo sui nostri cellulari, utilissimi ma freddi, che ostacolano il nostro sguardo amorevole. A forza di guardare notifiche e messaggini in ogni dove... non vorrei perdessimo l'occasione di diventare buoni samaritani davanti al nostro prossimo che soffre lungo la strada.

Quindi Babbo ti aspetto al campo di rugby per iniziare a lottare contro quel pancione, so bene che non sarà facile ma... com'era quell'equivoco motto "less is more"?! Te lo dico nella tua lingua così lo capisci meglio!

In fede,
Francisco Panteghini

lunedì 11 dicembre 2023

Premiazione del concorso Scopriamo le barene con Amico Giardiniere

Sabato 16 dicembre ore 9.00-11.00

presso l'Auditorium San Nicolò a Chioggia

Premiazione del concorso Scopriamo le barene con Amico Giardiniere

Tutti i partecipanti, gli insegnanti, i genitori e i concittadini sono invitati alla premiazione in cui vedremo tutti i lavori in concorso delle scuole partecipanti di Chioggia e Codevigo. Avremo ospite l'Assessoressa Serena De Perini per i saluti istituzionali. Il presidente di Amico Giardiniere Francisco Panteghini farà una carrellata sui 10 anni di passione per la natura della nostra associazione!

Il ricercatore dott. Jacopo Richard di Veneto Agricoltura interverrrà sulla conservazione delle barene. Il giovane ornitologo Pietro Scarpa darà un contributo sull'avifauna lagunare. Poi si terranno le premiazioni con gli altri membri della giuria Nella Talamini e Paolo Penzo e le aziende sponsor presenti: BANCA DELLA MARCA, DARSENA SPORTING LE SALINE, AUTOFFICINA E CENTRO REVISIONE BERGO, BRAGOZZI ULISSE, GIOIELLERIA PERINI. Ringraziamento finale al partner Veritas

giovedì 12 ottobre 2023

Beril e le barene scomparse

PREMESSA

Beril, genietto poliziotto, è un personaggio inventato da Mario Chiereghin (Chioggia 1898-1982), maestro elementare chioggiotto e scrittore di racconti e poesie. Cattolico praticante, attivo a Chioggia a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, dagli anni Cinquanta ha pubblicato una decina di libri illustrati per ragazzi e la raccolta di poesie “Congedo”. A lui è stata dedicata la nuova scuola elementare di Borgo S.Giovanni grazie anche all'interessamento del preside Erminio Bibi Boscolo, che fu da ragazzo suo appassionato lettore.

I suoi racconti sono ancora molto godibili e la serie dedicata alle investigazioni del “genietto poliziotto Beril” approcciamo in mod fresco le competenze naturalistiche. Si distaccano dalle fiabe perché qui ad essere protagonista non è un giovane eroe o eroina ma un piccolo spirito della natura che cerca la verità sui misteri e i piccoli misfatti della vita del prato, dialogando con insetti e altri animali. Una lettura caldamente consigliata e che la biblioteca Sabbadino di Chioggia custodisce. In occasione del concorso SCOPRIAMO LE BARENE CON AMICO GIARDINIERE (iscrizioni entro 21 ottobre) ho deciso di rendere omaggio allo scomparso collega con una nuova avventura che, dal tranquillo prato di campagna dove vive, proietta Beril, il famoso investigatore, a risolvere un mistero ancora più intricato tra le barene della laguna sud. Il racconto però mi è rimasto incompiuto per un crampo alla penna, forse qualcuno dei miei giovani lettori saprà svilupparlo e portarlo a miglior compimento! Buona lettura,

prof. Francisco Panteghini

Beril e il mistero delle barene scomparse

Un'ombra improvvisa

Il sole era già alto quando sul prato accanto al filare di vecchi gelsi improvvisamente calò l'ombra massiccia di un superbo esemplare di Volpoca. L'anatra non perse tempo in convenevoli e marciando in giro per il grande prato starnazzava con un senso di urgenza. Pochi conoscevano il suo linguaggio, tanto raro era l'arrivo dei suoi simili così lontano dalla laguna. Da quel poco che si capiva pareva che ci fosse urgenza e che cercasse il folletto Beril. Gli acuti sensi del nostro amico Beril avevano colto subito la planata massiccia dell'animale, così raro nei suoi territori. Mentre, con apparente negligenza, sospendeva il piccolo riposo, inforcava il berretto conico a punta e si legava l'affilato fioretto al fianco, Beril tendeva le orecchie aguzze per decifrare la strana parlata dell'animale, un maschio dal becco rosso carminio acceso. Quando fu pronto volteggiò planando dal gelso dove si trovava verso il centro del prato.

Gli insetti, le rane, i topi di campagna messi in agitazione dagli starnazzi della volpoca e dal suo inquieto procedere, erano sfuggiti per poi riunirsi in capannelli vocianti che si tacquero vedendo Beril in tutto il suo splendore avanzare baldanzoso e sorridente verso l'animale che, a confronto suo, era un gigante: dalla punta del cappello alla punta aguzza dei suoi stivaletti rossi il folletto misurava sì e no 30 formiche giganti nere messe una sull'altra. Cosa avrebbe potuto mai fare contro quell'anatra apparentemente impazzita? Arrivato a poco meno di un metro Beril scalò con abili balzi, degni del re dei grilli, una pianta di malva costellata di fiori. Pose le mani ad imbuto e lanciò un richiamo, in perfetto volpochese: “Qua qua sono qua! Chi mi cerca e qua qua qua perché?”

Stupito di sentirsi chiamare nella sua lingua l'anatra si volse verso di lui stupita e i suoi occhi bruno-noce scuro inquadrarono lo sguardo allegro del folletto. Preso da un certo timore la volpoca avanzò lentamente ancheggiando verso di lui. Beril potè ammirarne la livrea, quella di un maschio di volpoca nel pieno del suo vigore, di 4 o 5 inverni. La testa, il collo e il centro del petto erano di una lucente tonalità verde-scura, aveva un largo collare e le penne remiganti dell'omero rosso-cannella, le altre remiganti grigio-nere, il sottocoda era gialliccio e per il resto il piumaggio era di un candido bianco quasi abbagliante in quel mattino di tarda estate. Abbassò il capo sempre fissandolo e, avendo ricevuto un cenno del capo dall'ometto vestito di rosso, iniziò: “Qua quanto tempo che ti sto cercando! Qua quasi disperavo che tu non vivessi più qua. Qua qua abbiamo bisogno di te!” “Da quando in qua voi volpoche siete sotto mia giurisdizione, non sai forse che il mio compito è vegliare queste terre fin laggiù al grande fosso? Che cosa ti sei messo in testa?”

“Il folletto della barena di S.Michele Astor mi mandato: di anno in anno la terra si restringe e temiamo che presto venga la fine… vieni a consigliarci cosa fare astuto Beril!” “Astor? Non lo vedo quasi da mezzo secolo! Mi hai incuriosito… verrò con te, ma prima: come ti chiami?” “Io sono Quaquasimodo, dalla scorsa primavera capo squadriglia della migrazione del branco V57”, detto questo abbassò la testa fino a terra e offrì il collo a Beril che agilmente saltò in groppa mentre tutti gli abitanti del prato si avvicinavano stupiti: da molto tempo infatti il folletto non lasciava quelle terre e ci dovevano essere dei gravi motivi per farlo. Beril sventolò il cappello rosso in alto salutando festosamente: “tornerò presto cara gente! Rigate dritto fino al mio ritorno se non volete pentirvene. Quaquasimodo prese una piccola rincorsa e balzò prendendo quota con lente falcate e dirigendosi verso nord.

Il grande volo

Era ormai mezzogiorno e il calore dell'estate morente permeava ed il sole splendente abbacinava la vista. Il volo si era fatto sicuro ma affrettato, trasmettendo nuovamente quel senso di urgenza. Da tempo Beril non veleggiava a quelle quote, ma la sua natura curiosa di folletto non conosceva la paura e quindi si dispose ad osservare e imparare quante più cose potesse. Le case degli uomini si erano moltiplicate a dismisura e il nastri grigi che le univano erano dilagati ovunque coprendo interi campi, prati, fossi, boschetti di cui non restava traccia alcuna. Dappertutto le loro scatole metalliche di ogni forma e colore scorazzavano, strombazzavano e insozzavano l'aria. Grigi spiritelli deformi si aggiravano senza meta e senza speranza ora che piante e animali di cui si dovevano prendere cura non esistevano più.

Beril distolse lo sguardo: la libertà degli esseri umani provocava danni di cui nemmeno si rendevano conto. Iniziarono a perdere quota e, oltre l'argine lagunare che separava la Brenta dalla grande laguna ecco apparire le macchie timidamente violacee delle tarde fioriture del limonio in barena. Un macchia nero carbone attirò subito l'attenzione e Beril chiese alla volpoca di sorvolarla. “Andiamo proprio lì” si sentì rispondere. Prato e alberi erano stati lambiti da un incendio, le erbe erano completamente incenerite, alcuni alberi invece conservavano sulle cime qualche rigoglio ramo che lasciava sperare in una futura ripresa. Quaquasimodo fece un paio di giri starnazzando e poi atterrarono sulla strada inerbita accanto al terreno bruciato. L'incendio sembrava essersi fermato nei pressi di una vecchia casa cadente e di un massiccio e severo edificio grigio, pieno di ferro e cemento. Per il resto a fare da argine al fuoco erano state proprio le strade che circondavano l'appezzamento. Chissà cosa aveva fermato le fiamme verso gli edifici. Beril stava per avventurarsi tra le ceneri quando un fischio allegro lo distolse: pur essendo un folletto come lui Astor negli anni aveva assunto una fisionomia piuttosto differente: la carnagione era di un bell'incarnato olivastro, le vesti e il cappello conico sgualcito erano color vinaccia e, cosa che infastidì Beril, portava una collana e bracciali fatti con pezzi di plastica colorata, materiale prodotto dagli umani che stava creando sempre più problemi a piante e animali.

“Beril benvenuto! Come te la passi nel tuo noioso prato dei gelsi? Ho pensato che avresti accettato volentieri una rimpatriata qui da me, a vedere come il mondo cambia in fretta e a darci un aiuto con le tue doti da investigatore!” “Caro Astor, vedo che ti sei messo alla moda dei grandipiedi e trascuri le nostre tradizioni…” L'altro restò un momento interdetto poi, con la sfrontatezza tipica dei folletti, replicò: “Qui a contatto con le maree e i venti devo confrontarmi ogni giorno coi “grandipiedi” come li chiami tu, non vivo certo in qualche albero incantato fuori dal tempo! Ma smettiamola di battibeccare come due gazze! Ti ho chiamato perché di anno in anno qui la situazione peggiora e non riesco a capire cosa fare...”

“E va bene, raccontami in dettaglio quello che sai e poi ci metteremo all'opera” “Questo incendio si è scatenato ieri all'improvviso, prima dell'alba e se non fosse stato per gli umani dagli scatoloni rossi che l'hanno spento dopo alcune ore tutto qui sarebbe stato devastato. Non era mai successo un fatto del genere, circondati come siamo dalla laguna non ho alcuna memoria di incendi di questa portata.” “Forse sono stati proprio i grandipiedi ad appiccarlo...” “Ma se poi lo hanno spento proprio loro!” “Chi viveva in questo prato prima dell'incendio? Cominciamo a interrogarli per capire cosa è accaduto” “Giusto Beril, seguimi!” e in un baleno il folletto si trasformò in un mulinello di vento che attraversava il terreno bruciato sollevando cenere. Beril sorrise e si traformò a sua volta in un mulinello lanciandosi all'inseguimento. Il prato era devastato, rovi e arbusti disseccati e spogli ma il cuore dei ciuffi d'erba e le radici sembravano intatte e pronte e rigenerarsi. Purtroppo alcuni insetti non erano riusciti a fuggire in tempo, le lumache in particolare erano state sterminate. Si fermarono sotto ad un pioppo nero, che era riuscito a proteggere le sue cime dalle fiamme. Sentivano il pioppo lamentarsi mentre inviava nuova linfa e toccava le zone più esterne intaccate dal fuoco.

“E' troppo intento a leccarsi le ferite” esclamò Beril “non ne caveremo nulla… però forse qualcuno che abitava qui ci potrà essere di aiuto” “Ma di chi parli?” “Guarda la forcella più alta… un corvide stava preparando il nido, sai chi era?” “Certo: una coppia di cornacchie, Marilla e Turizzo ma non le vedo da ieri. Hanno gracchiato attorno all'incendio per una buona ora per dare l'allarme poi sono andate via.” “Forza allora mobilita i tuoi amici volatili e trovale” “Questa è musica per le mie orecchie!” esclamò Astor correndo su per il tronco dell'albero ed iniziando a gorgheggiare un decine di richiami diversi. In pochi minuti il cielo si riempì di garzette, cormorani, passeri, aironi guardabuoi, svassi, cavalieri d'Italia, germani reali, pettegole ed altri. Ascoltarono le richieste di Astor e poi si divisero in ogni direzione.

Esplorando la barena

“Mentre aspettiamo che le trovino ci sono altre questioni per cui mi hai convocato? Non sta bene lasciare il proprio posto di lavoro a lungo...” “Certo Beril, so che sei sempre zelante, vieni con me”. Tornarono a mutarsi in mulinelli d'aria e velocissimi arrivarono all'argine oltre il quale si stendeva la quieta barena. I colori del prato, verdi e gialli dopo l'estate torrida, digradando verso la laguna salata lasciavano il posto a tonalità di verde grigio violetto marrone. Lì si entrava in un altro mondo: quello sommerso dalle alte maree della laguna dove solo poche piante erano in grado di resistere alla presenza del sale. La vegetazione però non si presentava compatta: in più punti era attraversata da sentieri calpestati e poi c'erano grandi spiazzi innaturali. Percorsero velocemente uno dei sentieri, portava le inequivocabili tracce pesanti dei grandipiedi che sembravano attraversare la barena verso punti precisi. Si fermarono poi in uno degli spiazzi: la marea e il vento avevano lisciato ogni cosa e cancellato quasi ogni traccia. Beril girò tutt’attorno e mentre Astor spiegava: “Gli umani vengono qui a cacciare le anatre, a raccogliere vongole o pescare, calpestano e sporcano come se non fosse anche casa loro…”

“Questo spiega i sentieri, qui le impronte sono pesanti ed evidenti anche ora, ma qui al centro?” “I gabbiani reali si sono alleati con gli umani, si stanno moltiplicando a dismisura e i loro stormi cercano sempre nuovi punti di sosta e nidificazione eliminando completamente la vegetazione” “Dunque gli umani nutrono e proteggono i gabbiani come fanno con le galline o i maiali?” “Non so esattamente che rapporto ci sia tra loro ma so che frequentano la loro città ogni giorno ed hanno persino cominciato a parlare come loro!” “Non avevo mai sentito che un nobile gabbiano reale si fosse fatto addomesticare, voglio saperne di più Astor!” “Va bene Beril, ma volevo mostrarti ancora alcune cose che purtroppo negli ultimi anni sta danneggiando la barena. Come sai uno dei compiti di queste terre è filtrare l’acqua e trattenere i detriti, contribuendo a far crescere nuove isole nel tempo ma vieni a vedere ora cosa succede…”

Così i due folletti si avventurarono cautamente nella vegetazione, saltando agilmente i piccoli ghebi seminascosti. Il profumo delicato di sale, la fioritura del limonio e l'aroma della salicornia li avvolsero donando una sensazione di benessere e pienezza. Beril notò che, avvicinandosi alla laguna sembrava sempre più di camminare su un terreno cavo, con strani scricchiolii sotto i suoi piedi leggeri. Ogni tanto emergevano resti di oggetti dei grandipiedi, poi intere sacche di materiali colorati ed oggetti rotti: ciabatte, retine, pezzi di scatole di varie forme e colori, teli trasparenti e frammenti di buste, bottiglie di ogni tipo di quel brutto materiale leggero e resistente che da 50 anni i grandipiedi si ostinavano ad usare al posto del vetro o del metallo. Lo scenario si faceva sempre più desolante e arrivati al limitare della barena, mentre Astor taceva visibilmente afflitto, un nuovo cupo scenario si presentò agli acuti occhi del folletto poliziotto: qualcune sembrava aver strappato tutto il lemo di terra e la spiaggetta che un tempo circondavano la barena, le piante più esterne avevano le radici penzoloni nell’acqua come se un potente fiume avesse eroso per metri e mtri l’antico limite.

Beril stentava a crede ai suoi occhi: non vedeva segni delle pesanti scatole metalliche galleggianti dei grandipiedi e nemmeno altri segni evidenti della loro presenza. “Ma chi si è mangiata tutta questa terra?” “Negli anni le onde si sono fatte sempre più forti, anche in assenza di vento, e credo che sia tutto collegato al passaggio sempre più frequente delle scatole galleggianti dei grandipiedi, più grandi e veloci di un tempo.” “Forse possiamo capire qualcosa di più osservando tutto dall’alto e seguendo qualcuna di queste diavolerie… voglio parlare coi gabbiani reali, visto che conoscono così bene i grandipiedi.” Astor si rianimò: “Andiamo a tutta forza in forma di vento per superare quel canale e arrivare sull’isola dei monaci”

Alla ricerca di testimoni

Due strani mulinelli di vento scossero la vegetazione diretti verso nord e, prendendo la ricorsa, si lanciarono in un lungo salto verso l’isola vicina, che era circondata da un’ampia barena, al centro la quota aumentava ed ospitava un ricco prato di graminacee e qualche tamerice. Beril poco avvezzo a quel genere di acrobazia arrivò tutto inzuppato, mentre il folletto delle barene lo punzecchiava: “A girare per il tuo prato sei un po’ fuori allenamento eh? Com’era l’acqua? Ti mancava un bel bagnetto nelle acqua salmastre?” “Nulla di grave su…volevo solo pulirmi dalla polvere... dove sono questi gabbiani?” Non ci fu bisogno di alcuna risposta perché due grossi gabbiani reali appostati a guardia del territorio della colonia si alzarono in volo ad una ventina di metri ed iniziarono a roteare e gridare minacce gli intrusi.

“Via via caveve via!” ”Bepi astu visto i foletti?” “Via via caveve via anca voialtri” Beril cominciava ad innervosirsi e portava già la mano allo spadino, non era certo abituato a farsi trattare così! Lui che custodiva l’ordine nelle sue terre! Astor invece, avvezzo ai modi un po’ sgarbati e alla parlata dei gabbiani sempre più simile a quella degli umani, iniziò ad apostrofarli in un modo tutto particolare, con sorpresa del folletto di campagna: “Calmeve crocai! Qua gavemo Beril, el foleto polisiotto, che ne darà na man coi misteri dela barena! Venì qua che ne parlemo” Dopo qualche altro grido minaccioso i gabbiani atterrarono guardinghi a un paio di metri da loro, impeccabili nelle loro livree grigio bianche, coi becchi aguzzi e gialli e gli occhi duri. “Co gero pulcin mia mama me conteva storie de sto Beril, adesso come podaravelo essere ancora elo, cossì sovane che a zè?” Beril si rianimò improvvisamente e si fece avanti: “Messer Gabbiano lieto che tu abbia sentito parlare di me, sono stato convocato per aiutare gli abitanti della barena e il loro folletto guardiano e credo che voi possiate darmi risposte preziose” “Ma come parlelo sto qua, cugin?” Lo derise il gabbiano più vicino. “Ah ah Toni! Saralo venuo da Padova? Gran dottori quei…” Beril non pose altro tempo ad ascoltare i loro starnazzi di irrisione e balzò sul gabbiano più vicino punzecchiandolo con lo spadino!

E quando quello provò a scrollarselo e volar via gli si avvinghiò al collo fino a punzecchiargli le palpebre e minacciando di cavargli gli occhi, intimando con forza di star fermo e calmo. Mogio mogio il gabbiano si accovacciò immobile e col capo basso. “Picolo e cativo sto foleto rosso, cugìn!” lo canzonò l’altro! “Non ho tempo da perdere con la vostra maleducazione, ricordatevi che, finchè vivrete qui sarete tenuti a collaborare con noi custodi della natura anche se vi siete fatti addomesticare dai grandipiedi” “Via cugìn no se gavemo fati domesticare niente! Andemo tuti i dì a prendere el pesse dai bateli o in pescaria e poi femo merenda dove che se muce le scoasse” “Le scoasse? E cosa sarebbero?” “Gli scarti” interloquì Astor “gli umani producono enormi quantità di scarti di cibo, oggetti rotti o anche solo vecchi… sono quelli che abbiamo visto anche in barena” “Dunque vi mangiate quello che loro sprecano?” “Ghe sé roba bona anca e il pesse megio che ghe sia, sia nostrano che foresto!” “E perché ci sono così tante “scoasse” anche qui da noi? Chi ce le porta?” “La sevente le porta e qualche caciatore” “E chi sarebbe questa sevente?” Il gabbiano malmenato spiegò ora pazientemente : “la sé la corente che vien dal mare e inonda la laguna, quela che alsa el livelo. Rancura tute le scoasse che i bute o che i perde i omeni e le porta qua o fora in mare”. “Dunque solo loro possono risolvere il problema…” “Le sirene ghe prove a muciarli in qualche canton e qualche omo strano rancura e porta via ste scoasse, ma i sé mondo puochi!” continuò il gabbiano reale. “Molto interessante! Alcuni uomini quindi si sono accorti del problema… e cosa mi sapete dire del furto di interi settori delle barene? Chi se li mangia? Un gigante melmoso?” “I bateli! Pì che i cresse de numero e potensa e pi che desfa le barene e le rive” Astor intervenne “Bepi sostiene che siano le barche a creare il problema” “E come sarebbe possibile? Mica approdano in barena!” “Foleto de teraferma come podé capire la laguna? Col batelo va avanti verse l’acqua e crea onde strane, inaturali, cative, che se magna un dì dopo l’altro tute le rive.” E gabbian Toni aggiunse: “Per quelo che i omeni mete pali e sacchi a protesion. I à capio el problema ma non i vuole prendere la decision de cambiare mezzi”. “Ancora una volta quindi tutti questi problemi sembrano nascere dall’agire dei grandipiedi, dovendo rispettare la libertà che il Creatore gli ha dato temo che potremo fare ben poco…”

Un aiuto dal sud

Astor nel frattempo sembrava distratto da qualcosa, una macchia nera in volo da sud… il folletto iniziò a modulare il richiamo della cornacchia ed in pochi minuti un bell’esemplare di cornacchia maschio atterrò a fianco a loro. “Turizzo! Come stai? E tua moglie?” “E’ spaventata e sfibrata dall’incendio di ieri, sono venuto a cercarti perché mi è stato detto che avevi bisogno di me” “Questo è Beril, il famoso folletto poliziotto, per aiutarci a risolvere i misteri della barena” La cornacchia si inchinò rispettosa. “Buongiorno Turizzo. Vorrei sapere di più su questo strano incendio. Non sembra che sia nato naturalmente…” “Non credo nemmeno io signor Beril. E’ scoppiato improvviso e si è diffuso velocissimo in tutta la zona” “Raccontami quello che hai visto e sentito…” “Prima dell’alba io e mia moglie riposavamo sul nostro pioppo e aspettavamo belli belli il chiaror del sole. Io avevo un certo appetito e non vedevo l’ora di mangiarmi qualche mora… Abbiamo il sonno leggero e, ora che ci penso bene, mi ero scosso per aver sentito arrivare una delle scatole metalliche degli umani. Poi silenzio, forse un pescatore che adava in barena. Improvvisamente il bagliore del fuoco, che invase velocemente parecchi metri. Incredibile, non avevo mai visto un fuoco divampare in quel modo. Così ci siamo scossi e abbiamo chiamato aiuto e dato l’allarme ma le erbe secche hanno ceduto il passo velocemente trasformandosi in ceneri fumanti.” “Ma quel rumore che avevi sentito all’inizio, di quell’umano… l’hai più sentito? Sei il primo testimone che mi parla della sua presenza.” “A pensarci bene tra il fumo e le fiamme ho visto una scatola mobile che se ne andava in fretta”

Tempo di agire

Beril spiazzò tutti: “Mi sembra che sappiamo abbastanza quindi! E’ tempo di agire! Astor raduna stasera al tramonto tutti i nostri amici in barena e tu, messer gabbiano , portami a conoscere questi umani che raccolgono le “scoasse”, mi hanno incuriosito. Forza nelle ali messer Toni!” Il gabbiano reale non se lo fece ripetere due volte e aprì le potenti ali in rapide falcate, guadagnando poi la rotta verso la città degli uomini. Le case e le colate grigie erano dilagate ovunque lasciando solo qualche albero e piccolo prato, ma al centro della città splendeva uno specchio d’acqua dalle qualità meravigliose, un cuore luminescente nel sole del pomeriggio. “Cos'è quello?” “A sé el Lusenso sior Beril… un toco de laguna che sé na maravegia” Beril intuì la vita marina che pullulava sotto le sue acque mentre le gradazioni della luce riflessa sembravano irradiare di bellezza e serenità tutte rive intorno.

Beccheggiando tra canali e approdi ci volle oltre un’ora per individuare gli uomini strani che pulivano la laguna. Il gabbiano atterrò su un tetto di fronte all’approdo della loro barca, piccola e colorata con anche foto della città e il disegno di un leone rosso rampante. A fatica Beril riuscì a leggere, che non amava molto le lingue umane: Cuore di Laguna. Due uomini erano affaccendati a pulire la barca e rassettare retini e sacchi. Uno era alto e forte, nonostante i radi capelli bianche aveva il viso sorridente e un simpatico pizzetto a mento. L’altro era stempiato e serioso, con una barbona bianca e nera. Li ascoltarono scambiarsi qualche battuta: il primo si chiamava Paolo e il secondo Fransi. Pare che il più anziano fosse anche più alto in grado. Avevano raccolto alcuni sacchi di immondizie ripescate e ora si apprestava pulire la barca con cura. I sensi acuti di Beril si accorsero che i due emanavano una luce particolare, diversa dal solito caleidoscopio delle anime umane a cui era abituato: era come se i loro colori fossero più stabili e più caldi. Forse potevano essere gli interlocutori giusti per inviare un messaggio a tutti gli altri grandipiedi distratti o rabbiosi.

lunedì 29 maggio 2023

1914: l'Italia al bivio tra pace e guerra. Cosa possiamo imparare oggi da quei fatti?

Quando l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, col sostegno della Germania, il governo italiano dichiarò la sua neutralità, sostenendo a ragione che la Triplice Alleanza era squisitamente difensiva e quindi non impegnava il nostro paese in caso di aggressione verso paesi terzi. Notate la somiglianza col caso odierno dell'Ucraina aggredita dalla Russia, dopo 8 anni di guerra civile e dopo la secessione della Crimea che si è unita alla Federazione Russa già nel 2014. Essendo esclusa dalla Nato, al contrario delle repubbliche baltiche ex sovietiche, l'Italia non ha obblighi nel difenderla ma la volontà americana di piegare l'avversario russo ci sta spingendo in una continua escalation: schieriamo truppe nelle vicinanze, forniamo armi e munizioni a spese dei contribuenti italiani (violando la costituzione e svariate leggi), forniamo "istruttori" per queste armi e ora finanzieremo anche la ricostruzione del paese. Nel 1915 il governo italiano, col sostegno del re e di molti settori militari e nazionalisti, firmò un accordo segreto, il Patto di Londra, che la impegnava ad entrare in guerra a fianco dell'Intesa anche se il parlamento era in maggioranza orientato per il mantenimento della neutralità (ovvero della pace). Cerchiamo di capire quali forze agirono in quei mesi il nostro Paese nell'"inutile strage" come la definì il Papa Benedetto XV il 1° gennaio 1917.

I neutralisti erano una larga maggioranza della popolazione e comprendevano molte organizzazioni e parlamentari che era di fatto la maggioranza, questo non impedì al re Vittorio Emanuele III e al governo Salandra di intavolare trattative con Francia e Gran Bretagna. Ricordiamo inoltre che la lotta delle classi popolari per partecipare alla vita politica ed ai diritti aveva appena fatto approvare la nuova legge elettorale col suffragio universale, tutti i maschi adulti potevano votare. Si affacciava anche in Italia la "società di massa", dove anche i contadini analfabeti diventavano soggetti politici. Per i politici liberali era una situazione nuova di difficile, per questo si affermarono sempre più partiti di tipo moderno, organizzati per mobilitare migliaia di persone: i socialisti e i cattolici popolari. I liberali, capeggiati dal famoso Giovanni Giolitti, ritenenevano che la guerra sarebbe stata lunga, che l’Italia non era pronta dopo la guerra di Libia(1912). Gli affaristi sostenevano che non entrando in guerra le industrie nazionali avrebbero potuto rifornire entrambi gli schieramenti traendone profitti maggiori. Infine si sosteneva che, in cambio della neutralità italiana, l’Austria avrebbe concesso all’Italia le famose terre irredente: Trento e Trieste. I cattolici erano compatti attorno a papa Benedetto XV che affermava che i costi sarebbero gravati sui poveri e la guerra iniziata tra popoli cattolici era inaccettabile. Inoltre fece un appello per la pace incondizionata in tutto il mondo. I socialisti, seguaci di Turati, rimanevano in linea con i principi della Seconda Internazionale: le guerre erano volute dai padroni borghesi e portavano alla morte operai e contadini che oltre alla vita perdevano la forza di lottare per i propri diritti.

Il campo dei fautori della guerra all'Austria era numericamente inferiore nel 1914 ma seppe coinvolgere numerose personalità di spicco capaci di spaccare la compattezza dei neutralisti dall'interno. Si erano subito schierato per l'intervento sua "altezza" (era alto 1,53 cm e più che un monarca, citando Paolini, era mezzo re, un mona insomma) re Vittorio Elamuele III che riteneva che un’eventuale vittoria avrebbe consolidato il suo potere. Quello stesso re nel 1922 avrebbe affidato il potere al nascente fascismo di Mussolini quando avrebbe potuto ancoras troncarlo. Grazie alle nonne e ai nonni italiani che votarono per la Repubblica nel 1946 e per l'esilio di siffatta dinastia. Salandra, con l’entrata in guerra, avrebbe potuto scavalcare il parlamento dando maggiori poteri all’esecutivo e sopprimendo le scomode libertà civili dei ceti subalterni. I Nazionalisti ritenevano che era importante intervenire perché in ogni caso l’Italia ci avrebbe guadagnato. Tra di loro aveva militato il famoso Gabriele D’Annunzio, fuggito in Francia per sfuggire ai debiti, che tornerà in Italia per animare una serrata propaganda prezzolata da una cordata di industriali e finanzieri francesi e italiani. Gli scrittori e artisti futuristi di Marinetti, molto legati a Parigi (qui Marinetti pubblicò ad ese. il noto manifesto dei futuristi), si schierano a favore della guerra per "rinnovare" con la guerra, la macchina e la velocità la società italiana. Vari gruppi di industriali che dalla guerra avrebbero tratto vantaggi economici, procurando armi, armature e altre cose utili agli approvvigionamenti si convinsero a finanziare la propaganda interventista. Questi interessi economici sono stati ben studiati ma poco presenti nella didattica e nella divulgazione.

Il caso più noto di corruzione e impiego di ingenti risorse economiche a favore della propaganda interventista fu quello del socialista Benito Mussolini, direttore del giornale di partito L'Avanti, e in poche settimana fondò un novo giornale: Il Popolo d'Italia, finanziato in gran parte da capitali francesi. Dalle sue colonne ebbe buon gioco a rompere l'unità dei socialisti, da cui proveniva, contro la guerra e farli sempre più apparire come nemici dell'Italia. Questo è un passaggio chiave: la propaganda riuscì a etichettare tutti i neutralisti come "nemici interni", togliendo autorevolezza e cercando in ogni modo di dimostrare che aspiravano a raggiungere il potere sacrificando il vero bene italiano, identificato con la lotta degli irredentisti triestini e trentini (come il famoso Cesare Battisti). Inoltre si moltiplicò la presenza di "interventisti democratici" come Salvemini che sostenevano necessaria la guerra contro imperi antidemocratici. Al loro richiamo accorse ad esempio il poeta Giuseppe Ungaretti. Infine alcuni sindacalisti come Leonida Bissolati sostenevano l'intervento per poter armare gli operai ed organizzare una rivoluzione contro la classe dirigente borghese.

Il più formidabile ostacolo alla dichiarazione di guerra era la leadership del liberale Giolitti, esperto in manovre parlamentare e accreditato presso tutti i partiti come uomo capace di mediare e costruire accordi solidi. Egli era stato uno dei protagonisti del superamento della crisi del 1898-1900 in cui manifestazioni erano state represse nel sangue, in cui lo stesso re Umberto I eran stato assassinato dall'anarchico Bresci. Giolitti non era un pacifista ma sosteneva che la guerra sarebbe stata lunga e che il paese non era in grado di affrontarla. Egli fu oggetto di una campagna dengratoria e di vere e proprie minacce di gruppi nazionalisti tanto che la sua casa di Roma venne presidiata dall'esercito. Giolitti si rese conto col passare dei mesi che il re era schierato a favore dell'intervento e che gli spazi di manovra per tenere l'Italia fuori dal conflitto si riducevano. Dopo la firma del patto segreto di Londra la situazione venne fatta precipitare in fretta con il governo Salandra che rimise il mandato al re, vista l'ostitlità del parlamento alla ratifica. Per tutta risposta il re gli confermò l'incarico, le piazze furono occupate anche con la violenza dai gruppi interventisti ben finanziati e organizzati, tra cui spiccò l'incendiario e prezzolato Gabriele D'Annunzio e Giovanni Papini. Intimoriti o apertamente minacciati quasi tutti i pralamentari si disposero a seguire la volotà regia e votarono a maggioranza per la dichiarazione di guerra.

Un folto gruppo di deputati socialisti si astenne dal voto col motto "nè aderire, nè sabotare", di fatto dimostrando la debolezza della sinistra italiana dell'epoca che avallò nei fatti l'inizio del conflitto. Quando il dibattito si polarizza e si semplifica in pro e contro qualcosa tutti quelli che voglio trovare una posizione di mezzo vengono travolti da chi ottiene la maggioranza. Speriamo che oggi questa terribile esperienza sappia motivare a prendere consapevolemnte posizione valutando davvero le conseguenze di un conflitto atomico in Europa e all'insostenibile politica americana di distruggere la Russia ad ogni costo. Solo acogliendo invece questo paese, come abbiamo fatto con gli altri paesi ex sovietici, a pieno nelle trattative e nella cultura europea possiamo costruire un'Europa di pace: per disarmare la Russia dobbiamo riconoscerne gli interessi e poi, con fermezza, costruire un serrato dialogo da Europei con Europei, distanziandoci dagli interessi statunitensi che sono disposti a sacrificare l'Ucraina e gli altri paesi europei nella loro rincorsa per rimanere potenza egemone mondiale.

martedì 25 aprile 2023

Si vis pacem para bellum?

Luoghi comuni
Si vis pacem para bellum?

In questo periodo è difficile non parlare di guerra, purtroppo, e spesso viene citata la frase latina “Si vis pacem para bellum”. La traduzione è “se vuoi la pace, prepara la guerra” ed è attribuita allo scrittore romano Publius Flavius Vegetius Renatus, pare vissuto sotto l'imperatore Teodosio nel IV sec. d.C. quello che, per capirci, rese il cristianesimo unica religione ufficiale con apposito editto (Tessalonica 380 d.C.). Pare che Vegetius gli abbia dedicato il suo trattato sulla guerra, riscoperto dagli umanisti alla fine del 1400.

Eppure questa frase avrebbe potuta dirla il pagano Augusto quattro secoli prima perché esemplifica l'unica forma di “pace” concepita dall'imperialismo romano: la superiorità militare. Nella vita privata come in quella di stato l'unica garanzia all'assenza di conflitti è disporre di una forza superiore e usarla spietatamente quando è opportuno. L'imperatore Augusto aveva proclamato la “pax romana” a cui aveva intitolato un tempio, l'Ara Pacis a Roma, nel 9 d.C.

Quando l'imperatore era in guerra le porte del tempio venivano chiuse, quando festeggiava a Roma le vittorie erano aperte. “Pace” dunque come intervallo tra le guerre, che in italiano si dice “tregua”. Per i Cristiani invece la Pace è innanzitutto quella interiore, vero dono di Dio, da cui poi scaturisce un'attitudine al bene che si fa operosa costruzione di relazioni armoniose e quindi pacifiche con gli altri. La Pace non è il contrario della guerra, non è vita passiva ma continua tensione a creare qualcosa di buono e giusto da condividere con gli altri. Allo stesso modo la Luce non è il contrario delle tenebre, ma semplicemente la sua assenza. La guerra dunque manifesta la mancanza di Pace ed è responsabilità di ciascuno di noi costruirla ogni giorno, partendo dalla verità e dalla giustizia.

giovedì 16 marzo 2023

Qualche umile osservazione sul verde pubblico di Chioggia Marina cap.1: la mia formazione e il mio punto di vista sulla Natura

Qualche umile osservazione sul verde pubblico di Chioggia Marina nel 2022-23

CAPITOLO 1: la mia formazione e il mio punto di vista sulla Natura

Francisco Panteghini titolare della ditta Amico Giardiniere al lavoro a Treviso tanti anni fa

Dopo un lungo silenzio sulla gestione del verde pubblico cittadino qui a Chioggia Marina ho deciso di iniziare a pubblicare alcuni contributi sulle questioni emerse di recente. Lo farò come privato cittadino della Repubblica Italiana, a mio solo nome e senza tessere di partito in tasca. Dato che mio padre mi ha trasmesso forte il senso del dovere vado a votare, anche quando non trovo candidati ideali, perchè prima che un diritto la democrazia è un dovere e non voglio che altri decidano per me. Come cittadino però rivendico il diritto di esprimere liberamente il mio rispettoso pensiero e di chiedere ai politici ragione di questo o quel provvedimento. Molte persone mi identificano con l'associazione Amico Giardiniere, che quest'anno compie quest'anno 10 anni e li dedica alla conoscenza e tutela delle barene. Questa associazione è nata da un gruppo di amici appassionati di Natura a Mestre e poi a Chioggia. Qui si è radicata nel tessuto sociale cittadino adattandosi alle esigenze locali. Ho avuto l'onore di essere tra i sei soci fondatori e di redigere lo Statuto dell'associazione di promozione sociale Amico Giardiniere. L'ho presieduta per 2 mandati (nel 2013-2016 e nel 2018-2021) in cui abbiamo iniziato il lavoro, che continua tuttora, di pulizia di zone degradate o difficilmente raggiungibili dove solo le mani amorevoli dei volontari possono arrivare, dal 2016 la festa dell'albero, la collaborazione con alcune scuole e più di recente l'apertura al pubblico e la dedicazione del Giardino San Michele (600 mq di verde nel centro storico di Chioggia) e tanto altro. Ci siamo anche molto occupati dello stato, precario, in cui versava il verde pubblico cittadino contribuendo, a volte forse in maniera troppo irruente per la passione che ha contraddistinto la mia giovinezza, al dibattito sulla necessità, per la comunità di Chioggia, di gestire direttamente il suo patrimonio verde e di dotarsi almeno di un Regolamento comunale apposito e di un censimento delle aree verdi pubbliche e di tutti gli alberi, come poi è stato.

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Spesso in passato se criticavo questo o quell'intervento di aziende private o pubbliche sono stato attaccato adducendo che non avessi le competenze tecniche che millantavo. Quindi, prima di iniziare la pubblicazione, che speravo breve ma che si articolerà in capitoli densi, dei capitoli riguardanti il verde cittadino e periferico di CHioggia Sottomarina ritengo opportuno pubblicare il mio curriculum così ognuno potrà farsi un'idea di chi sono, cosa conosco e di cosa non conosco. Riassumo alcuni passaggi della mia formazione, quando ho interrotto per 10 anni l'insegnamento di Letteratura e Storia: ho consegutio la qualifica regionale di Operatore del Verde nel 2007 (180 ore teoriche e pratiche di botanica,progettazione, potatura, abbattimenti controllati, diritto ecc.). Ho conseguito il brevetto per le potature in arrampicata su alberature presso la Scuola Agraria del Parco di Monza nel 2009.Ho lavorato come operaio stagionale presso una cooperativa sociale trevigiana specializzata nella cura del verde e in altre 2 gitte giardinieristiche minori. Sono stato giardiniere responsabile del progetto di recupero del parco storico di Villa Rechsteiner a Oderzo fino al 2009. Sono stato imprenditore artigiano nel settore Cura e manutenzione del paesaggio per 5 anni. Ho seguito il corso di tutela degli alberi monumentali con dott.Daniele Zanzi a Varese (30 ore), uno pionieri della moderna arboricoltura che si è formato con il famosissimo forestale americano Alex Shigo. Sono stato socio fondatore dell'Associazione nazionale dei Giardinieri BioEtici insieme a Simone Fenio, Andrea Iperico, Daniele Marinotto e altri giardinieri di orientamento biologico. Ho seguito lezioni sulle palme con Maurizio Cipriani a Roma, sui pini con il dott.Giovanni Morelli a Jesolo. Non sono mai diventato bravo come loro, anche perchè partivo da una formazione umanistica e la mia indole è sempre stata più quella dell'insegnante che del ricercatore. Infatti, se riesco a capire qualcosa, sono in grado di trasferirla in tanti modi ed ho fatto il formatore per i neoiscritti ai Giardinieri BioEtici e il coordinatore delle giornate formative nazionali fino al 2018. Io NON SONO un dottore forestale, IO NON HO STUDIATO BOTANICA ALL'UNIVERSITA' però devo dichiarare ad onor del vero che ho incontrato spesso nella mia vita professionale dei dottori agronomi che di alberi sapevano molto meno di me, pur avendo per legge il diritto di firmare perizie e ordinare interventi.

Francisco Panteghini durante l' abbattimento di un pioppo nero con tecnica in arrampicata, senza piattaforma aerea a Treviso, 20 kg or sono...

Come si può evincere da questo curriculum, io non sono un ambientalista da salotto. Io ho personalmente potato e anche abbattuto decine di alberi. Ma è vero che gli alberi mi hanno sempre più affascinato e l'approfondimento dei miei studi a riguardo è stato poco comune, per un giardiniere di provincia. Nel 2012 chiusi l'attività per alcuni anni e passai il nome, il sito web ecc. alla neonata associazione Amico Giardiniere, tramite la quale io volevo condividere quanto appreso con la mente e capito col cuore: che tra gli uomini e gli alberi esiste un'antica alleanza che noi umani dobbiamo tornare a onorare. Ancora oggi, che ho ricominciato a insegnare nella scuola pubblica con molta soddisfazione, faccio fatica a definirmi un ambientalista. Infatti io ho trovato nella Natura (tra boschi, lungo fiumi, nella laguna ecc.) una grande pace, armonia e saggezza sovrumana. Io mi sono quindi convinto, come molti mistici e sapienti che mi hanno preceduto, che la Natura è stata creata ed è animata da intelligenze divine che dal piano spirituale mandano impulsi perchè la vita possa diffondersi ed evolvere sempre più bella e creativa. Anche attraverso questo percorso mi sono riappropriato della corrente mistica francescana, che scorre da generazioni potente nella mia famiglia, ma che solo da pochi anni mi ha completamente conquistato. Io sono certo che sull'Umanità e nella Natura c'è un progetto divino e non credo assolutamente che noi umani siamo dei virus letali per il pianeta. Noi, se siamo amorevoli, siamo la soluzione e la guida di una ulteriore evoluzione perchè nella Natura c'è una grande saggezza ma manca l'amore, il quinto elemento, il frutto maturo della libertà umana. Questa visione implica tanti corollari che non abbiamo qui il tempo di sviluppare, ma è bene che il mio lettore sappia come la penso. Cercherò comunque di esprimere in modo equanime conoscenze verificabili e condivisibili da tutte le persone di buona volontà.

Francisco Panteghini indaga un tiglio cavo ma peraltro sanissimo

Tutto ciò premesso restate in attesa del CAPITOLO 2